Un po’ di chiarezza sul “Co-Living”

Vi saranno capitati, in queste settimane, i diversi titoli delle più grandi testate sul fenomeno del “co-living”, descrivendo l’ennesimo stadio della crisi degli affitti a Milano. Anche se le cose non stanno esattamente così

Ma intanto, cos’è il Co-Living?

Il co-living è una moderna forma di vita in cui si affitta una stanza o un appartamento all’interno di una proprietà comune, usufruendo di servizi e attività condivisi, progettati per promuovere un senso di comunità e di appartenenza.

27 persone in una sola stanza e due soli bidet! Questa è più o meno la notizia che è passata dai giornali, senza specificare però che ognuno degli inquilini abbia una propria stanza e che ad esse siano collegate diversi comfort degni di nota.

Tutti insieme appassionatamente, insomma, se non fosse che i giornali l’hanno spacciata per una soluzione adatta alle fasce di reddito più basse.

Per come proposto e per come la popolazione percepisce il caro affitti a Milano, il messaggio che è passato è che alla modica cifra di 1400€ si raccogliessero ben 27 individui.

La verità è che tale cifra riguarda ogni singolo inquilino per la propria stanza e l’esperienza interculturale che l’iniziativa dell’azienda belga “Cohabs” propone.

Quella del co-living è una soluzione proposta dall’azienda belga Cohabs con l’intento di fornire un’esperienza immersiva e interculturale nelle grandi città, grazie a dei veri e propri residence in cui condividere spazi con persone da tutto il mondo.

Risulta evidente che pagare 1400€ per una stanza e diversi spazi in comune come sale tv, lavanderie e palestre disperse in 700 metri quadri di palazzo Liberty non è esattamente sinonimo di precarietà ma di agiatezza economica.

Il focus della questione rimane sempre lo stesso: massimizzare i ricavi da ogni singolo metro quadro di immobile sta diventando un’ossessione oltre che tossico.

Con la legge di conversione del Decreto Salva Case, infatti, numerose abitazioni verranno riabilitate grazie a parametri e metrature decisamente meno stringenti.

Le norme in vigore prima del decreto prevedevano che per essere dichiarato abitabile, un monolocale dovesse avere un’altezza dei soffitti di almeno 2,70 metri e una metratura di almeno 28 metri quadri di superficie netta, esclusi box e balconi, che salgono a 38 nel caso di un bilocale.

La misura votata dalla maggioranza porta da 2,70 a 2,40 metri l’altezza minima interna, mentre la superficie minima per i monolocali per una persona scende a 20 metri quadri, per due persone a 28 metri quadri.

A rimetterci sono i lavoratori e gli studenti fuorisede e i giovani in generale, impossibilitati a trovare indipendenza economica e fisica dal momento in cui il mercato delle case in affitto continua a lucrare sopra degli immobili invivibili con la sola scusa di trovarsi a Milano.

(Edoardo Galassi)

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