L’associazione Foot Solidaire lavora per proteggere i ragazzi e promuovere pratiche di reclutamento etiche e sostenibili
Il traffico di giovani calciatori africani verso l’Europa è una delle problematiche più gravi e complesse del calcio moderno. Questo fenomeno, che coinvolge migliaia di ragazzi e le loro famiglie, rappresenta una speranza di riscatto per i giovani che vedono nel calcio una via di fuga dalla povertà. Tuttavia, per molti di loro, il sogno si trasforma in un incubo a causa dell’operato di agenti senza scrupoli e organizzazioni criminali.
In questo contesto si inserisce l’opera di Foot Solidaire, un’organizzazione fondata nel dicembre 2000 da Jean-Claude Mbvoumin, ex calciatore della nazionale camerunense, con l’obiettivo di proteggere questi giovani, diffondere informazioni corrette e promuovere pratiche di reclutamento etiche e sostenibili.
Il contesto del traffico, tra speranza e trappole
Secondo l’Osservatorio ENACT, ogni anno migliaia di giovani giocatori dall’Africa provano a trasferirsi all’estero, in Europa, e sempre più spesso, man mano che il mercato europeo si satura, anche in Asia. Oggi è più facile iscriversi ai club asiatici, spesso visti come un trampolino di lancio verso il successo in Europa. Così, migliaia di calciatori africani hanno raggiunto Paesi come Nepal, Birmania, Laos, Cambogia e Mongolia. Il traffico di giovani calciatori è alimentato dalla speranza di questi ragazzi e delle loro famiglie di trovare successo e ricchezza in Europa.
«Ogni anno – racconta J.C. Mbvoumin – circa quindicimila giovani tentano di lasciare l’Africa per inseguire il loro sogno calcistico, ma molti finiscono per essere abbandonati e sfruttati. Gli agenti promettono contratti con club europei, ma spesso questi accordi non arrivano. Le famiglie investono ingenti somme di denaro, si indebitano nella speranza che i loro figli riescano a raggiungere l’Europa per diventare professionisti.
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