Che fine ha fatto il granchio blu?

Questa specie aliena invasiva, originaria delle coste atlantiche e indopacifiche, è stata avvistata per la prima volta nel Mediterraneo già nel 1949

Secondo l’ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, negli ultimi trent’anni le specie aliene in Italia sono aumentate del 96% e in Europa del 76%. Con i suoi 8000 chilometri di costa al centro del Mediterraneo, l’Italia è particolarmente vulnerabile a queste invasioni e la frequenza delle osservazioni è più elevata che altrove. Il granchio blu è solo una delle specie più discusse, ma non l’unica. Gianluca Sarà, Professore ordinario di Ecologia presso l’Università di Palermo e coordinatore nazionale dello Spoke 1 Mare del Centro Nazionale per la Biodiversità Futura, spiega che i granchi blu che troviamo oggi nel Mar Mediterraneo in realtà sono due.

Problemi per i pescatori e meno per i ristoratori
Il granchio blu è considerato una specie aliena invasiva – ilMillimetro.it

Il Callinectes sapidus, di origine atlantica e quindi proveniente da temperature inferiori, sta colonizzando il Mar Adriatico. Il Portunus, di origine indopacifica, preferisce temperature leggermente superiori ed è più diffuso in Tunisia, Marocco e nel Mediterraneo orientale. In alcuni casi riescono anche a coesistere nelle stesse aree, come già accaduto in Tunisia, grazie all’elevata capacità di adattamento e alla presenza di cibo (i predatori si nutrono prevalentemente di molluschi). “L’aumento delle temperature, la presenza di cibo e l’azione umana (è emblematico l’esempio del Canale di Suez che ha aperto un varco tra Mar Rosso e Mediterraneo) influenzano fortemente la distribuzione di specie aliene che alterano gli ecosistemi”, spiega Sarà. 

Il granchio blu ha invaso il nord dell’Adriatico perché è un’area caratterizzata dall’elevata presenza di molluschi, vongole e cozze. Inoltre, nel Mar Mediterraneo non esistono predatori diretti di questa specie. Questo ha fatto sì che si creassero condizioni favorevoli per potersi nutrire e riprodurre. Purtroppo la minaccia di nuove invasioni è dietro l’angolo, e Sarà ricorda l’importanza della biodiversità per ridurre il pericolo. “Tanto più complesso è un habitat, tanto più difficile è che una nuova specie possa entrare e colonizzare. La degradazione e la frammentazione degli habitat lasciano invece spazio a specie nuove”.

Impatto del granchio blu: la prospettiva dei pescatori

Sebbene l’attenzione dei media per il granchio blu sembra essere diminuita rispetto al 2023, Paolo Tiozzo, Vicepresidente Confcooperative Fedagripesca, ci conferma che nel delta del Po la situazione non è migliorata. Da prima area di produzione in Europa per vongole veraci, con oltre tremila persone direttamente coinvolte per un valore alla produzione di almeno 200 milioni di euro, da più di un anno la specie aliena ha fatto registrare perdite tra l’80 e il 100% della produzione.

Le altre specie non riescono a entrare nelle reti dei pescatori
Per i pescatori i danni sono enormi – ilMillimetro.it

“L’invasione del granchio blu – sottolinea Tiozzo – è un’emergenza economica ma anche ambientale che minaccia la biodiversità di un’area estremamente delicata e sensibile ma, soprattutto, l’equilibrio sociale ed economico di intere comunità che vivono di pesca e di molluschicoltura”. Sebbene il granchio blu in autunno e in inverno abbia rallentato il ritmo dei ‘saccheggi’ negli allevamenti, con i primi caldi le predazioni sono ricominciate. A differenza dello scorso anno, però, i produttori hanno lavorato solo in piccole aree protette con recinti e teloni. “Se non ci sarà un contenimento di questa specie aliena nei prossimi 5 anni – avverte Tiozzo – i danni diretti e indiretti potrebbero ammontare a 1 miliardo di euro”. A Scardovari, in provincia di Rovigo, sono stati consegnati 14 milioni di esemplari di seme di vongola verace per ripopolare la laguna.

“Tornare a seminare è indispensabile per tornare a produrre – continua Tiozzo –  ma al tempo stesso bisogna capire come frenare questa presenza per evitare di vanificare gli sforzi. Per il granchio blu nel Mediterraneo non ci sono predatori, l’uomo e la pesca e lo smaltimento sembrano gli unici strumenti utili a contenere l’invasione. Ma non basta, dovremmo cercare, con l’aiuto della ricerca scientifica, altre strade per capire come vincere questa battaglia”. L’attuale decreto agricoltura prevede la nomina di un commissario straordinario per l’invasione del granchio blu e la messa a punto di un piano di contenimento.

Strategie di gestione

Lucrezia Cilenti, Ricercatrice CNR presso l’Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari (ISPA) che studia il granchio blu da oltre 14 anni e che sul tema ha prodotto un’indagine conoscitiva per il Senato, spiega che debellare una specie invasiva come il granchio blu, soprattutto in acqua, è molto complesso. Inoltre, ogni laguna presenta delle caratteristiche differenti, e l’impatto sulle attività e sui servizi ecosistemici può variare, richiedendo misure di gestione calibrate ad hoc sul contesto locale.

Il percorso di questa specie parte da lontano
Il granchio blu cresce nelle lagune italiane – ilMillimetro.it

Il primo passo per lo sviluppo di una strategia efficace è studiare a fondo il comportamento della specie. È stato osservato che la prima parte del ciclo di vita del granchio blu si svolge negli estuari e nelle lagune, aree caratterizzate dalla presenza di acqua salmastra, mentre le uova vengono rilasciate in mare durante le migrazioni nei cambi di stagione. “Una corretta strategia di contenimento – spiega Cilenti – consiste nella pesca selettiva delle femmine nei canali di comunicazione con il mare (canali, porti, lagune, estuari) prima del rilascio delle uova”. In questo modo si riduce il tasso riproduttivo delle femmine di granchio blu. Un’alternativa è la pesca effettuata con attrezzi specifici solo per i granchi, ma anche in questo caso ogni intervento deve essere calibrato in base al contesto locale.

“Le attività commerciali e produttive di ogni laguna sono differenti, così come è diverso l’impatto che il granchio genera in ambienti diversi”. Il progetto TROPHYC, che coinvolge l’Università del Salento, il CNR-ISPA di Foggia, l’Università di Palermo e l’Università di Pavia, ha lo scopo di analizzare – attraverso il prelievo di campioni e indagini trofiche – l’impatto del granchio blu sull’ambiente e sui servizi ecosistemici nelle diverse aree del Mediterraneo.

Granchio blu da minaccia a risorsa: è possibile?

Nel 2023 si era parlato di poter trasformare il granchio blu in una preziosa risorsa alimentare. “È importante in questa fase puntare al contenimento attraverso una strategia di gestione sostenibile”, afferma Cilenti. “Nelle sue aree di origine il granchio blu è una risorsa economicamente vantaggiosa, venduta come pescato fresco ma anche trasformata (es. polpa di granchio)”.

La richiesta è altissima e il prodotto vale sempre di più
Per i ristoratori il business è notevole (foto LaPresse) ilMillimetro.it

Nella zona di Chioggia e della laguna veneta sono diffuse le “moeche”, self shell crab, granchi verdi catturati durante la loro fase di muta, quando il loro carapace è ancora molle. Questa fase li rende particolarmente delicati e prelibati, molto apprezzati nella cucina tradizionale veneta. Anche il granchio blu potrebbe prestarsi a un simile uso. “Il carapace del granchio blu ha molecole interessanti anche dal punto di vista nutraceutico e farmaceutico, che possono essere utilizzate per la produzione di integratori alimentari”, ricorda Cilenti. “È fondamentale continuare le ricerche, insieme al comparto produttivo, per recuperare notizie sulle caratteristiche nutrizionali del granchio blu in ciascuna area e garantire la sicurezza alimentare del prodotto”.

L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie e il MASAF stanno collaborando a un progetto finalizzato alla valutazione della sicurezza igienico-sanitaria del granchio blu e lo stato di salute delle popolazioni. Tiozzo sottolinea che, a differenza di quanto avviene in altre parti del mondo, “in Italia il granchio blu non ha ancora dato vita a un vero e proprio business”. I pescatori sono costretti a buttare via il 90% degli esemplari che catturano e da cui guadagnano al massimo 1,50 euro al chilo. Non esclude però la possibilità di valorizzarlo come risorsa alimentare in futuro, se si creeranno le condizioni per un’attività parallela senza abbandonare le produzioni tradizionali.

Non solo granchio blu

Che il Mar Mediterraneo stia cambiando è un dato di fatto. Già oggi, tra le 17mila specie ittiche ospitate, 1000 sono aliene (il 5,88%). Secondo le stime di Confcooperative Fedagripesca, tra trenta anni oltre il 30% di pesci, molluschi e crostacei potrebbero essere rappresentati da specie aliene, ovvero 1 su 3. “Se il granchio blu al nord ha messo in ginocchio un settore che godeva di ottima salute, al sud il vermocane sta rendendo difficile la vita dei pescatori in Puglia, Calabria e Sicilia”. Il vermocane si insinua nelle reti dei pescatori e divora i pesci e gli attrezzi da pesca, lasciando solo le lische.

Il vermocane al sud sta complicando i piani dei pescatori
Le acque italiane ospitano diverse specie aliene – ilMillimetro.it

La gestione dell’invasione del granchio blu, e in generale delle problematiche causate dalle specie aliene, richiede un approccio multifattoriale e adattativo, tenendo conto delle specificità locali e delle dinamiche ambientali in continua evoluzione. Solo attraverso la collaborazione tra enti scientifici, produttori e istituzioni, sarà possibile contenere questa minaccia e, allo stesso tempo, valorizzare le risorse disponibili.

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