Trentasette e quarantatré non sono solo dei numeri, non per l’ex presidente degli Stati Uniti Donald J. Trump, ancora una volta sotto i riflettori proprio in questi giorni: sono rispettivamente i capi di accusa, che riguardano la violazione di sette leggi federali, nei confronti di Trump e la percentuale degli elettori repubblicani che sostengono ancora il tycoon. Perché nonostante lo scorso martedì Trump sia stato posto formalmente in stato di arresto, secondo l’ultimo sondaggio condotto da Reuters e Ipsos sulle ripercussioni degli ultimi eventi giudiziari pubblicato il 13 giugno, più di due elettori repubblicani su cinque lo sostengono per la nomina e tre quarti affermano che le accuse non hanno alcun impatto o rendono più probabile che sosterranno Trump nelle elezioni presidenziali del 2024. In una corsa alla Casa Bianca sempre più affollata, tra amici diventati nemici, esponenti della vecchia scuola conservatrice, un ex presidente incriminato e un ex vicepresidente che si è rifiutato di seguire l’onda del complotto del 2020, guardati a vista da un governatore già popolare che aspetta solo il suo vero momento di gloria.
Tutti i repubblicani che sognano la Casa Bianca – Le accuse contro Trump e il sostegno dei suoi
L’ultimo sondaggio Reuters-Ipsos mostra che la metà degli americani crede che le accuse formulate contro Trump siano politicamente motivate, ma dicono anche che le circostanze intorno a esse sono credibili: eppure il 43% dei repubblicani lo sostiene per la nomina presidenziale repubblicana, in leggero calo rispetto all’ultimo sondaggio di maggio ma mantenendo il suo vantaggio a due cifre sul governatore della Florida Ron DeSantis (22%), di recente entrato formalmente nella corsa presidenziale del 2024. Il 36% dei repubblicani si è detto più propenso a votare per Trump date le ultime accuse penali contro di lui, e il 41% afferma che le stesse non hanno alcun impatto sulla loro intenzione di votare. Il 62% degli americani crede che Trump abbia rimosso illegalmente documenti classificati dalla Casa Bianca e li abbia conservati a casa sua, ma il 34% degli americani afferma che il politico repubblicano è trattato ingiustamente rispetto a Joe Biden e Mike Pence (entrambi hanno trattenuto documenti nelle proprie abitazioni). La situazione dell’attuale presidente statunitense e dell’ex vice sono però diverse da quella di Trump: martedì 13 giugno il 45° inquilino della Casa Bianca è stato incriminato in un tribunale di Miami, in Florida, per aver conservato nella propria villa di Mar-a-Lago, sempre nello Stato governato da Ron DeSantis, alcuni documenti governativi riservati che risalgono al periodo di presidenza e che contengono informazioni su armi nucleari, piani militari e intelligence. I trentasette capi d’accusa per cui Trump è stato incriminato includono: conservazione non autorizzata di informazioni sulla difesa, cospirazione per ostacolare la giustizia, occultamento di documenti governativi, complotto per nascondere informazioni alle autorità e false dichiarazioni al governo. Nel particolare, trentuno sono legati all’aver portato via dalla Casa Bianca documenti che andavano consegnati ai National Archives, gli Archivi di Stato; cinque riguardano il tentativo di ostacolare la giustizia e trattenere documenti riservati, e due sono relativi a false dichiarazioni rese alla FBI dallo stesso Trump e dal suo assistente personale Walt Nauta. Proprio quest’ultimo, avrebbe aiutato Trump a nascondere documenti riservati e informazioni: contro di lui capi di accusa sono sei. Entrambi si sono dichiarati non colpevoli.
Tutti i repubblicani che sognano la Casa Bianca – Chi sono i candidati
Dopo Trump e DeSantis, tra i volti in gara c’è uno dei nuovi nemici dell’ex presidente, suo vice e fedele sostenitore per quasi quattro anni, Mike Pence. Le strade con Donald Trump si dividono però il 6 gennaio 2021, il giorno dell’assalto a Capitol Hill quando Pence, allora presidente del Congresso, si rifiutò di bloccare la proclamazione di Joe Biden, vincitore delle presidenziali del 2020. Per Trump e i suoi sostenitori è già il “grande traditore” e se dovesse riuscire a sopravvivere ai primi caucus e alle primarie come candidato prescelto del piccolo ma vero blocco contro Trump del Partito Repubblicano potrebbe avere una chance per convincere gli elettori a sceglierlo. “Tempi diversi richiedono una diversa leadership – ha detto nel video di lancio della sua campagna –. Il nostro partito e il nostro Paese oggi hanno bisogno che faccia appello, come disse Lincoln, ai migliori angeli della nostra natura”. Tra chi promette di contrapporsi a Trump c’è anche Chris Christie, ex governatore del New Jersey che aveva già provato a puntare alla nomina nel 2016, senza ottenere però un gran successo. A sfidare il 45° presidente degli Stati Uniti vorrebbe esserci anche Tim Scott, il più importante esponente afroamericano del Grand Old Party e primo senatore nero della Carolina del Sud, così come la governatrice dal 2011 al 2017 Nikki Haley, 51 anni, ex rappresentante degli Usa alle Nazioni Unite; è la donna politicamente più esperta che può ambire alle primarie del partito. Per Doug Burgum, governatore del North Dakota, l’America ha bisogno di un nuovo leader per l’economia che cambia; e poi ancora Ryan Binkley, uomo d’affari texano, Larry Elder, conduttore radiofonico in California, l’avvocato Asa Hutchinson, membro del Congresso (e responsabile dell’impeachment di Bill Clinton), amministratore della DEA e governatore dell’Arkansas per due mandati, il giovane investitore ed ex amministratore delegato di una casa farmaceutica Vivek Ramaswamy, Perry Johnson, squalificato alle primarie del 2022 per firme false. E infine, Francis Suarez, il sindaco di Miami che si aggiunge a un già affollato campo di candidati della Florida, e non solo.
Tutti i repubblicani che sognano la Casa Bianca – DeSantis versus Trump
Una volta, non molto tempo fa, posavano sorridenti accanto alle rispettive mogli, Donald J. Trump e Ronald Dion DeSantis, l’ex presidente degli Stati Uniti e l’attuale governatore della Florida, 77 anni appena compiuti il primo, quasi 45 il secondo. I titoli di coda dell’amicizia tra i due è però arrivata ben prima dell’annuncio, su Twitter, della candidatura di DeSantis lo scorso 24 maggio, quando già a inizio 2022 Trump si aspettava un passo indietro da parte del governatore repubblicano alle presidenziali del 2024. Un aiuto, quello di Trump a DeSantis, che nessuno avrebbe mai visto prima, aveva dichiarato in una intervista lo scorso anno lo stesso Trump. Solo nel 2018 uno dei messaggi pubblicitari di DeSantis sembrava scritto proprio da Donald Trump: “Costruisci il muro – dice un sorridente Ron mentre gioca con sua figlia Madison, allora di quasi 2 anni, nella loro casa in Florida –. Poi, il signor Trump ha detto: ‘Sei licenziato’”, continua mentre tiene in braccio il figlio neonato Mason insieme al libro di Trump “The Art of the Deal” (L’arte di fare affari). “La gente dice che Ron è tutto Trump. Ma lui è molto di più”, scherza la moglie Casey prima che lo schermo passi a un’inquadratura di Mason sdraiato in una culla con una tutina rossa con su scritto, “Make America Great Again”. Qualche anno più tardi, a poco più di un anno dalle elezioni presidenziali, il ‘nuovo’ slogan recita “Great American comeback” (“Il grande ritorno americano”), tra la promessa di costruire il muro al confine meridionale con il Messico, uno dei cavalli di battaglia di Trump, e quella che il 20 gennaio 2025 sarà lui a giurare come 47° presidente degli Stati Uniti. In una corsa tutt’altro che scontata.
(foto copertina LaPresse)