Chicchi di capitalismo, la nostra vita con il caffè

Come il caffè ha contribuito alla nascita della moderna società industriale e allo sviluppo tecnologico e scientifico occidentale

Quante volte avete pensato: “Senza un caffè oggi non penso di riuscire a fare proprio niente”, oppure: “Meno male che appena arrivo in ufficio posso farmi un caffè”? Il rito del caffè, soprattutto in Italia, è un elemento estremamente caratteristico della tradizione, presentissimo su base quotidiana. È al centro di ritrovi sociali, pause durante il lavoro, colloqui importanti e persino quando si verifica l’occasione di dover lasciare il proprio ragazzo/a. Potremmo dire che si tratta di uno dei capisaldi della nostra cultura, insieme agli spaghetti al pomodoro, il parmigiano, la pizza, i ponti pericolanti e il fare affari con la camorra a fini estorsivi. Ma è solo una tradizione come tante altre o c’è qualcosa di più significativo dietro?

Il caffè alla base del capitalismo
Un operaio beve il caffè in un cantiere: potrebbe essere questa l’origine del capitalismo (immagine creata con intelligenza artificiale) – ilMillimetro.it

Tutti sanno che bere un caffè aiuta a stare svegli, più concentrati, più sul pezzo, e, soprattutto, più produttivi. Ma come avviene esattamente ciò? Da un punto di vista scientifico, la caffeina contenuta nel caffè è un potente stimolatore della dopamina, il neurotrasmettitore connesso al piacere, all’appagamento e alla “ricompensa”, ma il suo effetto centrale è quello di bloccare la circolazione dell’adenosina, un altro neurotrasmettitore che, dal momento in cui ci si sveglia, comincia lentamente ad accumularsi nel sistema nervoso, favorendo il rilassamento prima e, a fine giornata, il sonno. Il caffè, dunque, non è un semplice rito, una tradizione, un’abitudine consolidata, bensì una potentissima sostanza psicoattiva.

Si tratta di una vera e propria droga, una droga che però è perfettamente inscritta all’interno del sistema socioeconomico, tanto è vero che nessun abituale bevitore di caffè si considererebbe un drogato o un tossico. Eppure, lo è. Ma la sua tossicodipendenza è lungi dall’essere disfunzionale, dal creargli/le problemi relazionali, affettivi, lavorativi o legali. Anzi. La sua tossicodipendenza è incoraggiata dall’accelerato sistema di produzione tardo-capitalistico, che trae non pochi vantaggi dall’avere a che fare con lavoratori iperattivi, iperconcentrati, privi di sonno e, in alcuni casi, quasi pronti a tuffarsi nel Tevere per recuperare l’orologio del proprio capo.

Capitalismo e caffeina: una storia secolare?

E se alla base del sistema di produzione capitalistico e dell’intera moderna società tecnocratica ci fosse una droga? Non una di quelle droghe che potreste assumere insieme a vostro cugino 39enne durante un intercorso tecno in una torrida serata d’agosto a Fregene (assunzione della quale comunque finireste inevitabilmente per pentirvi, soprattutto ritrovandovi la mattina dopo in una lurida stanza di un seminterrato a Portonaccio accanto a Luisa? O era forse Giulia?, circondati da bottiglie di gin vuote, tampax, una terribile emicrania e una sgradevole sensazione d’untuosa miseria), ma una droga rispettabile, seria, corretta, vestita di tutto punto, insomma.

Il punto è che la caffeina non serve solo a rendere i lavoratori leggermente più produttivi, a non farvi addormentare sopra la fotocopiatrice o sbavare sulla tastiera di un Mac mentre i vostri colleghi vi fotografano divertiti, ma è la sostanza che ha permesso la stessa rivoluzione industriale.

La storia millenaria che lega caffè e capitalismo
Il caffè non è solo quella sostanza che vi permette di non addormentarvi sulla fotocopiatrice in ufficio (Immagine realizzata con intelligenza artificiale) – ilMillimetro.it

Passando dal ritmo alfa, come lo chiamano i sociologi, naturale, i contadini si sono dovuti abituare a lavorare tanto, troppo, di notte, in fabbriche illuminate da fredde luci elettriche. Loro che erano abituati a svegliarsi all’alba e ad andare a dormire al tramonto, seguendo il ciclo naturale delle stagioni. Come sostiene Michael Pollan nel suo libro This is your mind on plants, “la caffeina del tè ha aiutato a creare un nuovo tipo di lavoratore, meglio adattato alla disciplina della macchina – esigente, pericolosa e incessante. È difficile immaginare una rivoluzione industriale senza di essa [la caffeina]”.

Perché naturalmente prima della diffusione globale del caffè durante il XX secolo era stato soprattutto il tè, in Gran Bretagna, a fare da carburante (apparentemente) inesauribile per centinaia di migliaia di lavoratori, che hanno contribuito con la loro energia a forgiare un nuovo mondo, il mondo della macchina. La loro energia doveva essere quasi inesauribile, per 14 o a volte 16 ore al giorno questi lavoratori dovevano tendere a un miglioramento progressivo verso l’infinito e le loro forze non potevano venire meno. La stanchezza, il sonno, l’essere esausti non potevano compromettere il profitto delle prime grandi industrie e soprattutto l’obiettivo della trasformazione meccanica e tecnologica di un intero mondo che doveva essere definitivamente razionalizzato e mercificato.

La caffeina illuminista: la ragione non va abbastanza veloce

Oltre ad aver agevolato grandemente lo sfruttamento dei lavoratori durante il XIX e per tutto il XX secolo, la caffeina è stata, quanto meno, corresponsabile di una gigantesca rivoluzione culturale, quella che dalla fine del XVIII secolo ha decretato la fine dell’Ancien Régime e l’inizio dell’era moderna. L’Illuminismo, la grande rivoluzione copernicana che in filosofia ha lottato per porre di nuovo al centro della realtà il pensiero razionale, è stata anch’essa, in qualche modo, figlia del caffè. O meglio, dei Caffè. Quante volte a scuola si sono sentiti nominare questi Caffè, questi locali, in cui personaggi del calibro di Kant, Voltaire, D’Alembert, Diderot ecc. si riunivano per discutere le loro tesi innovative o le loro ultime riflessioni.

Sono questi Caffè, per l’appunto, i luoghi in cui si ritrovava il meglio dell’intellighenzia culturale, e oltre ai filosofi, anche gli scienziati, come lo stesso Isaac Newton. Questi hanno posto le fondamenta di un nuovo sistema culturale che avrebbe, dopo la Rivoluzione francese, sorretto e fatto da propulsore per la moderna società occidentale, positivistica, guidata dal progresso tecnologico e scientifico.

L'illuminismo e il caffè
Tutte le menti illuminate facevano uso di caffè (Immagine realizzata con intelligenza artificiale) – ilMillimetro.it

Cosa avevano in comune tutte queste figure, oltre naturalmente a una spiccata intelligenza e grandi parrucche bianche a volte arruffate? Bevevano tutti caffè, o tè. Assumevano caffeina, mentre il loro consumo di alcol sembra che fosse relativamente limitato. Anche questa è in sé una grande rivoluzione. Infatti, nel Medioevo, le persone erano solite iniziare a bere bevande alcoliche sin dalla colazione, per via del fatto che spesso l’acqua potabile non era disponibile e il miglior modo per disinfettare l’acqua era utilizzarla per la preparazione di birra, vino o infusi alcolici vari.

Naturalmente, si può convenire sul fatto che, iniziando all’alba con, diciamo, un paio di pinte a colazione per poi proseguire con almeno altri dieci drink nel corso della giornata può risultare difficile dedicarsi, per esempio, all’invenzione del motore a vapore o alle riflessioni sulla legge di gravitazione universale. Tendenzialmente rutti, scoregge, canti sguaiati e risate isteriche la faranno da padrone. Invece, la diffusione del tè e del caffè finiscono per creare una società più precisa, composta, limpida, razionale, a volte tachicardica, ma la cui mente viaggia a una velocità incommensurabile rispetto a quella medievale. Il sistema sociale diventa improvvisamente sveglio, solerte, si rimette a posto i pantaloni e le mutande e impara il senso del lavoro, da quello fisico a quello intellettuale, come un’attività implacabile, fredda e precisa, che non conosce e non deve conoscere limitazioni, se possibile neanche quella del pisolino pomeridiano.

Un ritmo circadiano nuovo

Essere sempre attivi, non conoscere la stanchezza, fare a meno del riposo naturalmente ha un prezzo. Infatti, come tutte le droghe, la caffeina genera nel suo consumatore una tolleranza, il che significa che, a lungo andare, per continuare a sentire i suoi effetti sarà necessario aumentare la dose consumata. Oltre alla tolleranza, questa sostanza psicoattiva genera naturalmente anche una dipendenza, per cui se si interrompe il consumo di caffè ex abrupto si potrebbero riscontrare numerosi sintomi fisici, emotivi e psicologici.

Caffè e il ritmo circadiano
Il caffè altera il ritmo circadiano – ilMillimetro.it

La caffeina altera in maniera sensibile il nostro ritmo circadiano, lo allontana dal mondo naturale per avvicinarlo a quello della macchina, del calcolo razionale, della lucida perfezione matematica. Ci rende dèi di un cosmo ordinato che abbiamo creato per progredire come specie senziente e che ha finito per ingabbiarci. Oggi i manager, gli youtuber di wellness, i grandi imprenditori a volte sostengono di aver smesso con il caffè, perché dannoso per la salute. Ma gli infermieri che hanno il turno di notte, gli operai, gli impiegati e i sottoposti di tutto il mondo continuano a berlo, perché spesso è visto come l’unico modo per stare al passo con le richieste e tutto il lavoro che c’è da fare.

La prossima volta che bevete un caffè, pensateci.

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