I Giardini, il Padiglione Centrale e l’Arsenale, la natura e le strutture che un tempo ospitavano la maggior fabbrica navale del mondo. Spazi prestati alla cultura che hanno danno vita alla 59esima Esposizione internazionale d’arte di Venezia, La Biennale di Venezia. Centinaia e centinaia di visitatori ogni giorno: giovani, anziani, famiglie con bambini, coppie di fidanzati, comitive di amici, studenti, italiani e stranieri. Insieme per ammirare le opere di 213 artisti da tutto il mondo che hanno trasformato pensieri e sentimenti in creazioni uniche. Dipinti, sculture, foto, installazioni, video e performance. Cinquantotto nazioni diverse. Un viaggio nel mondo in compagnia di 1433 opere. Un’esperienza che potrete vivere fino al 27 novembre 2022, ultimo giorno utile per visitare La Biennale.
Il latte dei sogni
La mostra “Il latte dei sogni” prende il titolo da un libro di favole di Leonora Carrington, scrittrice e pittrice britannica. Nella sua opera, l’artista surrealista descrive un mondo magico nel quale la vita viene reinventata attraverso l’immaginazione e nel quale è concesso cambiare, trasformarsi. Le creature fantastiche di Carrington, insieme a molte altre figure della trasformazione, sono dunque le compagne di un viaggio immaginario attraverso le metamorfosi dei corpi. Un viaggio in cui gli artisti provano a rispondere alle molte domande del nostro tempo. Come sta cambiando la definizione di umano? Quali sono le nostre responsabilità nei confronti delle altre forme di vita e del pianeta? Come sarebbe la vita senza di noi? Una serie di interrogativi che guidano lo spettatore in una passeggiata tra forme animali, sculture organiche, rovine industriali e paesaggi stranianti. Tre le aree tematiche attorno alle quali si concentra la ricerca: la relazione tra gli individui e le tecnologie; la rappresentazione dei corpi e le loro metamorfosi; i legami che si intrecciano tra i corpi e la terra.
L’uomo, la macchina, l’animale e la terra
Attraverso le opere, alcuni artisti immaginano una condizione post umana, mettendo in discussione la visione moderna e occidentale dell’essere umano come il centro dell’universo e come misura di tutte le cose. Al suo posto, contrappongono mondi dominati da specie diverse, esseri ibridi, come le creature fantastiche inventate da Carrington. Sotto la pressione di tecnologie sempre più invasive, i confini tra corpi e oggetti sono stati modificati, imponendo profonde mutazioni che ridisegnano nuove forme di soggettività e nuove anatomie. Oggi il mondo appare drammaticamente diviso tra ottimismo tecnologico e lo spettro di una totale presa di controllo da parte delle macchine per via dell’intelligenza artificiale. Questa frattura si è intensificata ulteriormente con la pandemia da Covid-19, che ha accentuato ulteriormente le distanze sociali e ha intrappolato gran parte delle interazioni umane dietro dispositivi elettronici. La pressione della tecnologia, la pandemia e la minaccia di disastri ambientali ci ricordano ogni giorno che, in quanto corpi mortali, non siamo né invincibili né autosufficienti. In questo clima, sono molti quelli che ritraggono la fine dell’antropocentrismo, celebrando una nuova comunione con il non-umano, con l’animale e con la terra. Riflessioni esistenziali diventate opere d’arte. Impossibile descriverle tutte. Ecco alcune da non perdere per nessun motivo. Quelle che più hanno lasciato il segno.
I corpi irrealistici del padiglione danese
Il più travolgente. Un mondo iperrealistico di inaspettata drammaticità quello riprodotto dall’artista danese Uffe Isolotto. “We Walked the Earth” è il nome dell’opera che introduce lo spettatore in un mondo non inquadrabile in un preciso arco temporale in cui gli elementi del passato storico della vita rurale danese si intrecciano a fenomeni inspiegabili di futuro fantascientifico di un mondo transumano a cui appartiene una famiglia. Non una famiglia qualsiasi, e lo si capisce nel preciso istante in cui si entra nel padiglione e si vedono corpi transumani in cera. Volti perfetti da sembrare veri. Nonostante l’accurata ricostruzione dell’ambiente della fattoria e la gran quantità di oggetti sparsi qua e là, nulla chiarisce cosa sia successo agli iperrealistici centauri che la abitano. Un uomo impiccato, una donna distesa a terra che ha appena partorito. Ma chi è questa famiglia e cosa le è accaduto? La risposta non è così ovvia. L’intera ambientazione è caratterizzata da profonda incertezza. Un inaspettato dramma di vita e morte che ruota attorno ai tre centauri. Cercando di affrontare le sfide di un mondo in continuo cambiamento, la famiglia incarna uno stato d’animo di disagio tra la disperazione e la speranza, che parla delle profonde ambiguità del nostro tempo. È impossibile dire se sia tragica o ricca di speranza. Forse entrambe le cose? La famiglia incarna la complessa e inquietante esperienza legata all’andare avanti nel mondo di oggi drasticamente cambiato? Se così fosse, la domanda sarebbe “cerchiamo rifugio in chi eravamo o cerchiamo delle vie di fuga in chi potremmo diventare?”.
Il padiglione Brasiliano, tra organi e modi di dire
Parti del corpo riprodotte in dimensioni esagerate. Un orecchio gigante al posto di una porta, un cuore di stoffa che si gonfia fino a riempire l’intero padiglione. Poco più avanti un occhio, una bocca, una testa “tra le nuvole”. Organi disposti qua e là che alludono a modi di dire entrati a far parte del linguaggio comune. Jonathas de Andrade, scultore brasiliano classe 1982, basa il proprio lavoro sul suo profondo interesse per una cultura autenticamente “popolare”. L’installazione “Com o coração saindo pela boca”, “Con il cuore che esce dalla bocca” si compone di un elenco di espressioni idiomatiche e proverbi che attingono alle metafore sul corpo umano, di una serie di opere d’arte che danno vita alla straordinaria carica poetica di questi detti, rendendoli tangibili. Due immense orecchie all’ingresso e all’uscita del padiglione alludono all’espressione popolare “entrare da un orecchio e uscire dall’altro”, mentre il cuore gonfiabile fa riferimento a un’altra espressione: “con il cuore in gola”. L’idea dell’installazione è quella di trasformare le opere in un elenco parziale e allusivo, ma fortemente fisico, delle sensazioni provate da un immaginario corpo brasiliano, tradotte in espressioni spesso divertenti, capaci di catturare e trasmettere il momento storico che stiamo vivendo in tutta la sua complessità.
Nel padiglione francese, dove “i sogni non hanno titolo”
Una dolce melodia introduce lo spettatore in un mondo di ricordi. Un mondo dove – come si evince dal titolo dell’esposizione – “Les rêves n’ont pas de titre”, “I sogni non hanno titolo”. L’installazione di Zineb Sedira, fotografa e videoartista franco-algerina, indaga le motivazioni che, negli anni Sessanta e Settanta del Novecento, portarono a realizzare film militanti, testimonianza del sodalizio culturale nato in passato fra le due sponde del Mediterraneo. Sedira trasforma il padiglione in uno studio cinematografico, offuscando i confini fra finzione e realtà, fra memoria personale e memoria collettiva. All’ingresso c’è il bancone di un bar, è la riproduzione della scenografia di una scena del film “Ballando ballando” di Ettore Scola. Ci si può sedere e subito si viene trasportati dentro il mondo immateriale dell’artista, che ci parla della sua infanzia, della sua esperienza, del ruolo che cinema e musica hanno avuto nella sua formazione.
L’Italia di Tosatti, tra Notte e Comete
L’ opera “Storia della Notte e Destino delle Comete” del Padiglione Italia è un viaggio diviso in due parti. Un percorso intriso di contemporaneità, che ha a che fare con le nostre vite. La prima parte, la Storia della Notte, ripercorre l’ascesa e il declino del miracolo industriale italiano. Un paesaggio industriale in rovina, in cui la presenza umana è svanita. Un sogno decadente. L’atmosfera è di completa sospensione. Il cammino prosegue in un interno domestico, una casa dove si possono solo intravedere alcune tracce lasciate dal passaggio dell’uomo. Una rete di un letto, una parete dove prima c’era appeso un crocifisso. Un telefono che non squilla più. Uno scenario che prepara alla seconda parte, il Destino delle Comete, ossia dell’umanità che ha attraversato la terra in una traiettoria rapida e luminosa, senza che le fosse garantito di abitare questo pianeta per sempre. Dallo scenario domestico al molo. Un molo vero e proprio che punta direttamente al mare. Un mare scuro, spaventoso e impetuoso. In uno scenario del genere, che spegne ogni speranza, una luce spunta all’orizzonte: uno sciame di centinaia di lucciole riprende il suo dominio per ripristinare la sua crudele legge di suprema bellezza e armonia, rovesciando la desolazione iniziale in compassione struggente.