Le nostre interviste, Alessandro Cattelan

Voleva fare il calciatore, lo ha fatto. Il cantante, anche. Poi, non contento, è diventato conduttore televisivo e radiofonico, veejay, scrittore, editore e papà. Se è vero che i gatti hanno sette vite, Alessandro Cattelan ne ha almeno dieci. Classe 1980, originario di Tortona, in provincia di Alessandria, ma milanese d’adozione. Gli esordi sono nel 1987 come giurato dello Zecchino d’Oro, da lì trentasei anni di “tanta gavetta” che lo portano alla guida di Most Wanted e TRL su MTV Italia, a far parte del cast di Quelli che il calcio e… con Simona Ventura e, nel 2011, a Sky. Un idillio, quello con la piattaforma, durato fino al 10 dicembre 2020, quando, durante l’ultima puntata della quattordicesima edizione, Cattelan annuncia l’addio della conduzione di X Factor, suo monopolio indiscusso per dieci anni. Nel frattempo, quattro libri (Ma la vita è un’altra cosa, Zone rigide, Quando vieni a prendermi?, Emma libera tutti!), due talk-show (E poi c’è Cattelan e Stasera c’è Cattelan), due figlie, una casa editrice (Accento Edizioni), uno spettacolo teatrale e una serie tv su Netflix, Alessandro Cattelan: Una semplice domanda.

Le nostre interviste, Alessandro Cattelan

Come è stato fare l’autore e l’interprete di una serie televisiva?

“È venuto tutto in maniera naturale, non c’è stato neanche il tempo di rifletterci. Mi piace molto il fatto che la serie sia disponibile su una piattaforma come Netflix e che quindi le persone la possano guardare quando più ne hanno voglia. C’è gente, infatti, che ancora la sta scoprendo e che mi scrive che l’ha apprezzata molto, che è toccante. Questo è molto bello, anche perché, rispetto ai programmi televisivi, che tendono a essere il frutto di più teste, questo è un prodotto davvero personale”.

Che poi, tutto nasce da una semplice domanda di tua figlia…

“Stavamo guardando le stelle una sera, era il periodo di San Lorenzo. A un certo punto mi ha chiesto che cosa desiderassi. Io di solito desidero cose stupide quando guardo le stelle, ma lì per lì mi è venuto da fare il padre dei telefilm americani: “Io desidero la tua felicità”, le ho detto. E lei, giustamente, mi ha chiesto: “Ok, quindi come si fa?”. Non trovavo una risposta, ero consapevole fosse una domanda su cui già si era ragionato tanto, ma ho pensato che sarebbe stato divertente provare a innescare una mia riflessione sul tema”.

Quali sono le differenze tra Stasera c’è Cattelan (2022) ed E poi c’è Cattelan (2014)?

“Il punto di partenza è lo stesso, tanto che Stasera c’è Cattelan doveva intitolarsi E poi c’è Cattelan. All’inizio, avendo cambiato broadcaster [E poi c’è Cattelan è un prodotto Sky, Stasera c’è Cattelan Rai, n.d.r.], abbiamo dovuto prendere le misure, ora siamo riusciti a trovare la chiave giusta, anche se lo spirito è rimasto lo stesso. Stasera c’è Cattelan sta andando bene sia in televisione che sui social. Fin dai tempi di Sky abbiamo sempre scritto le puntate in modo tale che poi potessero essere spacchettate in clip, cosicché ognuna fosse un pezzo d’intrattenimento dotato di vita propria nei giorni successivi alla messa in onda. Oggi queste clip raggiungono circa i 3 milioni di visualizzazioni online, che è esattamente quello che cercavamo”.

In Una semplice domanda hai avuto come ospite Gianluca Vialli. Che ricordo hai di lui?

“Quando parlavi con lui ti rendevi conto di quanto fosse intelligente, a prescindere dall’avventura che ha dovuto affrontare. Ovviamente, eventi del genere [Vialli è morto il 6 gennaio 2023 dopo cinque anni di tumore al pancreas, n.d.r.] sono fatti di tanti momenti: anche lui ha avuto i suoi attimi di disperazione, ma poi è sempre riuscito a trovare la forza, a elevarsi, anche perché era una persona molto riflessiva. Tutto quello che mi ha detto è stato per me molto importante. Mi ha fatto piacere confrontarmi con lui su un argomento al quale ho iniziato a pensare solo quando ho avuto le bimbe, cioè la possibilità di morire. Parlarne con una persona che doveva pensare concretamente a questa eventualità mi ha fatto rivalutare tante mie convinzioni (che poi abbiamo un po’ tutti), come quella di sperare di morire senza accorgersene, magari nel sonno. Quando hai dei figli è più difficile pensarla in questo modo: l’idea di salutare le mie bambine come se nulla fosse, addormentarmi e poi non risvegliarmi lo vivrei come un tradimento quasi inaccettabile. Preferirei accollarmi la sofferenza di un percorso di malattia, purché mi lasci il tempo di dire o fare qualcosa. Lo so, è un pensiero irrazionale, però parlandone con Vialli ho scoperto che anche lui aveva vissuto questo cambiamento quando era diventato padre”.

Le nostre interviste, Alessandro Cattelan

Che padre è Alessandro Cattelan?

“Normale, con tutti gli errori che un papà può fare, sempre in buona fede. A volte mi chiedono che voto mi darei come padre, io rispondo “dieci” perché so di fare tutto quello che posso per cercare di essere effettivamente da dieci. Il che non significa che io lo sia davvero, ma credo che non debba diventare un’ossessione per nessun genitore. Bisogna mettere in conto che gli errori si possono fare”.

A ottobre 2022 hai fondato Accēnto Edizioni. Da dove nasce l’idea?

“Volevo confrontarmi con un lavoro diverso da quello che ero abituato a fare, che mi desse la possibilità di non dover pensare a me e che, invece, mi mettesse in condizione di diventare un elastico per altre persone. Inizialmente, infatti, volevo fondare una casa editrice che pubblicasse solo giovani. Poi ho ragionato sul fatto che essere giovani non è un valore di per sé, non vuol dire nulla. Quindi, abbiamo deciso di trasformare questo “giovani” in “esordienti”, persone che a prescindere dall’età non avevano avuto fino a quel momento l’opportunità di pubblicare un loro lavoro. È un’attività che implica un grande impegno di ricerca, di selezione, la fortuna è che in giro c’è tanta roba interessante. Il progetto al momento sta andando molto bene, la mia speranza è che da qui a diversi anni parleremo di Accēnto Edizioni come di una casa editrice affermata nel panorama editoriale italiano. Anche perché ho scoperto che mi piace molto mettermi al banchetto quando ci sono eventi dedicati ai libri”.

Dicevi che essere giovani non è un valore di per sé…

“No, ognuno ha dei valori, ma poi la differenza la fa sempre quello che hai da dire e questo vale per i sedicenni, i ventenni, i trentenni, fino a cento. L’età è qualcosa che capita, non è una scelta né una ricerca”.

Hai disputato i preliminari di Champions League con La Fiorita di San Marino. Cosa ti è rimasto più impresso di quel momento?

“La musichetta della Champions League quando esci dal tunnel è qualcosa di impagabile. Io ero in panchina, però ammetto che vedere i compagni che si caricano e caricarli io stesso, sentire gli avversari parlare una lingua straniera e tutto mentre di sottofondo c’è quella canzone…ti fa sentire un calciatore vero, almeno per una sera. D’altronde, giocare a calcio a livello professionistico è sempre stato il sogno più grande della mia vita. Posso dire di averlo vissuto per una notte”.

Se potessi scegliere, faresti il calciatore o il presentatore?

“Il calciatore, senza dubbio”.

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Potresti un giorno essere il successore di Amadeus alla conduzione di Sanremo?

“Sono un razionale, abituato a pensare a quello che posso fare nell’immediato. Raramente faccio salti che vadano oltre l’anno prossimo, quindi non è una cosa alla quale sto pensando adesso. E in ogni caso, non credo proprio che Amadeus sia in fase calante, anzi”.

Dopo il successo del tour teatrale, concluso a dicembre, è ripartito Salutava sempre. Perché hai deciso di mettere in scena il tuo funerale?

“Stavo riflettendo con alcuni amici sul fatto che quando muori diventi improvvisamente amato da tutti, anche da quelli che ti odiavano quando eri vivo. E ci siamo detti che forse l’unico modo per deridere quest’ipocrisia e al tempo stesso mettersi al riparo dalle critiche è farlo da morto”.

Che rapporto hai con le critiche?

“Cerco di non farci troppo caso, come cerco di non far troppo caso ai complimenti. Viviamo in un’epoca in cui si esagera e spesso si vuole essere incisivi prima ancora che razionali: o sei un genio o sei un cretino, non c’è mai una via di mezzo. Le critiche fanno parte del gioco, mi dispiace solo quando vengono fatte con spocchia da chi si crede più intelligente di quello che è. Le persone così mi fanno arrabbiare, anche perché sono tentato di rispondergli, ma poi finisco per evitare di farlo”.

E con i complimenti?

“Ognuno ha la sua bolla all’interno della quale è il re del mondo, io cerco di non credere che quella sia la verità. Esattamente come, a volte, bastano quattro critiche per farti sentire la persona più odiata del pianeta, quando in realtà per strada a nessuno frega nulla di te. Cerco di bilanciare”.

Alessandro, ti faccio una semplice domanda: che cos’è la felicità?

“Non mi sono mai neanche illuso che un giorno sarei arrivato a capirlo. Nessuno può trovare una risposta, anzi è molto presuntuoso pensare il contrario”.

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