Nessuno è controverso quanto il regista newyorkese. Di lui si è detto di tutto: fanatico della perfezione, artista terribile con cui lavorare, uomo pieno di bizzarre abitudini
Stanley Kubrick, il cineasta tormentato. Amato, odiato, discusso a prescindere. Regista, direttore della fotografia, montatore, scenografo, creatore di effetti speciali. Anche grande fotografo, sono noti i suoi scatti prima di diventare una leggenda della settima arte. Un occhio per la prospettiva, il suo, che cambierà il cinema per sempre. Incarnava perfettamente il prototipo del regista per eccellenza: ossessivo, particolarmente schivo, noto per il suo snervante numero di riprese.
Un ciak non era mai perfetto e lo faceva ripetere fino allo sfinimento. Una scena di pochi minuti a volte si girava per due settimane, come quella del film Eyes Wide Shut in cui Tom Cruise viene pedinato. Era talmente schivo che gli spettatori all’epoca non conoscevano perfettamente il suo aspetto e lui gioiva di questo fatto. Al contrario, era solito mandar via qualche ammiratore che, inaspettatamente, riusciva a individuare la sua casa, dicendogli: «Stanley Kubrick non è in casa».
Il genio di Stanley Kubrick
Ha diretto solo 13 lungometraggi in cinquant’anni di carriera, prima di venire a mancare all’età di 70 anni nel 1999. È stato candidato 13 volte al Premio Oscar, vincendolo nel 1969 per gli effetti speciali del film 2001: Odissea nello spazio, ma mai come regista. È noto soprattutto per essere riuscito a spaziare su più generi, gestendo ogni sfumatura con magistrale competenza: dai film di guerra alla satira politica, passando per la fantascienza, i film storici e perfino gli horror psicologici.
Entrato nella cultura pop per il suo genio e la sua stravaganza, viene menzionato anche da Stanis La Rochelle (interpretato da Pietro Sermonti) nella prima stagione della serie cult Boris: «Io considero Kubrick un incapace! Lo considero il classico esempio di instabilità artistica, abbia pazienza! È uno che affrontava un genere, falliva e passava a un altro genere. Come lo vogliamo chiamare? Eh? Poi anni e anni da un film a un altro. Anni e anni di che cosa, eh? Di profondo imbarazzo per il film precedente, abbia pazienza!».
PER CONTINUARE A LEGGERE L’ARTICOLO CLICCA QUI DI SEGUITO