Il turismo è linfa vitale di tantissimi Paesi ma, allo stesso tempo, l’overtourism sta relegando ai margini delle città i cittadini
Immagina di non riconoscere più la tua città, di vivere in un luogo che ormai esiste solo nei tuoi più lontani ricordi. O ancora, immagina di non conoscere nessuna realtà se non quella del presente fatta di negozi di souvenir, di gadget, di file in ristoranti e bar, di gente che riempie ogni angolo della strada.
Immagina di non poter più avere accesso ad alcuni dei servizi per i quali i prezzi sono schizzati alle stelle, di notare solo file e file di B&B, affittacamere, hotel e vedere pian piano sparire case e con loro anche le storie di chi le abita. Immagina, un giorno, di voler andare via dalla tua città, di voler scappare per ritrovare una normalità perduta, per tornare a vivere.
Dall’altro lato immagina di essere un viaggiatore e di diventare il capro espiatorio di una gestione del turismo inesistente. Immagina di andare in Spagna, in Francia o in qualsiasi luogo del mondo e non sentirti accettato, di essere visto dalla popolazione come un peso, di venire allontanato dal tavolino di un bar o da una spiaggia.
Intrecciando questi fili possiamo iniziare a capire quanto grande e gravoso sia il problema dell’overtourism e quanto in questi decenni nessuno si sia reso conto del crescente disagio della popolazione.
Overtourism, il troppo turismo è un problema?
L’overtourism, meglio conosciuto come ‘sovraffollamento turistico’, è esploso come una bomba ed è argomento tutt’altro che facile da analizzare, perché se da una parte il turismo è linfa vitale per tantissimi Paesi europei, Spagna e Italia in primis, negli ultimi decenni è cresciuto in modo incontrollato trasformando per sempre la vita di chi in quelle città è nato.
Giusto per snocciolare alcuni numeri, basti sapere che nel primo trimestre del 2024 il turismo ha raggiunto il 97% dei livelli pre-pandemia con oltre 285 milioni di turisti internazionali, circa il 20% in più rispetto al 2023. La questione non riguarda solo le grandi città ma abbraccia anche mete turistiche naturali (parchi, spiagge e montagne) letteralmente prese d’assalto da milioni di turisti ogni anno. Le cause poi sono molteplici: negli anni è cambiato il modo di viaggiare e ad oggi i turisti si spostano più frequentemente ma per un tempo minore.
Non solo, il turismo è influenzato anche dalla cultura di massa, che orienta i viaggiatori in base a quello che vedono sui social media, a quello che viene sponsorizzato dagli influencer o dai programmi televisivi. A questo si aggiunge anche l’aumento dei voli low-cost, senza dimenticare le crociere. Di fatto questo fenomeno, spesso sottovalutato o meglio ignorato, può causare danni irreversibili agli ecosistemi naturali, come accaduto in Thailandia, Indonesia, e Filippine; può portare a un grande accumulo di rifiuti, come accaduto a Bali, letteralmente sommersa da plastica e residui di sostanze chimiche, o all’isola di Boracay, chiusa al turismo per provare a ristabilire l’ecosistema.
A questo si aggiunge poi il grande problema dei residenti che subiscono l’aumento vertiginoso dei prezzi delle case, affitti introvabili e che di fatto non riescono più a vivere nella loro città. L’agenzia ONU di riferimento, l’Organizzazione Mondiale del Turismo (UNWTO), ha previsto che nel 2030 il flusso dei turisti supererà i 2 miliardi, che, se non si interviene in modo concreto, si concentreranno tutti nelle solite mete.
Barcellona è solo la punta dell’iceberg
La Spagna è uno dei Paesi più colpiti da questo fenomeno ed è anche il territorio che, in modo maggiore, ha manifestato il malessere dei propri cittadini. La prima protesta importante ha preso vita a Minorca, dove circa 250 residenti si sono seduti sulla spiaggia in modo da formare la parola “SOS”. Così, l’eco della protesta è arrivato anche a Cadice e a Malaga, dove migliaia di persone sono scese in strada contro i prezzi degli affitti, e non solo.
Per capire la gravità del problema basti pensare che, vent’anni fa, Malaga contava circa mezzo milione di turisti che ad oggi sono invece diventati 1.6 milioni, un numero destinato a salire ancora. Così, il fulcro della protesta ha raggiunto anche Barcellona, dove ben 140 entità cittadine si sono mosse per organizzare una manifestazione che ha vissuto anche momenti di tensione quando alcuni cittadini hanno colpito diversi turisti utilizzando delle pistole ad acqua. Gli abitanti, di fatto, si sentono espulsi dalla loro città e basta leggere i numeri per capire il motivo.
Dal 2019 sono stati 17.3 milioni i visitatori che hanno pernottato a Barcellona e altri 10.5 milioni quelli che alloggiavano appena fuori città ma che poi di fatto hanno trascorso il loro soggiorno nella capitale. Una situazione che ha trasformato drasticamente il paesaggio, sia urbano che umano, della città catalana. Non solo, Barcellona sta vivendo anche una grave emergenza siccità che ha portato a razionare l’acqua con 200 litri al giorno per cittadino.
A questo si aggiunge l’aumento vertiginoso degli affitti, salito del 68%. Così, per provare ad arginare il problema, il sindaco Jaume Collboni ha deciso che nei prossimi anni la città non rinnoverà le licenze di oltre 10mila appartamenti che al momento sono destinati all’affitto breve per i turisti. Se la norma verrà approvata in modo definitivo dal 2029, a Barcellona non ci saranno più appartamenti per locazioni brevi, visto che tutte le licenze emesse finora scadranno entro novembre del 2028. Non solo, il primo cittadino ha anche aumentato la tassa di soggiorno a 7.50 euro e ha in progetto di ridurre il numero di navi da crociera che potranno attraccare al porto.
Dall’Everest ad Amsterdam: l’overtourism viaggia intorno al mondo
Il sovraffollamento turistico non è certo appannaggio solo della Spagna, anzi. Quello del turismo è un fenomeno complesso, se si considera che l’80% dei viaggiatori visita solo il 10% delle destinazioni. Dubrovnik è la città che quasi per prima ha sperimentato il fenomeno dell’overtourism e che ha deciso di limitare i danni introducendo il numero chiuso già da diversi anni. Nel 2016 la perla della Croazia aveva raggiunto il record di 10mila visitatori nell’arco di una sola giornata e questo ha segnato il punto di non ritorno.
Dall’estate del 2017, infatti, l’ingresso è limitato a 6.000 turisti, esclusi i residenti. Non solo, a questo si è aggiunto anche un aumento dal prezzo del biglietto per accedere alle mura, arrivato oggi a 120 kune, circa 18 euro. Tra le città più colpite c’è poi Amsterdam, che lo scorso anno ha lanciato una campagna dal motto “Stay Away”, ovvero “State lontano da qui”, in riferimento alle orde di turisti che raggiungono l’Olanda per fare baldoria e creare confusione.
Situazione molto simile anche ad Atene, che, per la prima volta, ha posto un limite al numero di visitatori dell’antica Acropoli. A partire dallo scorso aprile, per visitare il sito archeologico più famoso della Grecia bisognerà prenotarsi preventivamente e scegliere una fascia oraria di riferimento. Sempre in Grecia, è preoccupante la situazione che riguarda Santorini: le autorità locali hanno invitato i residenti a non uscire di casa a causa dei continui sbarchi di turisti che si attestano sugli 11.000 al giorno.
Discorso molto simile anche per quanto riguarda Bali, presa letteralmente d’assalto nell’ultimo decennio e che, per contrastare il fenomeno, ha deciso di introdurre una nuova tassa di 150.000 rupie (circa 10 euro) da pagare appena si sbarca sull’isola. Da sottolineare il caso della spiaggia di Maya Bay in Thailandia, che, dopo l’uscita del film The Beach, è stata invasa dai turisti, che hanno distrutto l’80% della barriera corallina e per questo è stata chiusa dal 2018 in poi, per tre anni, per consentire il recupero della biodiversità.
L’overtourism sembra non risparmiare nessun luogo del mondo, neanche quelli più remoti. Basti pensare che l’Everest ha conquistato la triste nomea di “più alta discarica del pianeta”, essendo ricoperto da tonnellate di rifiuti tra tende, bombole, zaini e immondizia di ogni genere. Per questo, il governo nepalese ha imposto l’obbligo di riportare a valle almeno 8 kg di rifiuti oltre ai propri per non incorrere in multe salatissime. Da questo punto di vista anche la Cina ha preso provvedimenti per chi raggiunge l’Everest dal suo versante, permettendo l’entrata a soli 300 scalatori all’anno.
Diversa invece la scelta di Copenaghen, che da metà luglio a metà agosto offre piccoli premi, come l’ingresso gratuito in alcune attrazioni cittadine, ai turisti particolarmente rispettosi e virtuosi.
Da Venezia a Napoli: la situazione in Italia
Il fenomeno dell’overtourism tocca in modo importante anche l’Italia e se città come Roma, Venezia o Napoli sono certamente le più affollate non mancano quelle insospettabili come Bolzano, Livorno o Rimini. In questo senso, Demoskopika ha realizzato l’Indice Complessivo di Sovraffollamento Turistico fornendo una fotografia dell’Italia in base a tre livelli di rischio: molto alto, alto e moderato.
Tra le città a rischio molto alto troviamo: Bolzano, Livorno, Napoli, Rimini, Trento e Venezia; fanno parte della fascia intermedia Aosta, Firenze, Forlì-Cesena, Gorizia, Grosseto, Imperia, La Spezia e le Cinque Terre, Milano, Ravenna, Roma, Savona e Trieste; invece, Bologna, Brescia, Como, Genova, Lucca, Monza Brianza, Padova, Pesaro e Urbino, Pisa, Pistoia, Sassari e la Maddalena, Siena, Vibo Valentia e Tropea fanno parte della categoria a rischio moderato. Stando ai dati dell’Organizzazione Mondiale del Turismo delle Nazioni Unite nel 2022 sono circa 50 milioni le persone che hanno varcato i confini italiani, un numero quasi pari alla popolazione residente nel Paese.
In Italia, la prima città ad aver provato ad arginare questo fenomeno è stata proprio Venezia, che ha introdotto un sistema di prenotazione che prevede il pagamento di un contributo di 5 euro per l’accesso al centro storico, con l’obiettivo di distribuire meglio i flussi turistici e ridurre l’impatto sulle infrastrutture. Così, per evitare calli intasate, il nuovo regolamento prevede che i gruppi organizzati di turisti possano essere formati al massimo da 25 persone. Vietati anche i microfoni e gli altoparlanti, non solo in centro storico ma anche nelle isole di Murano, Burano e Torcello.
Anche Firenze si è mossa in questo senso, cercando di regolamentare il flusso dei turisti nei musei più famosi della città, come gli Uffizi, con la promozione di itinerari alternativi per decongestionare le zone più affollate e, al tempo stesso, spostare anche l’attenzione dei visitatori su siti meno conosciuti ma altrettanto interessanti. Tra le diverse misure adottate si sta lavorando anche per alzare dal 21% al 26% l’aliquota della tassazione per gli affitti brevi e nel capoluogo toscano è già in vigore la regola per la quale non possano essere creati nuovi B&B all’interno del centro storico.
Passando dalla città al mare è in Sardegna che, ormai da anni, si è deciso di limitare l’affluenza ad alcune spiagge per preservarne l’ecosistema oltre che la bellezza delle stesse, introducendo il numero chiuso, il ticket d’ingresso e misure e divieti per salvaguardare il litorale. Dalla famosissima spiaggia della Pelosa a Stintino, passando per Cala Brandinchi e Cala Coticcio, senza una prenotazione online non sarà possibile accedervi e ogni spiaggia ha il suo regolamento: a La Pelosa sono ammessi solo 1.500 bagnanti e l’ingresso ha un costo di 3.50 euro.
A Cala Brandinchi la tariffa costa 2.00 euro e il limite è di 1.447 persone, a Cala Coticcio invece ogni visitatore dovrà versare un contributo di 3.00 euro e l’ingresso è vincolato alla presenza di una guida escursionistica che accompagna i turisti lungo il sentiero trekking. Da non dimenticare anche le Cinque Terre, dove a Portofino vengono bloccati i turisti che si trattengono troppo a lungo per un selfie con multe fino a 265 euro per coloro che rallentano il traffico.
È davvero un fenomeno che può essere arginato?
Il fenomeno dell’overtourism è complesso, soprattutto se si considera che i Paesi che ne soffrono maggiormente sono anche quelli per i quali il turismo è una risorsa fondamentale dell’economia. Basti pensare che in Spagna ricopre il 13.3% del PIL totale, il 6% che sale fino al 13% in Italia, considerando gli introiti generati direttamente e indirettamente, fino ai Paesi asiatici, dove il turismo contribuisce al 20% del PIL della Thailandia e addirittura al 28% di quello delle Maldive. Per questo è così difficile trovare una quadra: da un lato i cittadini esasperati, dall’altro la necessità di continuare a investire nel turismo.
Quindi, che fare? La soluzione, come in tutti i problemi di così grande portata e che derivano da decenni di cattiva gestione, non può essere unica ma ci sono alcuni accorgimenti che possono essere adottati per provare ad arginare questo fenomeno. Come già successo, in Croazia ad esempio, la prima barriera può essere quella di fissare dei limiti al numero di visitatori così da ridurre il sovraffollamento e lo stress ambientale. Un’altra mossa che potrebbe rivelarsi vincente è quella di promuovere e incoraggiare i viaggi fuori stagione, così da distribuire l’afflusso dei visitatori in modo più uniforme durante l’anno.
Alcune città, come Barcellona, hanno deciso di promuovere attrazioni meno conosciute fuori dal centro cittadino per distribuire omogeneamente il numero di turisti. Anche il miglioramento delle infrastrutture è un aspetto fondamentale: potenziare i trasporti pubblici, costruire ulteriori strutture turistiche, aggiornare i sistemi di gestione dei rifiuti sono tutte migliorie che possono aiutare a contenere il fenomeno.
In questo senso, ad esempio, ai visitatori è vietato portare i propri veicoli sulle isole di Lampedusa e Linosa, restrizione applicata anche a Procida. Lo stesso può fare il cosiddetto ‘turismo slow’, che promuove esperienze all’aria aperta, a contatto con la natura e lontano dal turismo di massa. Un’altra misura riguarda invece le limitazioni al numero degli alloggi turistici privati, come ha fatto New York, che ha adottato misure molto restrittive che impongono a chi vuole affittare un immobile a breve termine di effettuare una preventiva registrazione presso gli uffici comunali e quindi richiedere il rilascio di un’apposita autorizzazione. Non solo, un host non può ospitare più di due turisti in contemporanea.
L’incombenza non è però solo nelle mani delle istituzioni perché ogni turista deve assumersi la responsabilità delle proprie azioni e limitare il suo impatto sul territorio dove decide di trascorrere del tempo. Da questo punto di vista, evitare o ridurre il numero di crociere limiterebbe l’impatto disastroso che questo tipo di viaggi ha sull’ambiente. Così come scegliere di spostarsi con i mezzi locali come treni, tram e autobus e, soprattutto, limitare la produzione di rifiuti. Del resto, sono i viaggiatori a fare il viaggio e il comportamento che ognuno di noi assume può fare la differenza in negativo ma anche in positivo.