Alfredo Cospito, la storia dell’anarchico al 41 bis

L’abbiamo conosciuto con il viso e il corpo paffuti, pizzetto e occhiali rettangolari. Ora le immagini che circolano in tv e sui giornali ci restituiscono un uomo con oltre 40 kg di meno. Sul volto smagrito gli occhiali non ci sono più, come neanche il pizzetto. In testa un berretto di lana. Cosa gli è successo? E soprattutto chi è Alfredo Cospito? Perché tutti ne parlano? In molti sanno che dal carcere milanese di Opera, dove è rinchiuso, sta protestando facendo lo sciopero della fame. Uno sciopero che va avanti da 4 mesi. E mentre lui è lì dentro, fuori, gli anarchici protestano. Ma di cosa è accusato l’uomo di cui gli attentatori delle sedi diplomatiche italiane nel mondo chiedono la scarcerazione? Per rispondere bisogna fare un passo indietro lungo oltre 30 anni, quando è iniziato il braccio di ferro tra Alfredo Cospito e la giustizia. Un percorso travagliato, che può essere ricostruito partendo dal testo di una sentenza della Corte Costituzionale del 1993. Pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 28 luglio, ripercorre le principali tappe giudiziarie che hanno riguardato Cospito all’inizio degli anni Novanta. Stando a quanto scritto nella sentenza, nel 1991 Cospito viene condannato più volte perché disertore: oltre che la leva ha rifiutato anche il servizio civile per via della sua ideologia anarchica.

La storia di Alfredo Cospito: nel 1991 inizia il suo primo sciopero della fame

Estate 1991. Cospito si trova a Pescara, sua città d’origine. Insieme ad un gruppo di anarchici del Gas, Gruppo anarchico speciale, occupa l’edificio dell’ex distilleria Aurum. L’occupazione dura due giorni, fino a quando polizia e carabinieri irrompono nell’edificio. Gli occupanti finiscono in questura. Uno viene trattenuto perché risulta renitente alla leva. È lui, il venticinquenne Alfredo Cospito, che essendo obbligato a fare il servizio militare, il 16 aprile 1991 viene condannato a quasi due anni di reclusione per il reato di diserzione aggravata. Pochi giorni dopo, fuori dal penitenziario dove è rinchiuso appaiono i primi striscioni in suo sostegno. “Libertà per Alfredo Cospito” si legge su uno. Sono le stesse frasi che quasi 30 anni dopo tappezzeranno varie città italiane. Lui, intanto, il 27 agosto del 1991, inizia il suo primo sciopero della fame. Un mese dopo il padre di Cospito presenta domanda di grazia all’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Una mossa che spinge il Tribunale di sorveglianza militare a disporre il differimento dell’esecuzione della pena. Bisogna attendere la decisione del Capo di Stato. Decisione che arriva il 27 dicembre 1991: l’anarchico riceve la grazia. Ma la condanna che gli era stata inflitta il 16 aprile non è la prima. Cospito era già stato condannato a un anno di reclusione per il reato di mancanza alla chiamata. Pena scontata solo in parte grazie a un’amnistia. E poi nuovamente imputato sempre per diserzione tra aprile e agosto 1991. Una serie di condanne che hanno reso necessario l’intervento della Corte Costituzionale. Serve una sentenza per evitare quella che viene definita la “spirale delle condanne”, che avrebbe portato Cospito a scontare la condanna di diserzione finché non avesse raggiunto i 45 anni, l’età del congedo. Fine ottobre, inizio novembre 1991.  Mentre Cospito è in carcere, il suo nome inizia a comparire anche sui giornali. La notizia riguarda alcuni manifesti a firma di Amnesty International affissi sui muri di Torino, per chiedere “la liberazione dell’anarchico Alfredo Cospito” e “l’abbattimento delle carceri”. I volantini però sono falsi. Immediata la replica dell’associazione che si dissocia e spiega che qualcuno ha usato il nome e il logo senza autorizzazione.  Nel frattempo Cospito è messo ai domiciliari. Ma non si ferma. Poco dopo viene di nuovo arrestato – e subito scarcerato – durante lo sgombero di una palazzina a Bologna, città dove vive da tempo.

Alfredo Cospito, la storia dell'anarchico al 41 bis

La storia di Alfredo Cospito: l’amore per Anna e KNO3

È il 1993. Cospito lascia Bologna e si trasferisce in Piemonte, tra Cuneo e Torino. È proprio qui che si intensifica la sua lunga militanza, fatta di azioni e un costante contributo ideologico che ha accompagnato l’evoluzione del fenomeno anarco-insurrezionalista. A fine anno è di nuovo in carcere per gli scontri con la polizia ad Ivrea. Tre anni dopo il suo nome compare nelle inchieste legate all’area anarchica. Per gli investigatori è il capo e l’organizzatore della Federazione anarchica informale/Fronte rivoluzionario internazionale. Un movimento composto da vari gruppi dediti all’intimidazione armata rivoluzionaria e ritenuto dagli inquirenti un’associazione per delinquere con finalità di terrorismo. Attribuzioni che lui stesso rifiuta proprio perché anarchico. È il 1997, Cospito vive ormai stabilmente a Torino. In quegli anni il dibattito interno al mondo insurrezionalista è molto agitato. La questione della lotta armata e di strutturarsi in gruppi contrasta con gli ideali anarchici. Ma per Cospito non c’è il tempo di attendere: la lotta va portata avanti sul piano individuale.  In quegli anni viene pubblicata la rivista “Pagine in rivolta” dove al fianco di Cospito compare l’anarchica Anna Beniamino, attualmente detenuta nel carcere romano di Rebibbia. I due diventano inseparabili. Vanno a vivere insieme in un appartamento a Torino. Anna non frequenta i centri anarchici e non partecipa alle manifestazioni. Si muove “sotto traccia”. Alfredo inizia a seguirla: pian piano si allontana anche lui dai cortei. Distanti dalla vita sociale, danno vita a “Kno3”, rivista clandestina che prende il nome dalla formula chimica del nitrato di potassio, uno degli elementi necessari per creare un fumogeno. Per questa attività, poi interrotta nel 2008, Cospito viene accusato di istigazione a delinquere. In quegli anni i due incontrano Nicola Gai, che diventerà il complice nell’attentato ad Adinolfi.

La storia di Alfredo Cospito: la gambizzazione di Adinolfi

“In una splendida mattina di maggio ho agito ed in quelle poche ore ho goduto a pieno della vita. Per una volta mi sono lasciato alle spalle paura e autogiustificazioni e ho sfidato l’ignoto. In un’Europa costellata di centrali nucleari, uno dei maggiori responsabili del disastro nucleare che verrà è caduto ai miei piedi”. Cospito, durante il processo, descriveva così l’episodio della gambizzazione di Roberto Adinolfi, dirigente dell’azienda metalmeccanica italiana Ansaldo Nucleare. È il 7 maggio 2012. Cospito e il suo complice, Nicola Gai, sparano tre volte alle gambe di Adinolfi, fratturandogli il ginocchio. Una lettera inviata al Corriere della Sera rivendicherà poi l’attentato per conto del Nucleo Olga della Federazione anarchica informale (FAI). Episodio per il quale, il 14 settembre dello stesso anno, i due vengono arrestati. All’udienza, Cospito si rifiuta di alzarsi in piedi all’ingresso della corte. Immediatamente dopo cerca di leggere in aula un documento, poi messo agli atti, in cui rivendica la gambizzazione. Nel testo racconta nei dettagli l’organizzazione dell’attentato e motiva il gesto attraverso un’analisi economico-politica, spiegando che a sparare ad Adinolfi è stata una “gioia”, un “godimento”. Su richiesta del giudice viene interrotto e allontanato dall’aula. Alla fine viene condannato a 9 anni e 5 mesi. Ma non si ferma. Porta avanti la sua lotta anche dal carcere. Non ha mai smesso di inviare ai suoi compagni in libertà testi in cui ha sempre più enfatizzato la lotta armata come strumento di battaglia politica.

Alfredo Cospito, la storia dell'anarchico al 41 bis

La storia di Alfredo Cospito: gli attentati dinamitardi degli anni Duemila e quello alla scuola allievi carabinieri di Fossano

Prima della gambizzazione di Adinolfi, tra il 2005 e il 2007, Cospito ha firmato una serie di attentati dinamitardi di cui è stato dichiarato responsabile: il primo contro la sede del Ris dei carabinieri a Parma, l’ultimo al parco della Crocetta a Torino. In mezzo, l’invio di alcuni plichi esplosivi. Il più rilevante quello del 2 giugno 2006, alla scuola allievi carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo. Due ordigni erano stati piazzati all’interno dei cassonetti all’ingresso dello stabile. Solo per casualità non ci furono morti o feriti. Per quell’atto, rivendicato con la sigla Rivolta Animale e Tremenda/Federazione, Cospito – già in carcere per la gambizzazione di Adinolfi – viene inizialmente condannato dalla Corte d’Appello a 20 anni di reclusione con l’accusa di strage. La Cassazione, invece, ha ritenuto si trattasse di strage contro la sicurezza dello Stato, un reato che prevede la pena dell’ergastolo ostativo. Lo scorso dicembre la corte d’Assise d’appello di Torino ha sollevato una questione di legittimità costituzionale e ha disposto la trasmissione degli atti alla Consulta.

La storia di Alfredo Cospito: il passaggio al 41bis

È il 2022. Cospito torna sulle prime pagine dei giornali: finisce al 41bis, il cosiddetto “carcere duro”, diventando il primo anarchico ristretto a questo regime. Un trasferimento giustificato dall’ex ministra della Giustizia Marta Cartabia per i numerosi messaggi che dal carcere ha inviato ai propri compagni anarchici. Documenti in cui li invita esplicitamente a continuare la lotta contro il dominio, con mezzi violenti ritenuti più efficaci. Dal carcere di Terni viene trasferito a quello di Sassari. Una decisione che non tollera. E così il 20 ottobre inizia lo sciopero della fame contro le condizioni del 41-bis. Gli anarchici organizzano manifestazioni in suo sostegno, alcuni intellettuali e giuristi italiani chiedono al Ministero della giustizia la revoca della misura, allegando, oltre a ragioni umanitarie, la “sproporzione tra i fatti commessi e le pene inflitte”. Gli avvocati di Cospito fanno ricorso contro la misura detentiva, ma il tribunale di sorveglianza di Roma rigetta la richiesta, come successivamente fa anche la Cassazione che il 24 febbraio 2023 respinge il ricorso. Cospito resta al 41 bis. Detenuto nel carcere milanese di Opera, dopo alcuni giorni di ricovero all’ospedale san Paolo di Milano per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute, l’anarchico è descritto ancora come “lucido” e “determinato” nel portare avanti il digiuno come protesta e “lotta” contro il carcere duro.

Alfredo Cospito, la storia dell'anarchico al 41 bis

La storia di Alfredo Cospito: “Metterò in discussione l’idea che sono un sanguinario”

A fine novembre, in Tribunale a Torino, lo stesso Cospito aveva dichiarato: “Sono stato raffigurato come un sanguinario ed è stato detto che sono un professionista degli esplosivi. Di me si può dire tutto, ma non che sono un ipocrita. Ho fatto una sola azione violenta: ho sparato a Genova e ho colpito alle gambe perché non volevo usare esplosivo. Quell’azione che ho fatto, l’ho rivendicata con onore come fanno gli anarchici. È assurda l’accusa di strage politica per due attentati dimostrativi in piena notte, in luoghi deserti, che non dovevano e non potevano ferire o uccidere nessuno. In futuro cercherò di mettere in discussione questa idea che io sono un sanguinario”.

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