Le origini oscure del Rassemblement National

Il partito di Marine Le Pen ha rotto con il suo passato? Per capirlo dobbiamo ripercorrere le tappe della sua creazione

Il Rassemblement National di Marine Le Pen non è mai stato più forte di adesso. Malgrado abbia di fatto perso alle elezioni legislative, il partito è riuscito a guadagnare sempre più consensi e a uscire dall’ombra in cui è restato per tutta la storia della Francia della V Repubblica. Con un nuovo linguaggio e una nuova apparente identità, il RN è riuscito nell’intento di affrancarsi da un oscuro passato fascista fatto di violenza e razzismo. Ma sarà davvero così o si tratta di una mirata strategia? Come l’Italia, anche la Francia non ha mai fatto a patti con il suo passato. I movimenti fascisti e neofascisti hanno trovato sempre terra fertile tra giornali, circoli e piccoli partiti.

Tuttavia, dalla fine della Seconda guerra mondiale ai primi anni ’70, i movimenti neofascisti e di estrema destra avevano tutti i presupposti per restare ai margini del panorama politico. I litigi interni, così come l’incapacità di adattarsi alle regole politiche e la smoderata violenza nelle piazze, hanno fatto strada a continue battute d’arresto. Punto di ritrovo cruciale era il movimento politico Occident, nato nel 1964 da studenti liceali e universitari. Tra i co-fondatori vi erano Gérard Longuet e Alain Madelin, entrambi deputati e ministri dal 1980 al 2010. Attraverso pubblicazioni, gli esponenti di Occident denunciavano la democrazia e inneggiavano alla selezione di un’élite per governare il Paese.

Ombre sul passato del partito, sconfitto alle legislative
Marine Le Pen, leader del Rassemblement National (foto LaPresse) – ilMillimetro.it

Forti erano le connotazioni razziste e fasciste. Con circa millecinquecento membri al suo apice, la maggior parte dei quali studenti, Occident si era distinto nel Quartiere Latino per le sue battaglie di strada contro i militanti di sinistra, il suo sostegno all’Algeria francese e un antigollismo viscerale. Un movimento così violento e reazionario che è stato sciolto direttamente da Raymond Marcellin, ministro degli Interni della linea dura del governo guidato da Maurice Couve de Murville.

Con lo scioglimento, alcuni, però, hanno deciso di continuare la lotta, tra questi Alain Robert e François Duprat, che nel 1969 fondano Ordre Nouveau, un movimento politico extraparlamentare di estrema destra che richiamava l’italiano Centro Studi Ordine Nuovo, un’associazione neofascista politico-culturale fondata nel 1959 da un esponente del Movimento Sociale Italiano, Pino Rauti. Il movimento si riconosceva grazie al simbolo adottato, ovvero la croce celtica. Come capisaldi dell’Ordine Nuovo la difesa dell’Occidente, l‘odio per la mescolanza razziale e la ricerca di una “terza via” tra comunismo e capitalismo. Tutte idee ispirate alla rivoluzione conservatrice tedesca del periodo tra le due guerre e al fascismo europeo.

Le origini del fascismo francese

Dopo anni di esclusione dalla scena politica, tra i leader di Ordre Nouveau cominciava a farsi strada l’idea di un “fronte nazionale”, dedicato esclusivamente alla lotta elettorale. L’idea era quella di cambiare immagine, non di rivoluzionare completamente l’identità. Da qui la ricerca di una figura che incarnasse un’apertura, un’immagine rispettabile. Per fare questo si doveva trovare un uomo che potesse unire tutti i movimenti dell’estrema destra sotto un unico grande ombrello, sotto un “fronte nazionale”. La scelta ricadde su Jean-Marie Le Pen, allora 44enne, ex paracadutista della guerra d’Algeria, deputato all’Assemblea nazionale e organizzatore della campagna elettorale del candidato alle elezioni presidenziali del 1965, l’avvocato di estrema destra, Jean-Louis Tixier-Vignancour.

Il padre di Marine ha fatto la storia della politica francese
La storia politica della famiglia Le Pen (foto LaPresse) – ilMillimetro.it

Le Pen è da sempre una figura controversa. Per molto tempo è stata a capo della SERP, una modesta casa discografica che riproponeva le canzoni e i cori del Terzo Reich, e i suoi “compagni” erano stati legati alle Waffen-SS, braccio militare delle SS durante la Seconda guerra mondiale. Malgrado le compagnie, Jean-Marie Le Pen non incarnava il fascismo nel senso puro del termine, veniva infatti da una tradizione poujadista e dell’Algeria francese che si avvaleva dell’anticomunismo e dell’antigollismo come princìpi cardine. Una destra, quella di Le Pen, sempre estrema, autoritaria e talvolta violenta, ma non reazionaria e anti-istituzionale.

Le Pen, per l’appunto, rappresenta due cose diverse: per il grande pubblico è un ex deputato poujadista, quindi di un’estrema destra populista, che ha sposato la causa dell’Algeria francese partecipando alla Guerra d’indipendenza. All’interno dei militanti dell’estrema destra, invece, è riconosciuto come un compagno di vecchia data. Un’immagine, quindi, più moderata rispetto ai giovani dell’Ordre Nouveau che poteva portare alla ribalta tutti i movimenti dell’estrema destra rinnovandone il volto.

È così che viene creato il 5 ottobre 1972 il Fronte Nazionale per l’Unità francese (Front National pour l’unité française) comunemente abbreviato in Fronte Nazionale. Dietro Le Pen il partito era formato da personalità conosciute nell’estrema destra. Il vicepresidente François Brigneau, vecchio appartenente a La Milice, gruppo paramilitare creato dal regime collaborazionista di Vichy su richiesta di Adolf Hitler. Alain Robert, segretario generale del partito ed ex capo di Occident, l’antenato di Ordre Nouveau, sciolto nel 1968 a causa di atteggiamenti violenti. Roger Holeindre, segretario generale aggiunto ed ex appartenente a l’OAS, gruppo terroristico attivo durante la Guerra d’indipendenza algerina. Pierre Bousquet, tesoriere del FN che nella Seconda guerra mondiale ha combattuto nella Waffen SS, uno dei bracci armati della Germania nazista.

Pierre Durand, tesoriere aggiunto del partito ed ex membro del pujaidismo, movimento di contestazione degli anni ’50 e sostenitore di un’Algeria francese. La prima prova alle urne nelle elezioni legislative del 1973 si è rivelata catastrofica per il giovane partito che è riuscito a prendere solo l’1,32% dei voti. Un tema però lo aiuta a rimanere a galla, quello dell’immigrazione. Tra gli anni ’60 e ’70, la Francia conosce la sua seconda ondata migratoria, principalmente dalle sue ex colonie, quali Tunisia, Marocco e Algeria. In quegli anni, quando i gruppi di estrema destra parlavano di immigrazione lo facevano attraverso una concezione prettamente razziale ed etnica, una strategia che però non riusciva ad attecchire grazie alle recenti cicatrici lasciate dai crimini dei regimi di estrema destra.

È nel 1978 che il linguaggio cambia. François Duprat, allora responsabile del FN, impone una strategia comunicativa diversa, vieta ogni forma di connotazione razzista che potrebbe provocare solo problemi al partito. Impone un linguaggio mirato alla questione sociale e al costo sociale dell’immigrazione. È questa strategia che permette al Front National di incassare più voti e smarcarsi da ogni accusa di razzismo. A partire dagli anni ’80 quindi il FN trova un suo elettorato ottenendo regolarmente più del 10% dei voti.

Nello stesso tempo il partito conosce diverse rotture, come la scissione nel 1999, la candidatura della figlia Marine Le Pen a presidente del partito nel 2011 e la conseguente esclusione del padre Jean-Marie nel 2015 dopo aver dichiarato, per l’ennesima volta, che le camere a gas nei campi di concentramento nazisti sono stati solo un dettaglio della Seconda guerra mondiale. L’evoluzione prosegue finendo col passaggio di nome da Front a Rassemblement National.

Un passato che pesa come un macigno: il RN è ancora di estrema destra?

La rottura tra padre e figlia risalente al 2015 ha modificato in larga parte il linguaggio usato dal partito e da Marine Le Pen stessa. Quest’ultima ha messo in atto una strategia volta a rimuovere gli ostacoli al suo progresso elettorale. Ha trasformato l’ideologia del suo partito, che ha finito per ribattezzare Rassemblement National nel 2018 per segnare il suo cambiamento definitivo. Il Rassemblement National ha cambiato connotati e si è voluto aprire a orizzonti sempre più ampi. Adesso infatti riunisce sotto di sé un bacino elettorale molto ampio.

Alle legislative non ha trionfato, ma il futuro è tutto da vedere
Jordan Bardella, presidente del Rassemblement National (foto LaPresse) – ilMillimetro.it

I toni sono cambiati, la rottura con il passato ha subìto lo stesso destino? Il RN, come erede del Front National di Jean-Marie Le Pen, ha mantenuto alcuni aspetti essenziali di quest’ultimo. Ci sono elementi di continuità che, per quanto cercano di essere mitigati, rimangono saldi alle fondamenta del partito. Non si tratta più di fascismo reazionario con i suoi connotati specifici, ma di un ultra-conservatorismo che stringe l’occhio a sentimenti suprematisti e illiberali del proprio passato. Per primo il rifiuto di rompere ufficialmente con il Front National di un tempo, infatti la sua eredità viene minimizzata ed è per questo che, finché il passato fascista del partito non verrà ricordato e condannato, i legami rimarranno. In secondo luogo il connotato razzista. Nonostante gli sforzi per modificare e rinnovare la facciata, il razzismo resta ancorato al DNA del partito.

A testimonianza di ciò i commenti di alcuni esponenti, come il deputato Daniel Grenon, che ha dichiarato: “I nordafricani sono andati al potere nel 2016, queste persone non hanno posto nelle alte sfere Dobbiamo proteggere la Francia”. Lo stesso elettorato si è macchiato di vicende spiacevoli come alcuni di loro che contro una donna di colore hanno urlato: “Facciamo quello che vogliamo, siamo a casa nostra. Vai a vivere nella cuccia del cane!”. Il RN sta anche tentando di abolire il “droit du sol”, ovvero lo ius soli, l’acquisizione della cittadinanza come conseguenza di essere nati sul territorio di un dato Paese, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori, richiamando così al nazionalismo biologico, basato sul diritto di sangue. Il RN non si è liberato del tutto delle sue tendenze xenofobe, razziste e antidemocratiche. I suoi leader non si lasciano andare a toni xenofobi o razzisti ma hanno costruito una nuova dottrina che porta necessariamente all’odio verso i non francesi, i musulmani ed ebrei. Un esperimento, quello di evolvere di Marine Le Pen, praticamente fallito.

Per acquistare l'ultimo numero della nostra rivista clicca qui:

Amen

La guerra e la solitudine di Papa Francesco, tra i pochi a chiedere con forza la pace: ce ne parla Alessandro Di Battista con un commento in apertura. All’interno anche il 2024 in Medio Oriente, la crisi climatica, il dramma dei femminicidi in Italia, la cultura e lo sport. Da non perdere, infine, le rubriche Line-up, Ultima fila e Nel mondo dei libri, realizzate da Alessandro De Dilectis, Marta Zelioli e Cesare Paris.

Ultimi articoli

il Millimetro

Newsletter

Approfondimenti, interviste e inchieste direttamente sulla tua email

Newsletter