Quattro ebrei americani spiegano perché sono contro Israele in un momento molto delicato per tutto il Medio Oriente
Se c’è qualcosa che sta facendo arrabbiare molti ebrei americani è Israele. Lo stato ebraico sta accusando di antisemitismo chiunque si azzardi a dire che Netanyahu e il suo governo stanno cercando di cancellare, una volta per tutte, la Palestina. E questo, per chi il vero antisemitismo lo ha provato sulla propria pelle, è inaccettabile. Non bastano le migliaia di cittadini ebrei che sfilano ergendo bandiere palestinesi: «Israele si sta solo difendendo». Non servono le parole degli intellettuali ebrei che da sempre combattono per una Palestina libera: «Quelli non sono veri ebrei». Non serve nemmeno la presenza degli ebrei ortodossi di New York a ogni singolo evento pro-Palestina, che con i loro abiti tradizionali cantano – con la timidezza che li contraddistingue ma con orgogliosa fermezza – From the River to the Sea, Palestine Will Be Free: «Loro non possono capire».
Perché proprio loro non possono capire? Perché gli antisionisti vengono considerati ebrei di serie B? Perché, per milioni di persone in tutto il mondo, incluse organizzazioni internazionali di ogni tipo, quella di Israele non è considerata legittima difesa ma genocidio? Dopo nove mesi, non bastano la conta delle vittime e le foto degli scheletri dei bambini, non gli scheletri dei corpi morti, non quelli dei corpi ancora vivi; i morti di fame di Gaza sono meno morti di fame di quelli morti di fame durante l’Olocausto; non si può paragonare la violenza dell’esercito israeliano a quella dei nazisti; non si può dire che la vita di un palestinese dovrebbe avere lo stesso valore di quella di un israeliano; e di certo non si può dire che la Palestina ha diritto a esistere. Perché, se sei contro il genocidio e l’ideologia sionista, allora sei antisemita.
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