Dal 7 ottobre scorso sono stati uccisi oltre 120 insegnanti palestinesi: nella Striscia anche l’istruzione è in ginocchio
Scuole polverizzate, università spianate al suolo, uccisi oltre 120 insegnanti palestinesi. Striscia dell’orrore, a Gaza il genocidio israeliano non rallenta: in un anno ha fatto fuori anche l’istruzione. La storia di Amani Ahmed è straziante, illogica e controversa. Professoressa sopravvissuta all’inferno, scappata a Edimburgo per respirare ancora, da mesi vive con lo sguardo proiettato al passato: “Ho perso mio padre e non sono nemmeno riuscita a dirgli addio. E ho l’incubo di aprire i social e scoprire in diretta lo sterminio della mia famiglia”. L’Università islamica di Gaza, dove Ahmed fino al 2023 era docente e direttrice del dipartimento per le Relazioni Internazionali, oggi è polvere mista alla disperazione più atroce.
Eppure, lei si considera fortunata: “Ho iniziato il dottorato con una borsa di studio all’Università di Edimburgo, progettando di fare la spola tra Gaza e la Scozia. Ma una volta rientrata a casa, nel 2023, sono dovuta scappare a causa dell’invasione di Israele”. Ahmed è madre di due bambini che non vede da un anno, moglie di un marito con cui comunica soltanto tramite WhatsApp: “Tre giorni dopo l’inizio della guerra, ci sono stati pesanti bombardamenti e attacchi aerei intorno al nostro appartamento a Gaza. I bambini e mio marito erano lì quando un drammatico attacco ha fatto crollare le finestre, c’erano vetri ovunque. Mio marito mi ha detto che i bambini sono andati nel panico e li ha portati in macchina a casa di un amico. Non era sicuro muoversi, ma era più sicuro che restare a casa”.
Il futuro dell’istruzione palestinese
Lo scenario è drammatico, secondo l’Autorità sanitaria palestinese gestita da Hamas, oltre 120 insegnanti sono stati uccisi dal 7 ottobre 2023. Mentre un rapporto delle Nazioni Unite ha rilevato che l’80% delle scuole e delle università sono state distrutte. Obiettivo primario sopravvivere, senza dubbio, ma il futuro pretende delle risposte. Per chi ci sarà ancora, per chi non ci sarà, per chi arriverà: in Palestina manca tutto, ora anche un po’ di più. Ahmed sta facendo il suo, come può, andando pure contro le istituzioni. Ultimamente ha indirizzato la sua ricerca verso alcune imprenditrici in Cisgiordania, un posto mai visitato prima “perché Israele ha sempre limitato gli spostamenti”.
Nelle ultime settimane è stata rincuorata dalla solidarietà e dal sostegno che ha sentito e dall’opportunità di contribuire alla ricerca che potrebbe aiutare a ricostruire l’economia del suo Paese. Un passo alla volta, c’è bisogno di tutti, perché la guerra non è ancora finita e per il momento è necessario sopravvivere. Ma poi bisognerà ripartire, ricostruire, studiare, giocare e smettere di morire.