Il Muro del Doping, parte III

Doping, corruzione sportiva, malattie, vittorie ottenute e ripagate con danni enormi nel corso degli anni. O meglio, una serie di successi immeritati, conquistati grazie all’uso di sostanze vietate, che hanno portato diversi atleti tedeschi ad ammalarsi irrimediabilmente. È questo, su per giù, quello che è accaduto nell’ex Germania dell’Est a ridosso degli anni Ottanta. Noi de il Millimetro lo abbiamo già raccontato in un paio di appuntamenti, con testimonianze dirette e retroscena mai svelati. Continueremo a farlo per altre due puntate (compresa questa), dove vi parleremo anche di chi ha combattuto il fenomeno con tutte le sue forze, lasciando testi illuminanti e contrastando il sistema giudiziario tedesco, troppo spesso assente davanti a fatti eclatanti. Stiamo definendo il profilo di Werner Franke, tra i massimi scienziati ed esperti in tema di doping e lotte legali per tutelare gli atleti, scomparso all’età di 82 anni lo scorso novembre. Una vita passata al fianco di chi è stato ingannato a sua insaputa, sempre supportato dalla moglie Brigitte Berendonk: insieme hanno sostenuto centinaia di ragazzi, aiutandoli a “resistere sempre alle pressioni di allenatori, funzionari sportivi e datori di lavoro” e convincendoli “che la salute del proprio fisico viene prima di qualsiasi trionfo”. “Werner Franke è stato uno dei migliori biologi molecolari e ricercatori sul cancro al mondo”, assicura chi ha avuto il privilegio di conoscerlo o lavorarci assieme.

Il Muro del Doping – “Il mondo vuole essere ingannato”

Lo dicono chiaramente nel loro libro “Doping Documents – From Research to Fraud”, Werner Franke e la moglie Brigitte Berendonk (ex atleta tedesca), citando Papa Paolo IV. Una macchia nera per la storia della Germania, fatta passare come un processo sistematico: ciò è stato possibile attraverso persone che lavoravano nella ricerca, fornendo sostanze dopanti, monetizzando la loro conoscenza e ampliando la loro spregiudicatezza: “I cosiddetti medici che continuavano a sussurrare nuove preparazioni agli atleti, rischiavano effetti collaterali dannosi contro ogni etica medica e guidavano sistematicamente i loro soggetti attraverso il loro doping”. Pericardite cronica, infiammazione del fegato, cancro al seno, mascolinizzazione, sono alcune delle patologie accusate da tantissimi sportivi tedeschi, etichettati a vita per delle decisioni altrui. Werner Franke era uno che ascoltava i suoi assistiti, provava a tranquillizzarli, cercava sempre di trovare una soluzione che portasse a dei risultati concreti. E tutto questo lo gestiva parallelamente alla ricerca meticolosa, anche cospiratoria, dei “documenti antidoping” sulle frodi nella DDR e nella RFG (a partire dal 1990): il suo obiettivo è sempre stato quello di smascherare le strutture criminali, chiarire le loro posizioni e consegnare i colpevoli alla giustizia. “Ci furono troppo lacrime di coccodrillo quando morì Birgit Dressel”, disse Werner Franke in una delle sue ultime interviste. Molti talenti, all’inizio delle loro carriere, si buttarono nel circo dell’atletica.

Il Muro del Doping, parte III

Una giungla vera e propria. Nessuno si preoccupava realmente se un allenatore impartisse delle indicazioni su preparazioni misteriose o se un arbitro sorvolasse su leggi e regole fondamentali per i principi dello sport. E nemmeno quando la Dressel se ne andò nel 1987 a causa del doping, nessuno decise di affrontare il problema alla radice, indicando colpevoli e cercando di rimediare all’irrimediabile. Werner Franke, in seguito, disse che Birgit avrebbe potuto sopravvivere all’insufficienza multiorgano se i suoi medici avessero saputo che assumeva steroidi anabolizzanti. Il dottore di cui si fidava era Armin Klümper, il “guru” della Clinica Mooswald di Friburgo, che quotidianamente sussurrava ai suoi pazienti: “Se vuoi drogarti, vieni da me. So cosa sto facendo”. Lo stesso Klümper, come se non fosse accaduto nulla, pochi giorni dopo disse così: “Se Birgit avesse preso solo quello che le ho dato, sarebbe ancora viva”. Arroganza, follia, la Germania dell’Est. Soltanto dopo, alcuni atleti, capirono il perché dei continui richiami all’antidoping: a quei tempi infatti le federazioni venivano avvisate dell’eventuale arrivo degli ispettori nelle rispettive sedi di appartenenza. E in quel periodo sospendevano le sostanze in grado di alterare i valori del corpo.

Il Muro del Doping – Segreti nascosti e conseguenze scontate

Tutti erano consapevoli, tutti sapevano, nessuno si tirava indietro. Il doping nascosto, in certi casi sì, in altri invece somministrato alla luce del sole. Accadeva questo e accadrà ancora in qualche parte del mondo, in pochi ne parlano con chiarezza e convinzione. Nel 1986 ai Mondiali Juniores di Atene, le due squadre nazionali della RFG e della RDT si incontrarono addirittura di nascosto in una stanza di hotel per pianificare sostanze e dosaggi da usare per il prossimo impegno. Una pazzia legalizzata da tutti, senza che qualcuno si scandalizzasse più di tanto. La superstar dell’est Katrin Krabbe, che divenne in seguito campionessa del mondo sui 100 e 200 metri e che partecipò da protagonista a questa riunione segreta, fu bandita nel 1992 per aver barato sugli steroidi anabolizzanti. E in più costretta a risarcire lo Stato tedesco con una cifra fuori da ogni logica: “Quando mi scomparve quasi del tutto il seno, pensai: guarda come sto lavorando bene in palestra”, disse la Krabbe. Ma non era esattamente questo il motivo.

Il Muro del Doping, parte III

Tutto ruotava intorno all’efficacia dell’Oral-Turinabol (il 4-clorodeidrometiltestosterone), che le aziende misero a punto a metà degli anni Sessanta, quando erano ancora delle piccole compagnie con 40 dipendenti. Sarebbero arrivati a produrne cinque tonnellate all’anno. Alla fine degli anni Ottanta, il fatturato della Jenapharm, per esempio, aveva superato i 250 milioni di marchi, circa 150 milioni di euro l’anno. Adesso un sito (jenapharm.de), sotto la triplice forza pubblicitariamente evocativa di “amore, vita e salute” propaganda prodotti contro l’invecchiamento. Oggi però tutte le speranze rimangono appese a quello che un grande scienziato ha provato a testimoniare nell’arco della sua esistenza: il mondo ha perso un professore e un uomo per bene, sempre dalla parte della giustizia, Werner Franke. Uno di quelli che ha combattuto per una vita intera contro il doping, a favore dello sport sano, ottenendo dei risultati inimmaginabili ai nastri di partenza.  

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