La discesa del Programma Spaziale Russo

Al numero 111 di Prospekt Mira, nel nord-est di Mosca, il Monumento ai conquistatori dello Spazio è sempre lì, imponente, pronto ad accogliere ogni giorno centinaia di turisti interessati all’esplorazione spaziale russa. Alla base dell’obelisco inaugurato nella capitale russa il 4 ottobre 1964, il giorno del settimo anniversario del lancio dello Sputnik 1, è situato il Museo della Cosmonautica, aperto al pubblico 17 anni più tardi, il 10 aprile 1981, per commemorare i 20 anni dal giorno in cui Jurij Gagarin divenne il primo uomo a orbitare nello spazio intorno alla Terra. Nei primi anni di attività il museo era incentrato quasi esclusivamente sul programma spaziale sovietico, dagli astronauti che passarono alla storia, come l’eroe nazionale Jurij Gagarin e Sergej Korolev, allo Sputnik, il primo satellite artificiale mandato in orbita intorno alla Terra, fino ai programmi Sojuz e Buran. Nel 2009, dopo 3 anni di lavori, il museo venne riaperto e ampliato con sezioni dedicate anche ai programmi spaziali statunitensi, europei, cinesi e alla Stazione Spaziale Internazionale. Tanto da vantare una collezione unica nel suo genere composta da quasi 100.000 oggetti tra opere e riproduzioni legate allo spazio che raccontano la storia dell’esplorazione, della tecnologia, dei voli spaziali e dell’astronomia, non solo russa. E che prima dell’inizio della guerra su larga scala in Ucraina ospitava ogni anno circa 300.000 visitatori: difficile fare una stima oggi, con lo spazio aereo europeo chiuso alla Russia e il turismo in ginocchio da mesi.

La discesa del Programma Spaziale Russo

E le relazioni spaziali mai così tese dai tempi della Guerra Fredda, quando la Russia era tra le potenze indiscusse del cosmo, e un Programma Spaziale in stallo da anni. Sebbene gli astronauti russi volino regolarmente in orbita, a differenza della Cina la Russia non ha un rover lunare, o rover orbitanti attorno a Marte, come l’India e gli Emirati Arabi Uniti. E neanche una flotta di telescopi spaziali come gli Stati Uniti. A peggiorare la situazione, l’invasione russa in Ucraina iniziata il 24 febbraio: lo scorso marzo, l’Agenzia spaziale europea (Esa) ha infatti sospeso il programma che l’avrebbe portata a sbarcare su Marte quest’anno con la Russia. “L’aggressione della Russia all’Ucraina e le conseguenti sanzioni costituiscono un fondamentale cambio di circostanze e rendono impossibile all’Esa implementare la cooperazione lunare che era stata pianificata”, recitava una nota pubblicata ad aprile 2022 dall’Agenzia Spaziale Europea. La stessa agenzia che aveva sottolineato quanto la cooperazione in ambito spaziale abbia sempre dimostrato in passato una tendenza ad andare oltre le crisi geopolitiche per perseguire gli obiettivi di pace delle missioni.

Bye Bye Stazione Spaziale Internazionale

Una pace difficile da raggiungere anche nello Spazio dopo l’annuncio, non ufficiale, di questa estate del nuovo direttore generale di Roscosmos Yuriy Borisov di voler lasciare la ISS dopo il 2024. “Senza dubbio adempiremo a tutti i nostri obblighi nei confronti dei nostri partner (della ISS)” – aveva dichiarato Borisov durante un incontro televisivo con il presidente russo Vladimir Putin -. “Ma la decisione di lasciare questa stazione dopo il 2024 è stata presa”, aggiungendo che per quel periodo la Russia inizierà a costruire una stazione orbitante propria. Un progetto, quello di una Stazione spaziale russa, già in cantiere da anni e al quale Mosca si è detta pronta a dare priorità dal 2025. Non si è fatta attendere la risposta degli Stati Uniti tramite l’amministratore delegato della NASA Bell Nelson che ha commentato l’annuncio di Mosca senza troppe preoccupazioni: “L’ente spaziale americano è impegnato a far funzione la ISS fino al 2030 e si sta coordinando con i partner perché ciò possa avere successo. La NASA non è stata informata di nuove decisioni da parte di nessun partner”. Tensioni già nell’aria dal 2014 quando a seguito dell’intervento russo nell’est dell’Ucraina, l’ente americano aveva dichiarato che avrebbe progressivamente ridotto la collaborazione con i colleghi russi dopo anni di cooperazione.

La discesa del Programma Spaziale Russo

In quell’occasione, però, Allard Beutel, allora responsabile delle relazioni internazionali della NASA, aveva dichiarato che nulla sarebbe cambiato per ciò che riguarda il programma ISS. Eppure, ad inizio ottobre 2022, un razzo di SpaceX, l’azienda aerospaziale statunitense di Elon Musk, partito dal Kennedy Space Center di Cape Canaveral in Florida, ha portato nella Stazione spaziale internazionale un equipaggio composto da un cosmonauta russo, due americani e un astronauta giapponese. L’accordo di scambio di equipaggio ha aperto la strada alla ripresa dei voli di routine congiunti tra Stati Uniti e Russia verso la ISS iniziati durante l’era dello Space Shuttle e continuati dopo che le navette hanno cessato di volare nel 2011. Da allora, fino a quando SpaceX ha iniziato a offrire servizi di lancio con equipaggio 9 anni dopo, Soyuz è stata l’unica strada per portare in orbita gli astronauti statunitensi. Qualche settimana prima la collaborazione spaziale tra Russia e Stati Uniti aveva visto l’americano Francisco Rubio entrare nella Stazione Spaziale Internazionale con i colleghi russi Dmitrij Petelin e Sergei Prokopiev, nuovo comandante dell’ISS, a bordo di un mezzo russo. Segno che, come dichiarò il giovane Jurij Gagarin nell’aprile 1961 quando salì a bordo della navicella Vostok 1 lasciando l’atmosfera terrestre per compiere un giro della Terra in 108 minuti, “Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini.”

Tra Elon Musk e la Cina

Confini da delineare e allargare anche nello Spazio con l’asse Pechino-Mosca sempre più vicina, nonostante la guerra che neanche Xi Jinping ha mai sostenuto. Per quanto con ogni probabilità la Russia rimarrà sulla ISS il più a lungo possibile, il Paese sta anche lavorando con la Cina per costruire una base lunare entro il 2030. L’annuncio dalla China National Space Administration (Cnsa), l’agenzia spaziale cinese, era arrivato poco prima dell’inizio del conflitto su larga scala in Ucraina: si chiamerà International Lunar Research Station (Ilrs) ed entrerà in funzione entro il 2035. L’Ilrs servirà come base per esperimenti scientifici e sarà costruita sulla superficie vicino al polo sud lunare. La stazione russo-cinese arriva in risposta al Lunar Gateway della NASA, che svolgerà un ruolo chiave nel prossimo programma Artemis dell’Agenzia spaziale statunitense. A differenza del Ilrs che avrà sia un satellite orbitale che una base sulla superficie lunare, oltre a più rover esplorativi, il Lunar Gateway orbiterà solo intorno alla Luna.

La discesa del Programma Spaziale Russo

Un settore, quello spaziale, cresciuto sempre di più negli ultimi anni anche in Cina, per rincorrere le opportunità commerciali e i rivali statunitensi, con la SpaceX di Elon Musk in prima fila. Un ruolo fondamentale, quello dei satelliti di Musk, giocato persino nella guerra in Ucraina, in grado di cambiare le sorti del conflitto. Subito dopo l’invasione russa l’imprenditore sudafricano aveva donato migliaia di terminali Starlink per aiutare le truppe ucraine diventando un eroe nazionale a Kyiv. Da febbraio a metà ottobre la sua SpaceX avrebbe speso 80 milioni di dollari per gli oltre 20 mila terminali inviati all’Ucraina con i costi che potrebbero superare i 120 milioni entro fine anno e i 400 nei successivi 12 mesi. Cifra che lo aveva spinto ad annunciare lo stop alla donazione di satelliti Starlink all’Ucraina, non del tutto funzionanti nell’est del Paese. Tornando quasi subito sui suoi passi. L’aiuto di Musk non è stato ben visto neanche a Pechino che avrebbe manifestato pubblicamente tutta la sua preoccupazione per lo strapotere spaziale della SpaceX a supporto delle operazioni militari in Ucraina. Una guerra tutt’altro che spaziale.

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