Era il 31 dicembre 2019 quando la Cina comunicava all’Organizzazione Mondiale della Sanità l’esistenza di un focolaio di polmonite a Wuhan. Da quel giorno, anni di analisi e di ricerche per provare a capire l’origine di un virus che ha colpito oltre 600 milioni di persone nel mondo, uccidendone più di 6 milioni e mezzo. Prima il SARS CoV-2, poi le sue varianti: Alfa, Delta, Gamma, Beta e infine Omicron con le sue sotto varianti. Una serie di nomi entrati nella nostra quotidianità, che dimostrano come il Covid muti e si diffonda. Analisi e ricerche continuano, ma l’attenzione mediatica e la preoccupazione delle persone sembra essere – in parte – scemata. Nel mondo, come nel nostro Paese. La guerra in Ucraina, il caro energia con le bollette sempre più costose, la crisi di governo e la formazione del nuovo, hanno fatto sì che la pandemia trovasse sempre meno spazio nei Tg e sui giornali, come nella nostra quotidianità. E’ stato l’unico argomento per mesi e mesi, ma ora se ne parla molto poco. Meno timori, come anche meno restrizioni. In Italia le misure anti-contagio sono quasi inesistenti. Un ritorno alla normalità che però non significa la fine della pandemia. L’arrivo dell’inverno impone prudenza perché – lo abbiamo già visto – in questa stagione passiamo molto più tempo al chiuso e ciò facilità la trasmissione del virus.
Le regole in vigore. Dove servono le mascherine?
Cosa rimane dunque di tutte le regole che hanno limitato e influenzato la nostra vita in questi anni? Le mascherine, ma solo in pochissimi luoghi. Secondo l’ultima ordinanza del Ministero della Salute, che sarà in vigore fino alla fine del mese, “è fatto obbligo di indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie ai lavoratori, agli utenti e ai visitatori delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali, comprese le strutture di ospitalità e lungodegenza, le residenze sanitarie assistenziali, gli hospice, le strutture riabilitative, le strutture residenziali per anziani, anche non autosufficienti”. Niente più dispositivi di protezione obbligatori dunque sui mezzi pubblici, come autobus e treni. Anche se non mancano le persone che continuano ad indossarli, chi forse per abitudine chi perché ancora teme di contagiarsi. Cosa che non si può escludere.
Il nodo quarantena che ancora divide gli esperti
E la quarantena per i positivi? Quali sono le misure in vigore su isolamento e auto sorveglianza? Per i casi asintomatici oppure per quelli che sono stati dapprima sintomatici ma risultano senza sintomi da almeno due giorni, l’isolamento potrà terminare dopo cinque giorni, purché venga effettuato un test, antigenico o molecolare, che risulti negativo, al termine del periodo d’isolamento. In caso di positività persistente, si potrà interrompere l’isolamento al termine del 14° giorno dal primo tampone positivo, a prescindere dall’effettuazione del test. Per i contatti stretti di un caso di infezione da SARS-CoV-2 sono tuttora vigenti le indicazioni contenute nella Circolare 30 marzo 2022: “Nuove modalità di gestione dei casi e dei contatti stretti di caso COVID-19, a coloro che hanno avuto contatti stretti con soggetti confermati positivi al SARS-CoV è applicato il regime dell’autosorveglianza, consistente nell’obbligo di indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie di tipo FFP2, al chiuso o in presenza di assembramenti, fino al decimo giorno successivo alla data dell’ultimo contatto stretto. Norme che continuano ancora a dividere gli esperti.” Si deve intervenire sull’isolamento dei positivi uscendo dalla logica costrittiva e gestirlo invece in modo sanitario” sostiene Matteo Bassetti, infettivologo dell’ospedale San Martino di Genova, aggiungendo che “ è arrivato il momento di allineare il Covid ad altre malattie infettive respiratorie: siccome è diventato un virus simile all’influenza, deve essere a questo equiparato.
La modifica della quarantena è un ulteriore modo per convivere con il Sars-CoV-2. Mi auguro che lo stop alla quarantena sia tra primi provvedimenti che prenderà il nuovo governo”. Ma l’ipotesi di un “liberi tutti” nonostante la conferma della positività al virus, viene bocciata dal presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli. Per Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza, eliminarla sarebbe “una pessima idea” perché “il tracciamento e l’isolamento sono tutte misure essenziali per il controllo dell’epidemia. Se si vuole controllare l’epidemia, bisogna seguire i canoni che ormai da centinaia di anni vengono insegnati in sanità pubblica. Non seguire testing, tracciamento e isolamento significa permettere che aumenti il numero delle persone contagiate, dei malati, dei morti e prolungare gli effetti negativi della pandemia anche in termini di economia”. La quarantena dunque resta, come anche l’obbligo vaccinale per alcune categorie.
Vaccini. Chi ancora è obbligato a farli? E quanti l’hanno già fatto?
Prorogato al 31 dicembre 2022 l’obbligo vaccinale per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario, tutti i lavoratori impegnati in strutture residenziali socio-sanitarie e socio-assistenziali, il personale che svolge a qualsiasi titolo la propria attività lavorativa nelle strutture come ospedali, residenze sanitarie assistite, ambulatori, studi medici e odontoiatrici, centri diagnostici. Per il resto della popolazione – invece – il vaccino è consigliato. Consiglio seguito da oltre 49 milioni di persone che ad oggi hanno fatto almeno una dose. Ma l’obiettivo di governo e regioni è far sì che tutti completino il ciclo vaccinale, facendo anche i richiami necessari.
Primi fra tutti fragili e anziani, perché sono loro che rischiano di più se contraggono il virus. Dopo la quarta dose, infatti, si inizia a ragionare su una quinta. Chi può farle? La somministrazione della seconda dose di richiamo (second booster) o “quarta dose” è raccomandata a ultrasessantenni, fragili, donne in gravidanza, operatori sanitari, operatori e ospiti delle Rsa. Questo però non significa che possano farla solo queste categorie, chiunque abbia più di 12 anni può ugualmente sottoporsi alla vaccinazione. Per tutti però deve essere trascorso un intervallo minimo di almeno quattro mesi dalla prima dose booster o dall’ultima infezione successiva al richiamo. Per quanto riguarda la quinta – invece – in attesa di una circolare del Ministero, si è già aperto il dibattito con l’assessore al Welfare della Regione Lombardia, Letizia Moratti, che ha posto in commissione Salute una richiesta al Ministero per capire se possiamo vaccinare con la quinta dose i più fragili nelle Rsa.
La diffusione del virus, l’ultimo monitoraggio settimanale
Un continuo andamento ondulatorio, con picchi di casi poi discese e di nuovo risalite. Un sali e scendi a cui stiamo assistendo da oltre due anni, con la preoccupazione degli esperti che aumenta in vista dell’inverno quando passiamo la maggior parte del tempo chiusi in casa, in ufficio o a scuola. Da quest’anno poi senza le mascherine. A cosa porterà tutto questo? Cosa dobbiamo aspettarci? Secondo l’ultimo monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità e del Ministero della Salute, rispetto alla settimana precedente, l’incidenza aumenta e arriva a 383 casi ogni 100.000 abitanti. A crescere è anche l’indice di trasmissibilità, che supera la soglia epidemica. Questo significa che ogni positivo può contagiare almeno un’altra persona e in alcuni casi più di una. L’impatto sugli ospedali è ancora limitato ma sono in lieve aumento i tassi di occupazione dei posti letto in terapia intensiva e nei reparti ordinari. Dati che confermano come la pandemia non sia finita e che molto anche dipende da noi e dai nostri comportamenti perché – nonostante sia passato molto tempo da quando il virus è apparso nelle nostre vite – non abbiamo ancora adeguato i nostri comportamenti. Ad ogni inversione della curva puntualmente si verifica un parallelo calo dei test eseguiti. Questo rende più difficile il tracciamento e l’individuazione di nuovi focolai che si potrebbero bloccare per evitare una nuova ripresa dei contagi. Non bisogna poi dimenticare che sono molti i positivi al tampone fatto in casa che poi non dichiarano l’esito. Non risultano dunque nei sistemi ufficiali, ma rappresentano un moltiplicatore di casi. “Il futuro della pandemia da Sars-Cov-2 non dipende solo da nuove varianti che possono emergere e sostituire quelle precedentemente circolanti – sottolinea il Ministero della Salute – ma anche dai comportamenti e dallo stato immunitario della popolazione”. Molto dunque dipende da noi. Servono ancora prudenza, pazienza e vaccini.