Carini-Khelif, non è mai stata questione di sport

Tutti hanno voluto dire la loro e quello che è un argomento serissimo, di cui certamente si deve discutere, è diventato in un attimo l’ennesima battaglia social

Un disastro annunciato, verrebbe da dire e, al di là della mera questione sportiva, un disastro effettivamente è stato. Un disastro comunicativo, soprattutto, perché ancor prima che Angela Carini scendesse sul ring si è parlato di lei, le si sono dati consigli, le è stato chiesto a gran voce di non combattere, le è stato detto che non sarebbe stato equo. Ancor prima del match la politica aveva già deciso che questo match non si sarebbe dovuta giocare.

Il caso mediatico nato dal match tra Carini e Khelif
La pugile algerina Imane Khelif accanto ad Angela Carini dopo il match vinto a Parigi (LaPresse) – ilMillimetro.it

Il fatto è noto ormai in tutto il mondo vista la cassa di risonanza che hanno le Olimpiadi in generale. Angela Carini, atleta azzurra di boxe femminile dei pesi welter, avrebbe dovuto sfidare Imane Khelif a Parigi 2024. Il nome dell’algerina fino a ieri era senza dubbio sconosciuto ai più, ma in poche ore è finito sulla bocca di tutti. Imane Khelif è stata dapprima definita un’atleta transessuale e questo è già il primo enorme errore che ha distorto sin da subito questa vicenda.

L’algerina, classe 1999, è infatti una persona intersex, altro termine sconosciuto ai più. La definizione intersex, come ricorda l’Istituto superiore di sanità, abbraccia “tutte le variazioni innate (ovvero presenti fin dalla nascita) nelle caratteristiche del sesso. Tali variazioni possono riguardare i cromosomi sessuali, gli ormoni sessuali, i genitali esterni o le componenti interne dell’apparato riproduttivo”. In questo senso l’algerina è nata donna, sui suoi documenti è identificata come una donna e si è sempre socializzata come una donna.

Qui occorre quindi fare una doverosa precisazione su quale sia la differenza tra le persone intersessuali e i transgender. La prima differenza riguarda la biologia e l’identità di genere. Le persone intersessuali, infatti, nascono con caratteristiche sessuali fisiche che non si adattano a essere catalogate nel classico genere maschio/femmina. Al contrario le persone transessuali non identificano la propria identità di genere con il proprio sesso biologico e, a volte, decidono di intraprendere un percorso appunto di “transizione” da un sesso all’altro. Le persone transgender, quindi, si identificano in termini di genere (maschile, femminile, non binario ecc.) a prescindere dal loro sesso biologico.

L’esclusione dal Mondiale e l’ammissione alle Olimpiadi

Qual è il problema? Il problema è che questa variazione porta a una differenza dello sviluppo sessuale, ovvero un tasso di testosterone più elevato di quello medio di una donna. Proprio questo è il motivo per il quale la Khelif è stata esclusa nel 2023 dalla finale dei Mondiali di Nuova Delhi dall’International Boxing Association (IBA) – organo tra l’altro che è stato successivamente sciolto – imputando la decisione a un livello troppo alto di testosterone.

Boxe, le regole diverse tra Mondiali e Olimpiadi
Khelif non regolare per i Mondiali, ok per le Olimpiadi – ilMillimetro.it

Quindi come è possibile che ad Imane sia stato dato il via libera per gareggiare? Il Cio ha svolto tutti gli esami del caso e accertato che la soglia del testosterone dell’atleta fosse inferiore alle 10nmol/L nei 12 mesi precedenti al torneo e durante il periodo dei Giochi. Non solo, il Comitato Olimpico ha anche certificato come l’algerina non disponga di alcun vantaggio derivante dalla sua situazione ormonale e che quindi abbia tutte le carte in regola per gareggiare nella sua categoria. “Sono donne nel loro sport e abbiamo stabilito che si tratta di donne. Si tratta di atlete che hanno boxato da sempre con le donne e che rispettano tutte le regole di ammissibilità previste da questi Giochi”, queste le parole del portavoce del Cio, Mark Adams.

La questione legata a Khelif ricorda il caso di Caster Semenya, ottocentista intersex sudafricana, medaglia d’oro a Londra 2012 e Rio 2016, che per prima ha affrontato questo problema tra squalifiche, riammissioni e ricorsi. Non solo, proprio a Parigi la pugile di Taiwan Lin Yu-ting, anche lei estromessa come l’algerina ai Mondiali, salirà regolarmente sul ring per sfidare l’uzbeka Turdibekova nei -57 kg.

Carini-Khelif, polemica-politica

Niente da fare, il duello tra Khelif e Carini è diventato in un attimo politico più che sportivo. Il primo a esporsi è stato Matteo Salvini: “Abbiamo chiesto – come Lega – una informativa al ministro dello Sport, che un uomo combatta contro una donna mi sembra poco olimpico. Questo la prende a pugni, a botte, non giocano a scacchi…”, e sulla stella linea si è espresso il premier Giorgia Meloni: “Io penso che atleti che hanno caratteristiche genetiche maschili, non debbano essere ammessi alle gare femminili e non perché si voglia discriminare qualcuno, ma per tutelare il diritto delle atlete a poter competere ad armi pari. È un fatto che con i livelli di testosterone presenti nel sangue dell’atleta algerina, la gara è una gara che già non sembra equa in partenza”.

Il premier Giorgia Meloni è tra le autorità che si sono espresse sull'argomento Carini-Khelif
Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha parlato del caso Carini-Khelif (LaPresse) – ilMillimetro.it

Molto simile anche la presa di posizione del ministro dello Sport Abodi: “Trovo poco comprensibile che non ci sia un allineamento nei parametri dei valori minimi ormonali a livello internazionale, che includa quindi Europei, Mondiali e Olimpiadi nell’evento che rappresenta i più alti valori dello sport si devono poter garantire la sicurezza di atleti e atlete e il rispetto dell’equa competizione dal punto di vista agonistico. Domani, per Angela Carini non sarà così”.

Un tema complesso, non ci sono dubbi, ma forse i numeri possono venire in soccorso per chiarire la situazione, almeno a livello sportivo. Khelif e la Carini hanno una media di incontri persi di uno ogni quattro e l’algerina non può essere certo considerata imbattibile. Proprio alle scorse Olimpiadi di Tokyo si è arresa ai quarti di finale, sconfitta dall’irlandese Kellie Harrington e nel 2022 ha perso contro la britannica Amy Broadhurst in Turchia.

Un combattimento perso da tutti

In questo turbinio di polemiche, supposizioni e prese di posizione in pochi hanno pensato proprio ad Angela Carini che, prima di un match importante come lo è quello delle Olimpiadi per le quali gli atleti si preparano per ben quattro anni, ha dovuto subire una pressione immane che forse, ma questa è solo una supposizione, nel momento decisivo ha contribuito a farla crollare emotivamente. Il match è andato in scena regolarmente, ma è durato poco più di 40 secondi, trascorsi i quali l’azzurra ha deciso di ritirarsi scoppiando poi in un pianto disperato inginocchiata sul ring. Quello che tutti si aspettavano o si auguravano?

Probabilmente sì, anche se la Carini attribuisce il suo ritiro a un dolore troppo forte subito dopo l’attacco dell’algerina: “Non me la sono più sentita di combattere dopo il primo minuto. Ho iniziato a sentire un dolore forte al naso, non è da me arrendermi, è proprio perché non ci riuscivo, ho detto basta. Esco a testa alta”.

Poi si sofferma sull’avversaria: “Io non sono nessuno per giudicare o prendere una decisione, se questa ragazza è qui ci sarà un motivo. Io ho combattuto e sono salita sul ring nonostante le mille polemiche che ci sono state, io non sono nessuno per giudicare. Ho sentito dei colpi molto forti, ho preso colpi, sono una combattente e la mia Nazionale lo sa, sono una che anche davanti al dolore non si ferma mai. Se mi sono fermata l’ho fatto solo per la mia famiglia. È stato un incontro irregolare? Non sono nessuno per giudicare”, questa la disamina della pugile a cui si può credere in toto o meno.

Il problema non è nel ritiro della Carini, che da sportiva sa benissimo quando, dove e come può continuare a combattere o quando è il caso di fermarsi. Semmai il problema è come tutta la vicenda sia stata trattata dalla politica, dai vip, dalla stampa, che non solo hanno caricato di pressione l’azzurra, ma che non hanno mostrato nessun rispetto verso un’altra atleta, una persona in primis, una sportiva e, che ne dicano loro, una donna.

Giusto o sbagliato che sia, e sul tema dell’intersex e delle decisioni del Cio si potrebbe certamente discutere e aprire un dibattito, non è certo colpa della Khelif se ha avuto il via libera per salire sul ring. L’algerina in poco meno di 48 ore ha subito attacchi di ogni genere e per di più da persone che nulla hanno a che fare con lo sport in generale e tanto meno con il suo, che esprimono un’opinione e additano senza verificare le fonti, senza essere certi di essere nel giusto.

Questa non è quindi discriminazione? Non è violenza? E se questo far west ce lo aspettiamo certamente dal mondo dei social, di certo non vorremmo vederlo da chi rappresenta il nostro paese, qualsiasi sia la sua carica. Nessuno dovrebbe subire la pressione che ha subito la Carini prima di una gara che a volte vale la vita, nessuno dovrebbe subire così tanta cattiveria così come accaduto a Imane Khelif.

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Amen

La guerra e la solitudine di Papa Francesco, tra i pochi a chiedere con forza la pace: ce ne parla Alessandro Di Battista con un commento in apertura. All’interno anche il 2024 in Medio Oriente, la crisi climatica, il dramma dei femminicidi in Italia, la cultura e lo sport. Da non perdere, infine, le rubriche Line-up, Ultima fila e Nel mondo dei libri, realizzate da Alessandro De Dilectis, Marta Zelioli e Cesare Paris.

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