Quanti morti sul lavoro in un solo anno?

Uomini e donne usciti per andare al lavoro e mai più tornati a casa. Oltre 17 mila morti dal 2009. Più di 909 dall’inizio dell’anno, quasi 3 decessi al giorno. E non si tratta di numeri, ma di persone che avevano una vita, una famiglia e sogni per il futuro. Avevano mogli, mariti, madri, padri, figli e fratelli che li aspettavano a casa. In vano. Bambini rimasti orfani, moglie rimaste vedove, genitori che hanno dovuto assistere alla perdita del figlio. E per cosa? Per uno stipendio. A volte neanche per quello.

Morti sul lavoro – Nydiaye, Lorenzo e gli altri

Si chiamava Ndiaye Massamba, l’operaio di origine senegalese, morto il 9 dicembre cadendo da un muletto in una azienda di Gatteo, nel Cesenate. A indicare le sue generalità – in una nota – è il sindacato Si Cobas secondo cui l’uomo “in questo periodo si stava preparando per andare in ferie nel suo Paese”. Paese dove non tonerà più e dove lo aspettavano una moglie e tre figli piccoli. E prima di lui è toccato a un operaio di 62 anni morto in una cava a Bedizzole, in provincia di Brescia. Qualche giorno prima ha perso la vita un ragazzo di 30 anni: è caduto dal tetto di un capannone a Bologna. Prima ancora una donna di 50 anni è morta incastrata tra un nastro trasportatore e un macchinario per movimentare i bancali dei prodotti, durante il turno di notte. È accaduto in una vetreria di Borgonovo, in provincia di Piacenza. Spesso di questi lavoratori non si sanno neppure i nomi. E sono solo gli ultimi di una orrenda lista che si allunga ogni giorno di più, anno per anno. E non bisogna dimenticare che – spesso – a morire sono anche gli stagisti, come Lorenzo Parelli. Aveva 18 anni quando il 21 gennaio di quest’anno è morto schiacciato da una trave d’acciaio, durante il suo ultimo giorno di stage in una ditta. Frequentava il Centro di formazione professionale dell’Istituto salesiano Bearzi di Udine. Come lui, nel 2022, altri due studenti sono stati vittime del lavoro: Giuseppe Lenoci, 16 anni, e Giuliano De Seta, 18 anni.

Quanti morti sul lavoro in un solo anno?

Morti sul lavoro – I dati Inail

Secondo i dati Inail tra gennaio e agosto 2022 c’è stata una media di quasi tre decessi al giorno. Le denunce di infortunio tra gennaio e ottobre sono state 595.569 (+32,9% rispetto allo stesso periodo del 2021). Aumentano anche le patologie di origine professionale denunciate all’Istituto che sono state 50.013 (+10,2%) e una altissima percentuale di irregolarità emersa dalle ispezioni. “Dobbiamo procedere nel sensibilizzare – commenta Franco Bettoni, presidente Inail – far rispettare le norme e creare una ‘cultura della sicurezza”.

E dell’osservatorio di Vega Engineering

Edilizia, attività manifatturiere e trasporti i settori più colpiti secondo l’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre. Nel settore delle costruzioni si registra il maggior numero di morti sul lavoro: 92 nei primi nove mesi del 2022. Seguono i trasporti e magazzinaggio, 85, e attività manifatturiere, 62. La fascia d’età più colpita è quella tra i 55 e i 64 anni. Anche a chiusura del primo semestre del 2022 – emerge dai dati – il decremento della mortalità complessivo rispetto al 2021 (-14 %), risulta essere fortemente “contaminato” dalla quasi totale assenza dei decessi per Covid nel 2022 rispetto al 2021. Lo scorso anno infatti, nel primo semestre, gli infortuni mortali per Covid erano 367 su 538. Quest’anno sono solo 11 su 463. Ciò significa che gli infortuni mortali “non Covid” sono passati dai 171 del 2021 ai 452 del 2022, con un eclatante e drammatico incremento del 164%. I numeri tornano quindi ai dati già visti negli anni prima della pandemia, come se nulla fosse cambiato. Mauro Rossato, Presidente dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre non ha dubbi: la tragedia delle morti sul lavoro nel nostro Paese non conosce la parola “fine”. Anzi la situazione quest’anno è addirittura peggiorata rispetto al 2021.

Morti sul lavoro – Le regioni “più pericolose”

L’Osservatorio poi, calcola anche il rischio reale di morte dei lavoratori regione per regione. Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Calabria e Molise le regioni sul “podio dell’insicurezza”, quelle che sono in zona rossa perché è qui che i lavoratori – nel primo semestre dell’anno – hanno rischiato maggiormente la propria vita. L’Osservatorio analizza infatti l’indice di incidenza della mortalità, cioè il rapporto degli infortuni mortali rispetto alla popolazione lavorativa regionale e provinciale, la cui media nei primi sei mesi dell’anno è di 15,2 decessi ogni milione di occupati. Questo indice consente di confrontare il fenomeno infortunistico anche tra regioni con un numero di lavoratori diverso. Sulla base dell’incidenza degli infortuni mortali, l’Osservatorio mestrino elabora mensilmente la zonizzazione del rischio di morte per i lavoratori del nostro Paese che viene così descritto – alla stregua della pandemia – dividendo l’Italia a colori.  A finire in zona rossa alla fine del primo semestre del 2022, con un’incidenza maggiore del 25% rispetto alla media nazionale (Im=Indice incidenza medio, pari a 15,2 ogni milione di lavoratori) sono: Valle D’Aosta, Trentino Alto Adige, Calabria e Molise. In zona arancione: Puglia, Toscana, Sicilia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte, Marche e Umbria. In zona gialla: Lombardia, Lazio, Campania e Abruzzo. In zona bianca: Sardegna, Basilicata, Liguria e Friuli Venezia Giulia. Dati che confermano come quella sulla sicurezza sul lavoro sia un’emergenza che non si può più ignorare.

Morti sul lavoro – La battaglia di Graziella

Lo chiedono soprattutto i familiari delle vittime. Come Graziella Marota, la madre di Andrea Gagliardoni, 23 enne morto nel 2006, schiacciato da un macchinario mentre era al lavoro. “Anche Andrea – racconta – è vittima di una politica del lavoro che non considera importante la cultura della sicurezza e non ha rispetto per la vita umana”. Andrea aveva solo 23 anni quando è morto con il cranio schiacciato da una macchina tampografica non a norma. Aveva tanti sogni e desideri per il suo futuro. “Anni fa – prosegue Graziella – ho cominciato una battaglia, ma ho riscontrato che in questo lungo periodo la situazione non è cambiata, anzi, peggiorata. Occorrerebbero insegnamenti in tema sicurezza già nelle scuole e più controlli nei luoghi di lavoro”. Un appello, che lei stessa dice di fare a nome di tutte “quelle famiglie che oggi si trovano a piangere un loro caro per il ‘Dio profitto’”.  “Fermiamo questa strage che serve solo a far arricchire gli imprenditori e a distruggere le famiglie! Ogni essere umano ha diritto alla propria vita: non si può perderla per mille euro al mese. Questo messaggio – ribadisce – lo rivolgo ai politici”. Ma Graziella non è l’unica, come lei centinaia e centinaia di famiglie sono state distrutte. Molte hanno dato vita ad organizzazioni e associazioni, spesso sostenute dei sindacati che proseguono le loro battaglie con scioperi e manifestazioni.

Quanti morti sul lavoro in un solo anno?

Morti sul lavoro – Gli appelli dei sindacati

Un appello alla politica arriva, appunto, anche dai sindacati. Per Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza Fiom Firenze, servirebbero “maggiori controlli da parte di Asl e Ispettorato Nazionale del Lavoro, un miglior coordinamento per i controlli da parte degli organi ispettivi (Asl, Ispettorato Nazionale del Lavoro, Inail)”. Fondamentale anche secondo lui “insegnare la sicurezza sul lavoro fin dalle scuole elementari, in modo da avere una maggiore cultura a riguardo”. Più controlli, più informazione, ma anche più giustizia. “Servirebbero anche pene più severe per i responsabili sulle morti perché spesso i processi vengono prescritti o si risolvono con pene irrisorie” conclude il sindacalista.

Morti sul lavoro – E la politica cosa fa?

Nel nostro Paese la sicurezza sul lavoro è una priorità non rimandabile. A ribadirlo è anche la ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, che il 25 novembre, intervenendo al Forum della ricerca “Made in Inail” ha indicato la necessità di rivedere il Testo unico sulla sicurezza del 2008. Una rivisitazione necessaria “per meglio orientarne l’applicazione reale e i controlli, intervenendo su casistiche e dimensioni aziendali” e per combattere “la piaga degli infortuni e dei morti sul lavoro con nuove e più efficaci risposte”. Ma modificare le norme non basta “se non si innesta su una corretta cultura della sicurezza” ha osservato Calderone, annunciando l’intenzione di aprire un “tavolo per definire una road map di interventi utili” a combattere il fenomeno. Parole che, si spera, si traducano presto in fatti. Nella speranza che il prossimo anno l’elenco sia solo una pagina bianca.

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