È un argomento spinoso ma il bombardamento di sensibilizzazione sul tema della salute mentale rischia di essere controproducente per una generazione intera.
Tra un aumento delle autodiagnosi ‘’da social’’ dato da un eccesso di superficialità nel riconoscere i sintomi e la volontà di dare un nome al proprio malessere in un’unica etichetta, il rischio è di rimanere impantanati. A tratti paralizzati.
Lo sviluppo degli studi sulla salute mentale ha permesso a tante persone, dai baby boomer alla Gen Z, di dare un nome alle proprie sofferenze, spianando la strada verso un percorso adatto alle proprie esigenze.
Tale sviluppo ha indotto però, anche ad un bombardamento social che ha trasformato l’ansia in un contenuto virale.
Parliamoci chiaro, l’ansia è sempre esistita e un mondo più attento alle sensibilità di tutti è un mondo migliore anche se trattare con superficialità il tema rischia di ‘’dopare’’ le statistiche sulla salute mentale e ritardare la maturità emotiva delle nuove generazioni.
Un fenomeno in crescita che accresce queste preoccupazioni sul bombardamento delle campagne di sensibilizzazione è il doomsurfing: una tendenza marcata a ricercare notizie negative online con forti conseguenze sulla nostra salute mentale.
L’accessibilità dei social ha cominciato, in maniera preoccupante, a dare credibilità a molte autodiagnosi superficiali a dire poco, con la conseguenza che anche un piccolo segno di distrazione possa essere interpretato senza scrupoli come un disturbo dell’attenzione.
Quindi no, se da bambino cercavi di non calpestare la linea in mezzo alle mattonelle non è detto tu abbia l’ADHD.
Il rischio di questo ‘’effetto oroscopo’’, in cui ognuno si auto-ritaglia i propri sintomi, validi o meno che siano, è di crescere una generazione eccessivamente circondata da attenuanti
Venendo risucchiati in un vortice di negatività in cui non si ha mai lo stimolo nel voler prendere di petto la realtà.
Parlare dei disturbi della salute mentale con la stessa leggerezza con cui si dà la diagnosi di un raffreddore può risultare controproducente per la maturità emotiva dei ragazzi e non solo. La generazione zeta viene spesso etichettata come una generazione eccessivamente fragile, incapace di reagire agli stimoli negativi quando in realtà le dinamiche ambientali in cui è cresciuta rendono il quadro ben più complesso. Anche se impantanarsi da soli in un vortice di insicurezze potrebbe non fare altro che dare adito a queste etichette.
Riconoscere i disturbi mentali è di fondamentale importanza per combatterli ma utilizzarli per giustificare il continuo posticipare l’appuntamento con le responsabilità e la crescita personale può avere effetti devastanti.
La salute mentale è un discorso serio e come tale va trattato, da chi li vive e da chi li racconta.
(Edoardo Galassi)