L’Algarve vuole proteggere i suoi polpi

I molluschi rappresentano la prima forma di guadagno ittico del Paese, ma l’obiettivo rimane la salvaguardia della biodiversità

L’Algarve è la regione più meridionale del Portogallo, costantemente illuminata dal sole e con un clima praticamente perfetto: spiagge dalla sabbia fina e acqua cristallina, falesie rocciose, riserve naturali, barriera corallina e tanti polpi. Questi molluschi marini, nonostante siano protagonisti di diverse preparazioni culinarie portoghesi in tutte le salse e con variegate cotture, non sono ancora ritenuti una specie in estinzione.

Tanti i metodi di pesca e una riproduzione sempre soddisfacente
In Portogallo il polpo è il prodotto ittico più redditizio – (foto Pixabay) ilMillimetro.it

Ma se dal 1980 al 2014 le catture globali dei polpi sono quasi raddoppiate e le tecniche di cattura sono sempre più avanzate, com’è possibile che questo fenomeno ancora non abbia preso una piega drammatica?

Non si pescano più i polpi di una volta

Il Portogallo consuma circa 15.000 tonnellate di polpo l’anno, con oltre la metà degli sbarchi nella regione dell’Algarve. Proprio qui, essendo il prodotto ittico tipico più redditizio, desta non poche preoccupazioni alla comunità di pescatori locali, fornendo loro tutto ciò che necessitano per condurre una vita dignitosa.

La pesca è il mestiere per eccellenza nella regione più meridionale del Portogallo
Le spiagge nella regione dell’Algarve – (foto Pixabay) ilMillimetro.it

Trattandosi di una località turistica, che in estate pullula di persone provenienti da tutto il mondo, si teme che la pesca commerciale possa esercitare una pressione sulla barriera corallina tale che porti alla diminuzione delle catture dei polpi. Questo fenomeno ha già preso piede, nonostante il Portogallo disponga di una serie di regole per garantire che il polpo non venga sovrasfruttato: per legge, i pescatori non possono sbarcare polpi durante i fine settimana e un polpo deve essere rigettato in mare se è inferiore a 750 g (26,5 oz).

Miguel Rodrigues, l’ex presidente dell’Associazione dei pescatori di Armação de Pêra, è uno dei pochi pescatori che ancora utilizza tecniche tradizionali per la cattura dei polpi: cala in acqua le nasse, cioè delle pentole in argilla rossa, e le lascia sul fondo del mare per giorni. I polpi entrano, credendo di trovare riparo e protezione, e rimangono all’interno. Quando il piatto viene sollevato, il polpo è catturato. Tuttavia, in caso di tempesta la nassa si frantuma, divenendo così una sorta di freno dovuto alle condizioni climatiche che aiuta a gestire in maniera più sana la pesca. Se da un lato c’è l’intenzione di tutelare questi molluschi, dall’altro vi è solamente il desiderio di soddisfare la fame dei commensali di ristoranti stracolmi di gente.

Rodrigues ha affermato: “Hanno più reti da pesca e più modi per catturare i pesci, ma non ci sono più i pesci”. Nel caso particolare dei polpi bisogna, però, prendere in considerazione le caratteristiche di questi cefalopodi: sono animali senzienti, cioè in grado di provare sensazioni proprio come gli esseri umani, dotati di profonda intelligenza e destinati a morire dopo la riproduzione, con una durata di vita massima pari a due anni. Per questa ragione è difficile poter estrapolare dati certi e precisi che ci permettano di monitorarne l’aumento o la diminuzione della popolazione, al contrario di tonni e sardine.

Area Marina Protetta

Ciò che rimane certo è, invece, il ruolo fondamentale svolto dalla barriera corallina, la quale costituisce un rifugio per la maggior parte delle specie autoctone della regione, compreso il polpo. All’interno della barriera, però, oltre ad una vasta gamma di specie marine, che godono di uno status di conservazione, come ad esempio i cavallucci marini, sono presenti grotte storiche venutesi a creare naturalmente per via degli agenti atmosferici, che la rendono tappa fissa di moltissimi turisti. Nel 2021 è stata creata la prima Area Marina Protetta di Interesse Comunitario del Portogallo, dagli abitanti del luogo, volta a preservare la flora e la fauna della barriera corallina. Le AMP (aree marine protette) sono considerate santuari oceanici o zone di divieto di pesca, chiuse all’interno di confini stabiliti.

La risorsa più importante è nei nostri mari
La barriera corallina è fondamentale per le specie autoctone della zona – (foto Pixabay) ilMillimetro.it

Dopo aver individuato il perimetro di una determinata area, marina e costiera, se ne studiano le caratteristiche interne ed esterne, e si procede con l’organizzazione e l’esecuzione del regolamento contenente una serie di divieti: la navigazione a motore; la cattura, la raccolta e il danneggiamento delle specie animali e vegetali, nonché l’asportazione di minerali e di reperti archeologici; ogni forma di discarica di rifiuti solidi e liquidi; l’alterazione dell’ambiente geofisico e delle caratteristiche chimiche e idrobiologiche delle acque; lo svolgimento di attività pubblicitarie; l’introduzione di armi, di esplosivi e ogni altro mezzo distruttivo e di cattura. Affinchè tali aree funzionino è necessaria, però, la piena partecipazione dei pescatori locali.

Modello innovativo della co-gestione

Le acque dell’Algarve, un tempo ricche di vita marina, divenute note anche in quanto patria dei polpi, si stanno gradualmente assottigliando. La comunità locale è in conflitto con gli operatori turistici: i primi mirano alla conservazione della specie e rifiutano il fatto che persone esterne possano sottrarre loro cibo lavoro e denaro; gli ultimi, per fini commerciali, non vedono altro al di fuori del profitto. Un’altra disputa in atto è quella tra i pescatori locali e le istituzioni politiche. A Sesimbra, una città balneare a sud di Lisbona, è stata creata un’area marina protetta con un approccio dall’alto verso il basso, cioè dalle strutture governative in giù. Ciò ha suscitato non poca rabbia nei pescatori locali, i quali si sono sentiti marginali, se non completamente estranei da quello che li riguarda appieno. Uno studio ha esaminato che, su 27 esempi di AMP in tutto il mondo, il coinvolgimento delle parti interessate è il fattore più importante per portare a termine un ottimo lavoro.

La pesca è l'attività principale del Portogallo
I pescatori nella regione dell’Algarve – (foto Pixabay) ilMillimetro.it

Si parla di co-gestione, ovvero un modello innovativo sostenuto dal WWF del Portogallo, che presuppone una condivisione del potere tra il governo e coloro che possiedono le risorse. I pescatori in questo modo, potendo partecipare ai processi decisionali riguardanti la pesca, si impegnano maggiormente nell’attuazione delle misure prese e nel rispetto delle regole. La cogestione implica, inoltre, la collaborazione tra scienziati e pescatori, i quali condividono le rispettive conoscenze e lavorano insieme per sviluppare piani di gestione efficaci. Nel febbraio 2024 il modello di cogestione è stato approvato con il sostegno di oltre il 75% dei titolari di licenza, che rappresentano più di 700 pescatori dell’Algarve. Tramite questo progetto le comunità locali, dopo un iniziale scetticismo, stanno prendendo consapevolezza dei rischi in cui ci si può imbattere per via di una pesca senza controllo, conoscendo i limiti e la biologia delle risorse a loro disposizione e contribuendo in questo modo ad una maggiore sostenibilità ambientale.

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