Metropoliz, il museo abitato da proteggere

La prima volta che rischiai lo sgombero avevo dieci anni, c’era la polizia fuori che provava ad entrare e noi siamo saliti tutti sulla torre più alta per proteggerci. Quella paura mi è rimasta per diversi anni, andavo a scuola con il terrore di essere prelevata dalla classe e di non tornare più”. Gina ha vent’anni e studia Ingegneria Meccanica all’Università La Sapienza di Roma, da quando ne aveva sei vive nello stabile di via Prenestina 913 a Roma, un luogo che nel tempo è diventato centro di arte, di condivisione sociale, di lotta politica. Museo dell’Altro e dell’Altrove, conosciuto anche col nome di Metropoliz, è un’esperienza unica nel suo genere, è un museo abitato in un ex fabbrica di salumi. La storia del Metropoliz ha inizio con l’arrivo di quelle stesse persone che ancora oggi lo abitano. Circa 70 nuclei familiari, 200 persone in tutto, che nel 2009 hanno tolto i sigilli dell’entrata principale che affaccia sulla strada e hanno occupato lo stabile in disuso da anni. Da quel momento in poi lo spettro dello sgombero non ha mai lasciato in pace questo posto ma, dal 27 marzo scorso, la sua minaccia è diventata reale. Quel giorno si celebrava il quattordicesimo compleanno del MAAM e gli abitanti del museo vengono a conoscenza, tramite giornali, che presso il Tribunale Civile di Roma è stata depositata una sentenza con la quale si condanna lo Stato a versare alla proprietaria CA.SA del gruppo Salini Impregilo (oggi Webuild) – società specializzata nelle costruzioni – un nuovo risarcimento di 6,7 milioni di euro per il mancato sgombero, più un indennizzo mensile di oltre 58 mila euro per ogni mese di sfratto non eseguito, con effetto retroattivo al luglio del 2022. Questi importi vanno ad aggiungersi a 27,9 milioni di euro per cui lo Stato è già stato condannato in favore del proprietario in virtù di una precedente decisione, sempre del Tribunale di Roma, del 2018. Una cifra esorbitante di oltre 35 milioni di euro, decisamente più alta della iniziale somma di acquisto con la quale, nel 2003, la società privata comprò la ex fabbrica di salumi Fiorucci ad un prezzo di 6,85 milioni di euro. In risposta all’emissione della sentenza il Ministero dell’Interno ha dato 60 giorni di tempo al Comune di Roma per trovare una soluzione, in assenza della quale si prevede lo sgombero delle famiglie e la fine della storia del museo abitato.

Metropoliz, il museo abitato da proteggere
Museo Metropoliz (foto LaPresse)

Metropoliz, il museo abitato da proteggere – Abitare e arte insieme

Il Metropoliz ha rappresentato nel corso degli ultimi 14 anni un’alternativa alle carenze abitative della città di Roma, una “casa collettiva” e museo autogestito nel vecchio salumificio abbandonato nel 1978, in questo quadrante est nel quartiere di Tor Sapienza. “Questa è una specie di mosaico, un’opera collettiva, dove ogni artista si collega all’altro, c’è una contaminazione continua e per me è un’opera unica dove ognuno arriva e contribuisce con la sua arte ad uno spazio comune”, racconta Giorgio De Finis (già direttore del MACRO di Roma) che dal 2011 ha reso questo posto la casa del Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz Città Meticcia, divenendone il curatore artistico. Oltre seicento opere di arte contemporanea di cinquecento artisti locali e internazionali che, negli anni, hanno consegnato parte della loro espressione creativa alla periferia, inglobando nella loro visione della realtà urbana. De Finis è un antropologo che nel tempo ha dedicato il suo studio e le sue ricerche al contesto urbano in relazione all’umano: “Roma è una città a macchia di leopardo, ci giriamo intorno girando in auto, ma non conosciamo tante delle realtà che la compongono. A Roma ci sono 100 occupazioni abitative, una città che vive nella perenne emergenza legata all’abitare, c’è questa forbice tra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri. Una città che sta andando in una direzione sempre più divisiva”.  Dal 2009 De Finis ha preso parte alla lotta politica, sociale e culturale del Metropoliz, ha dato vita ad un microcosmo in continua evoluzione; “La prima opera realizzata fu la ludoteca, chiamai l’artista Veronica Montanino per avere tracce della sua arte sui muri della stanza”. Dopo di lei iniziò un flusso continuo, un viaggio artistico nel quale il MAAM rappresentava una tappa fondamentale per chi volesse sperimentare qualcosa di nuovo, a stretto contatto con una componente sociale vivente nel museo stesso.

Metropoliz, il museo abitato da proteggere – La crisi abitativa della Capitale

Il diritto all’abitare è una questione politica e, questo, è un principio indissolubile per chiunque si ritiene parte attiva nel rivendicarlo, vivendo o attraversando questo spazio urbano. “Per me fare parte di questo posto e di questa lotta politica è stato un passaggio doveroso”, con queste parole inizia a raccontarsi Margherita Grazioli, del Movimento per il Diritto all’Abitare di Roma. “Mi sono occupata del diritto all’abitare come tema di ricerca per il dottorato. Ho scelto di scrivere di questo luogo e del suo quartiere partendo dal punto di vista di chi lo abita. Ho deciso di vivere da vicino gli sviluppi di questo spazio e non relegare il tempo a un determinato periodo di ricerca accademica”. Grazioli ripercorre la storia del Metropoliz, racconta di un museo che nasce con l’intento di essere un meccanismo di tutela del diritto all’abitare. “Aprirsi piuttosto che chiudersi al mondo”, dice Grazioli, “anche perché da sempre si aveva la consapevolezza di doversi scontrare con un colosso come Salini, una società che fattura miliardi di euro all’anno”. Roma ha un problema con le case e questa non è una novità. Si continua a parlare di “emergenza abitativa” quando, oramai, la cronicità della questione dovrebbe far parlare di “crisi abitativa”. A Roma sono circa 14mila le famiglie in graduatoria per ottenere un alloggio popolare e, secondo l’Unione inquilini, ne vengono assegnate tra le 150 e le 200 all’anno. Su un milione e 117mila appartamenti censiti a Roma, oltre il 14% è vuoto, disabitato e sfitto. “Qui al Metropoliz la situazione ha iniziato a complicarsi dal 2018, quando venne la settima sezione del Tribunale Civile di Roma a emettere la prima sentenza a favore di Salini, con risarcimento di 27,9 milioni di euro per il mancato sgombero di questa area. Da quel momento il Metropoliz venne messo in cima alla lista degli sgomberi stilata dalla Prefettura di Roma”, racconta Grazioli. Quello sgombero sempre sulla soglia della porta, però, non si concretizzò mai, anche e soprattutto grazie all’anima artistica dello spazio. “Risultava sconveniente per la politica sgomberare un museo abitato, che già all’epoca aveva visto passare 500 artisti”. Da quell’anno ne seguiranno altri di grande mobilitazione popolare contro l’inasprimento delle politiche comunali, fino ad arrivare all’ultima grande manifestazione che si è tenuta a Roma ad aprile sotto il nome di ‘Not For Sale’. “Eravamo in migliaia in strada, abitanti del MAAM, cittadini e cittadine che vivono in altre occupazioni ed altri che sono in attesa di essere collocati in abitazioni popolari”, ricorda Grazioli.

Metropoliz, il museo abitato da proteggere – Il piano del Comune di Roma

Quel termine dei 60 giorni, richiesti dal Ministero al Comune di Roma, sono scaduti da circa un mese, ma non è ancora chiaro cosa ne sarà del Metropoliz. “Questa volta siamo fiduciosi”, afferma De Finis, “questa amministrazione comunale sembra avere una soluzione che rispetti sia l’aspetto abitativo che quello museale del MAAM”. Nel Piano Strategico per l’Abitare del Comune di Roma, infatti, l’attuale amministrazione guidata dal sindaco Roberto Gualtieri prevede la possibilità di valutare la fattibilità di una acquisizione del Metropoliz. Per Grazioli questa eventuale decisione del Comune rappresenterebbe un passo importante per la città di Roma; “La direzione che sta prendendo Roma è quella di una perdita di identità e cura collettiva, con un centro storico che è in mano agli affitti brevi e una periferia che ne è sempre più coinvolta, togliendo così spazi alle migliaia di persone che nella capitale attendono da anni di ottenere un alloggio popolare. Noi continueremo a tenere vivo questo spazio, monitorare i passaggi e immaginare che tipo di progetto potrebbe rappresentare una soluzione di questo tipo”. Per gli abitanti del MAAM e per tutti coloro che condividono questa lotta politica, l’acquisizione da parte del pubblico non è finalizzata soltanto a salvaguardare ciò che è nato in questa ex fabbrica e ciò che hanno costruito nel tempo le 200 persone che la abitano, ma diventerebbe qualcosa di molto più incisivo; “Questo posto, per noi, potrebbe dare un alloggio a chi è là fuori in attesa. Abbiamo spazio per altre famiglie e bisognerebbe solo renderlo abitabile, come già hanno fatto quelle residenti qui. Non esiste un museo senza le famiglie. Queste persone vogliono rimanere qui perché il MAAM non è tale se non è sia museo che casa. Il Metropoliz è un’esperienza da custodire”.

Metropoliz, il museo abitato da proteggere
Museo Metropoliz (foto LaPresse)

A giugno, a Roma, inizia a fare molto caldo, ma nelle grandi stanze del MAAM l’aria risulta ancora fresca. Sono spazi grandi, pensati per stipare gli animali da allevamento. Gina si aggira tra le opere artistiche, racconta della sua infanzia e adolescenza in questo posto con un po’ di nostalgia nel tono della voce; “Qui dentro ho fatto tutto, ho perso il mio primo dente, ho imparato ad andare in bicicletta e ho festeggiato i miei 18 anni. Forse in futuro non vivrò più qui ma la mia e la nostra battaglia non può fermarsi ora”. Tra le sculture, le installazioni e le opere disegnate sui muri, Gina si muove conoscendo a memoria ogni angolo esterno ed interno. Per lei il concetto di “casa” è un qualcosa che muta nel tempo; “Casa per me è sempre stato un concetto dinamico, la paura costante dello sgombero mi accompagnava ogni giorno. Da piccola mi vergognavo di questo posto, non volevo raccontare la mia storia e far sapere che vivevo in un luogo occupato. Poi, crescendo, ho imparato a sentirmi talmente parte del Metropoliz e della sua comunità che non potevo più nasconderlo. Da quel momento non è stato più un segreto, da quel momento questo posto è diventato casa mia”. C’è una metafora che rappresenta tutto ciò che rende vivo e illuminato questo luogo, la racconta spesso De Finis ogni volta che gli viene chiesto cosa rappresenta per lui il MAAM e cosa potrebbe accadere in caso di sgombero definitivo. “Questa, fino ad ora, è stata una grande nave pirata, con un grande carico di tesoro nella stiva. Se la nave verrà affondata, affonderà anche il suo tesoro. Questo miracolo di periferia non può morire in una città come Roma”.

(foto copertina LaPresse)

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