“La verità è che il potere in Italia, politico e mediatico, sostiene Israele. C’è chi lo fa per convinzione (pochi) e chi per codardia (moltissimi)“
Il 22 agosto scorso, sul sito del Nuovo Partito comunista Italiano (NuovoPCI) – una forza politica della quale fino a pochi giorni fa molti ignoravano l’esistenza – è apparso un comunicato intitolato“Sviluppare la denuncia e la lotta contro organismi e agenti sionisti in Italia”. Il comunicato conteneva una lista di aziende, società finanziarie, immobiliari, belliche e sanitarie che collaborano con Israele, nonché nomi di esponenti politici e giornalisti definiti “sionisti particolarmente attivi nel sostegno alle iniziative dello Stato sionista d’Israele”. Il comunicato ha suscitato sdegno e condanna bipartisan. Ignazio La Russa, Presidente del Senato della Repubblica, dunque seconda carica dello Stato, ha definito la pubblicazione di quella che i principali organi di informazione italiana hanno chiamato lista di proscrizione di politici e giornalisti pro-Israele, “un grave e inaccettabile attacco alla libertà di pensiero e una preoccupante minaccia alla sicurezza delle persone coinvolte”.
Una presa di posizione netta, inequivocabile. Posto che elencare uomini e donne per le loro opinioni, anche per le più aberranti (sostenere oggi il nazional-sionismo è aberrante quanto sostenere in passato il nazional-socialismo) lo trovo sbagliato (diverso è pubblicare i nomi delle aziende che direttamente o indirettamente sono coinvolte nel genocidio in Palestina, in tal caso il boicottaggio più che un diritto è un dovere) il polverone sollevato da politici e giornalisti, molti dei quali evidentemente filo-israeliani, mostra, ancora una volta, l’osceno doppio standard che caratterizza le classi dirigenti occidentali.
Come l’informazione italiana stravolge la realtà
Poche settimane dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, La Repubblica, giornale decisamente più diffuso dei comunicati diramati dal NuovoPCI, pubblicò un pezzo di Gianni Riotta dove l’ex-direttore del Tg1 elencava una serie di “Putinversteher”, ovvero presunti “putiniani d’Italia”. Riotta disse che per stilare l’elenco si era basato su uno studio della Columbia University ma, come notò Il Fatto Quotidiano, la fonte di Riotta non era uno studio, non era della Columbia University e, oltretutto, non conteneva tutti i nomi inseriti nel suo articolo.
Ricordo che quando gli feci notare, in diretta a DiMartedì, che quella lista era indecente così come definire persone indipendenti e perbene come Barbara Spinelli “putiniane”, Riotta rispose che la Spinelli, per lui colpevole di aver chiesto, giustamente, un’indagine indipendente sul massacro di Bucha, meritava di far parte della lista. Peccato che Riotta scrisse il pezzo prima del massacro. Ad ogni modo, su un quotidiano a diffusione nazionale, venne pubblicato un articolo che metteva in fila alcune persone solo per le loro opinioni. Ma in pochi si scandalizzarono e le Istituzioni non espressero alcuna solidarietà alle vittime di quella squallida operazione.
Alcune settimane dopo fu il turno del Corriere della Sera. “Influencer e opinionisti. Ecco i putiniani d’Italia. La rete della propaganda di Putin in Italia: dai social ai giornali”. Questo il titolo scelto dal direttore del maggior quotidiano italiano per lanciare l’indecente articolo che rendeva pubblica la lista di proscrizione contro tutti coloro, da Orsini a Giorgio Bianchi, passando per Petrocelli e Fazolo, che avevano ed hanno opinioni diverse dai cantori della Nato. Anche in quel caso in pochi si indignarono.
“E questa la chiamate democrazia?”
Il 30 giugno 2022 una nuova lista realizzata dalla Federazione Italiana dei Diritti Umani (Fidu) e dalla fondazione Open Dialogue, venne presentata addirittura alla Camera dei Deputati, in una sala di Montecitorio. Fu l’allora deputato PD Andrea Romano a presentare l’evento. E anche in quel caso venne resa pubblica una sorta di black list contenente nomi e cognomi di persone non allineate. Tra questi Alessandro Barbero, ancora una volta Orsini, ancora una volta la Spinelli e poi Marc Innaro, il grande inviato Rai e lo storico Franco Cardini.
Uomini e donne, tra l’altro, con opinioni diverse tra loro ma che, evidentemente, venivano puntati per non essersi piegati alla narrazione dominante, quella fastidiosissima ed ipocrita litania del “c’è un invaso ed un invasore” ripetuta all’infinito per evitare qualsiasi ragionamento ed approfondimento. Anche in quel caso, nonostante la lista di “putiniani” venne presentata addirittura in una sala di proprietà della più importante istituzione democratica del nostro Paese, in pochi ebbero il coraggio di condannare l’iniziativa.
In sostanza, giornali diffusissimi e parlamentari della Repubblica possono stilare o diffondere liste di proscrizione di persone colpevoli di non condividere la strategia Ue e Nato in Ucraina, però un piccolo partito politico viene descritto come un pericolo per la democrazia se pubblica sul proprio sito una lista di aziende o personalità vicine ad Israele, dunque vicine al peggior Stato terrorista al mondo, a processo per genocidio presso la Corte internazionale di giustizia, il massimo organo giudiziario delle Nazioni Unite? E questa la chiamate democrazia?
Il potere italiano sostiene Israele
La verità è che se un ipotetico “Nuovo Partito Sionista Italiano” avesse pubblicato una lista di giornalisti, intellettuali, artisti o politici filo-palestinesi accusandoli di giustificare la resistenza di Hamas, nessuno si sarebbe scandalizzato. Anzi, il mainstream ed il partito unico avrebbe rilanciato la lista condannando tutti coloro che ne facevano parte.
La verità è che il potere in Italia, sia quello politico che quello mediatico, sostiene Israele. C’è chi lo fa per convinzione (pochi) e chi per codardia (moltissimi). Ma il risultato è lo stesso. Dunque, qualsiasi occasione è buona per poter distrarre la pubblica opinione dall’ignobile pulizia etnica in atto in Palestina ad opera degli israeliani ed insistere sulla storiella di Israele che si sta difendendo. Balle. Ignobili balle che per esser propagandate hanno bisogno di “carburante mediatico”. In tal senso, l’uso strumentale dell’antisemitismo (tra l’altro una cosa è esser anti-sionisti, altro è esser antisemiti) è una carta che viene utilizzata spesso. Sia chiaro, esiste l’antisemitismo ed è osceno così come esiste l’islamofobia. Il primo viene giustamente stigmatizzato, la seconda viene tenuta nascosta.
Del resto, se i mezzi di informazione che si sono scandalizzati per la pubblicazione della lista sul sito del NuovoPCI mostrassero le immagini che arrivano non solo da Gaza ma dalla Cisgiordania, dove orde di fanatici estremisti israeliani organizzano pogrom quotidiani a danno dei nativi palestinesi, la pubblica opinione capirebbe come stanno le cose. Capirebbe che Israele non si sta affatto difendendo, che i pogrom li fanno gli israeliani, che ad esser minacciata è la popolazione palestinese e che il Ku Klux Klan non è mai morto, ma si è semplicemente spostato dagli Stati Uniti alla Palestina.
I coloni israeliani sono il Ku Klux Klan del terzo millennio, uccidono, incendiano case ed automobili, sparano nel petto a ragazzi palestinesi disarmati, gettano cemento nei pochi pozzi d’acqua, tagliano ulivi e predicano il suprematismo razziale e religioso. E tutto questo lo fanno grazie alla protezione concessa loro dall’esercito israeliano, (il “più morale del pianeta” come lo definì Netanyahu) e grazie all’ipocrisia del sedicente Primo mondo.