Recentemente, la Camera dei Deputati ha approvato una risoluzione presentata dall’onorevole Rossano Sasso (Lega) che vieta l’insegnamento della cosiddetta “teoria gender” nelle scuole italiane. Il provvedimento, pur vietando un concetto di fatto inesistente in ambito accademico, vuole impedire la trattazione di tematiche legate all’identità di genere e alla fluidità di genere nell’ambito scolastico.
Nonostante la “teoria gender” non abbia alcun fondamento scientifico specifico, è diventata un termine di battaglia per diversi gruppi politici e sociali che vedono nell’educazione alle diversità di genere un possibile pericolo per la morale tradizionale.
In particolare, la risoluzione pone l’accento sul bisogno di preservare l’educazione basata su valori ritenuti “naturali”, come l’identità di genere determinata dal sesso biologico. I sostenitori della misura affermano che essa proteggerà i bambini da influenze “ideologiche” che potrebbero confonderli su temi riguardanti la sessualità e l’identità di genere. Allo stesso tempo, impedirebbe un’educazione che promuova la “fluidità di genere”, concetto secondo cui il genere non è un dato fisso ma una costruzione sociale che può variare nel tempo.
Le critiche, però, non si sono fatte attendere. Molti esperti e attivisti per i diritti civili sottolineano come il provvedimento possa limitare la libertà educativa e negare una corretta informazione sui temi dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale, che potrebbero aiutare a contrastare fenomeni di discriminazione e bullismo. Alcuni temono che il divieto della “teoria gender” rappresenti un attacco ai diritti delle persone LGBTQ+, frenando la creazione di un ambiente scolastico inclusivo e sicuro per tutti gli studenti, indipendentemente dalla loro identità o orientamento.
In questo clima di polarizzazione, la risoluzione Sasso ha riacceso il dibattito su cosa debba essere insegnato nelle scuole italiane, dividendo l’opinione pubblica tra chi ritiene necessario difendere i bambini da una presunta “indottrinazione” e chi, invece, chiede un’educazione più aperta e inclusiva, capace di riflettere la complessità della società contemporanea.
(Federico Brignacca)