Tra Pac-Man ed E.T., la leggenda (reale) che ha portato al fallimento della storica compagnia statunitense
A tutti potrebbe essere capitato di comprare un costosissimo set LEGO per poi ritrovarselo in mezzo a pile di libri, documenti, soprammobili opinabili per poi decidere, dopo un’attenta valutazione della metratura quadrata della casa e della quantità di roba da stiparci dentro, che forse sarebbe stato il caso di buttarlo. Non è un dramma, d’altronde un po’ di decluttering di tanto in tanto è necessario.
Certo, non è la cosa più sostenibile del mondo e attirerete le ire degli ecologisti, ma tant’è. Mettiamo il caso, però, che voi abbiate comprato milioni di set LEGO e la situazione nella vostra abitazione sia andata completamente fuori controllo: mattoncini nella vasca da bagno, mattoncini nel bidet, mattoncini nelle scatole dei biscotti, sotto e sopra il letto. Dappertutto.
Buttare questa quantità di roba non è una cosa semplice. Ma perché questa premessa? Chi è il folle che compra migliaia, se non milioni di set LEGO, per poi valutare ex post la sua scelta come non particolarmente assennata e ritrovarsi dunque con un problema di smaltimento rifiuti paragonabile a quello della Città metropolitana di Roma?
Beh, nel 1983, la Atari Inc. si è trovata a dover gestire una situazione del genere. L’azienda americana produttrice di videogiochi aveva iniziato infatti a pubblicare una serie di giochi arcade sulle proprie console, specificatamente per la Atari 2600. Tra i giochi portati dai cabinati arcade alla console domestica c’era anche un titolo di grande successo, nonché forse uno dei videogiochi leggendari della storia: Pac-Man. La Atari era sicura che il port (la versione del gioco sviluppata per la nuova console) sarebbe stato un incredibile successo.
Prima dell’era digitale, i videogiochi, come quasi tutti gli altri media, erano commercializzati e fruiti principalmente su dispositivi fisici, nel caso della Atari cartucce di plastica.
Ebbene, convinta del grandissimo successo del titolo, Atari stampò ben 12 milioni di cartucce di Pac-Man, delle quali però solo 7 milioni furono effettivamente vendute. Cosa era andato storto?
Ci sono diverse teorie a riguardo. Un primo punto fondamentale è che la qualità dei port dell’Atari era discutibile, se non pessima; i giochi avevano infatti un gameplay approssimativo fortemente attaccato dalla critica di settore. A peggiorare la situazione, non solo molti utenti non acquistarono il titolo, ma molti altri chiesero addirittura un rimborso riconsegnando indietro la cartuccia ai rivenditori.
ET: un alieno molto poco fortunato
Purtroppo per la Atari, Pac-Man non fu l’unico flop dell’azienda in quel periodo. Ce ne furono diversi, a dire la verità, ma probabilmente il più noto e anche quello che ha a lungo alimentato la leggenda metropolitana riguardante il seppellimento di milioni di cartucce Atari nel deserto del New Mexico, è il tie-in (con questo termine ci si riferisce solitamente a titoli videoludici tratti da film o da altri media preesistenti) di E.T.
Si dà il caso che Warner Communications, azienda allora proprietaria della Atari, dopo il grande successo di un tie-in tratto da un altro film di Steven Spielber, I predatori dell’arca perduta, decise di acquistare i diritti del film E.T. L’extraterrestre, per l’esorbitante cifra di 20-25 milioni di dollari.
Il problema sorse nel momento in cui la Atari si accorse del fatto che il titolo doveva essere completato in sole 5 settimane affinché potesse uscire nell’immediato periodo delle vacanze. Il risultato fu disastroso. Molto, ma molto peggio di quella volta in cui avete provato a fare il ciambellone con l’olio di avocado. Gli sviluppatori probabilmente lavorarono 27 ore al giorno per provare a fare uscire qualcosa di decente e, spoiler, non ci andarono nemmeno lontanamente vicini.
Infatti, il gioco di E.T. dell’Atari è considerato dalla critica specializzata videoludica e anche da moltissimi appassionati come uno dei videogiochi più brutti della storia. Un gameplay estremamente noioso, se non veramente stupido, a tratti, una storia semi-incomprensibile, grafica datata anche per l’epoca e l’impossibilità di portarlo a termine(!) resero il tie-in di E.T. dell’Atari il peggiore flop dell’azienda sino a quel momento.
A peggiorare la situazione, c’era il fatto che Atari, convinta fino al 1982 di essere leader sul mercato videoludico e che la seguente sarebbe stata un’annata strepitosa a livello di ricavi, spinse i suoi distributori ad acquistare cartucce in massa. Inutile dire che i distributori invece si ritrovarono con decine, quando non centinaia, di migliaia di cartucce Atari che rispedirono prontamente al mittente. L’azienda americana si ritrovò dunque con una quantità esorbitante di cartucce invendute e chiaramente invendibili: da qualsiasi prospettiva la si volesse guardare la situazione era veramente disastrosa.
Ed ecco che emerge il nucleo di questa leggenda metropolitana che, solamente 30 anni dopo, si sarebbe rivelata (parzialmente) vera.
Infatti nel settembre ’83, l’Alamogordo Daily News di Alamogordo, Texas riportò che tra i 10 e i 20 tir carichi di materiale Atari avevano scaricato, distrutto e interrato in blocchi di cemento molte cartucce di scarto. Alcuni testimoni rilasciarono intervista al news service UPI sostenendo di aver visto delle copie del gioco di E:T: interrate nella discarica. La notizia fu ripresa qualche giorno più tardi, il 28 settembre del 1983, anche dal New York Times, che tuttavia non specificò quali fossero i materiali interrati e distrutti dall’Atari, anche se iniziò a diffondersi la voce che si trattava proprio di cartucce del gioco tratto dal film di Steven Spielberg.
Lo stesso giorno, il news service Knight Ridder riportò la notizia di alcuni bambini che erano andati a saccheggiare il sito del seppellimento, emergendone effettivamente con cartucce di diversi titoli Atari come Raiders of the lost Ark, Defender, Berzerk e, soprattutto, il gioco di E.T.
Questo grande fallimento dell’Atari è solitamente indicato come uno dei fattori scatenanti del grande crash dell’industria videoludica dell’83. Questo, sommato a questi insoliti movimenti di mezzi pesanti di proprietà dell’Atari nel deserto del New Mexico, alimentarono la nascita della leggenda di E.T. come gioco maledetto. Il gioco infatti avrebbe non solo distrutto e praticamente portato al fallimento l’Atari, ma sarebbe stato anche responsabile di un grande inquinamento sotterraneo del deserto americano al confine col Messico.
Insabbiamento a fine ludico: la verità su E.T.
Fino al 2014 nessuno avrebbe potuto rivelare con certezza cosa si trovasse sotto lo spesso e arido martello di terra argillosa di Alamogordo, nel deserto del New Mexico. Ma la leggenda ormai era impiantata nella testa e nel cuore di milioni di videogiocatori e appassionati in tutto il mondo, e, si sa, il mythos perdura e scava molto più a fondo della verità. La leggenda voleva che milioni e milioni di copie del maledetto gioco dell’extraterrestre fossero ormai finite nelle profondità abissali della terra, nutrendo come un distopico humus plastificato al silicio il terreno soprastante.
Nel maggio del 2013, Fuel Industries, un’azienda canadese attiva nel settore dell’intrattenimento, chiese alla città di Alamogordo di poter procedere con uno scavo sul sito di interramento dell’Atari dell’83, per produrre un film-documentario sulla vicenda intitolato: Atari: Game Over Xbox Entertainment Studios addirittura pensò di mettere in onda in esclusiva il documentario per le console Xbox 360 e Xbox One. Dopo vari problemi legali alla fine ottennero il via libera dalle autorità locali.
Il 26 Aprile 2014 iniziò lo scavo, tutta la procedura era stata strutturata come un vero e proprio evento aperto al pubblico. A presenziare c’erano niente di meno che Howard Scott Warshaw, designer del gioco incriminato di E.T., scrittori e registi come Ernest Cline e Zak Penn e James Heller, l’ex manager di Atari all’epoca incaricato del seppellimento dei titoli nel deserto. In quell’occasione, Heller dichiarò, contrariamente a quanto riportava la vulgata della leggenda metropolitana, che le cartucce insabbiate erano state circa 700.000 e non milioni.
Durante lo scavo vennero riportate alla luce solo 13.000 delle (presunte) 700.000 cartucce, dato che molte si trovavano molto più in profondità rispetto a quanto era stato originariamente previsto. Ed effettivamente c’erano cartucce di E.T. ma anche di altri titoli Atari. Il culmine paradossale della vicenda si ebbe quando i resti di queste cartucce vennero fatti analizzare ad un’equipe di archeologi, con l’aiuto anche di uno storico e di uno storico dei videogiochi. D’altronde siamo pur sempre in America, le cose o si fanno in grande, o non si fanno proprio.