Due milioni di ettari bio, l’Italia comanda

Il paesaggio italiano, così come quello di tanti altri paesi, soffre sempre di più a causa delle conseguenze disastrose del cambiamento climatico ed è questo il motivo per cui è fondamentale investire su quelle politiche che tutelino l’ambiente e ne preservino il suo stato di salute. Tra i tanti modi per farlo, uno è quello di aumentare le superfici coltivate attraverso metodi biologici e l’Italia su questo è a buon punto, tanto che quest’anno ha raggiunto un primato europeo: la più alta percentuale di superfici bio rispetto al totale, con oltre 2,1 milioni di ettari, il 17,4%. Un dato molto virtuoso se paragonato a quello della Spagna e della Germania (al 10%) e della Francia (al 9%) e che si avvicina, inoltre, agli obiettivi previsti dalla strategia europea che prevede di portare, entro il 2030, le superfici bio al 25%.

Le sfide dell’agricoltura biologica

L’agricoltura italiana è arrivata ad essere la più sostenibile d’Europa dopo un lungo percorso durato anni. Nell’ultimo decennio, fa sapere il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, le aziende italiane hanno tagliato del 20% l’uso dei pesticidi, al contrario di quanto è accaduto in altri paesi europei. Ma non è solo l’esclusione di questi prodotti che rende un terreno “biologico”. È necessario, infatti, che vengano impiegate solo sostanze naturali, cioè reperibili in natura. Nessun tipo di concime, diserbante e insetticida. L’intento è quello di sfruttare al massimo la potenzialità congenita e la naturale fertilità del suolo, limitando al massimo l’intervento umano, per lo più nocivo. Il tutto è finalizzato a rispettare i cicli di vita dell’ecosistema così da garantirne la sopravvivenza. A livello nazionale ci sono oltre 86 mila imprese che già operano in questo modo, aumentate del 79% negli ultimi dieci anni, e quattro regioni italiane – Toscana, Lazio, Calabria e Basilicata – hanno già raggiunto e superato gli obiettivi europei con otto anni di anticipo rispetto ai tempi prefissati da Bruxelles.  Gran parte di queste aziende produce, inoltre, molte delle eccellenze Dop e Igp (certificazioni nate per proteggere la tipicità di alcuni prodotti agroalimentari) del Paese. Il valore del mercato raggiunge quasi 5 miliardi di euro e il comparto più forte è senz’altro l’ortofrutticolo che, da solo, fa il 46,1%; ogni anno aumentano, in particolare, le coltivazioni biologiche di vite, di grano duro, i seminativi e i vigneti.

Due milioni di ettari bio, l'Italia comanda
Foto Beatrice Maroni – Azienda Agricola Jasci e Marchesani

Il mercato in crescita: più domanda, più offerta

Nonostante a causa del generale aumento dei prezzi e dei tagli nel carrello della spesa degli italiani nei primi mesi del 2022, la spesa biologica sia lievemente scesa (del 0,5% rispetto allo stesso periodo del 2021), negli ultimi anni sono aumentati notevolmente gli acquisti di prodotti bio. Un italiano su cinque, secondo una ricerca Coldiretti/Ixè, consuma regolarmente bio ed è disposto a pagare anche di più rispetto a prodotti di cui non conosce l’origine, mentre il 13% dei consumatori è certo che in futuro aumenterà la spesa destinata a tali prodotti. Le vendite nel mercato interno hanno raggiunto nel 2021 4,6 miliardi di euro, con un aumento del 5% rispetto all’anno precedente. La domanda negli ultimi anni è cambiata e i prodotti biologici non sono più visti come una moda, tanto che in più della metà delle famiglie italiane (il 54%) vengono consumati almeno una volta a settimana. La scelta dipende indubbiamente dal reddito, dalla composizione del nucleo familiare (dove ci sono bambini piccoli la percentuale di acquisti cresce) e da alcune scelte etiche come l’essere vegetariani o vegani (il 76% dei quali acquista prodotti bio). Tanti altri incorrono nell’acquisto di prodotti biologici spinti dalla curiosità o dalla voglia di apportare più benefici possibili al proprio corpo e all’ambiente. Il 39% dei consumatori sceglie prodotti sostenibili proprio in virtù dei minor danni apportati indirettamente all’ambiente e agli animali.

Per tali ragioni, condivise da un numero sempre crescente di consumatori, i negozi specializzati aumentano e moltiplicano di anno in anno i propri guadagni. Sempre più numerosi anche i punti vendita biologici all’interno di negozi di vicinato, mercatini, farmacie, parafarmacie, che registrano vendite per 723 milioni di euro. Nell’ultimo anno tra tutti i canali di vendita quello online ha segnato l’incremento più significativo: +67% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Ma quali sono i prodotti green più acquistati dagli italiani nei supermercati? Al primo posto (fonte: elaborazioni Nomisma su dati Nielsen) la pasta, i prodotti da forno, le conserve e i sughi. Seguono formaggi, salumi, yogurt, uova e l’ortofrutta. In generale, il prodotto biologico più acquistato in assoluto è l’uovo di gallina – spesso anche presso piccoli fornitori locali o botteghe di quartiere – seguito dalle confetture, le bevande vegetali, le gallette e il latte fresco. Nel canale online, invece, i prodotti più venduti sono quelli destinati alla cura degli animali, mentre nei supermercati discount primeggiano le bevande.

I prezzi sono innegabilmente più elevati rispetto a quelli standard, motivo per cui tra i principali elementi che determinano la scelta, come detto, c’è il reddito. Il Wwf richiede da tempo una riduzione dell’aliquota Iva al 2% per i prodotti bio certificati e l’introduzione di un bonus fiscale per agevolare i consumi da parte di donne in stato di gravidanza e famiglie con bambini fino a 3 anni di vita.  Sulla stessa linea anche la Cia (Confederazione Italiana Agricoltura): “Occorre accogliere un’altra sfida, più coraggiosa. Costruire una grande campagna che tuteli il biologico da quest’impasse inflazionistica e ne faccia il motore del cambiamento, puntando su qualità e ruolo del settore e su uno sviluppo integrato che coinvolga nel territorio associazioni, istituzioni e imprese” ha detto il presidente nazionale Cristiano Fini, che ha aggiunto “bisogna agevolare gli investimenti, canalizzare ricerca, innovazione e le risorse già stanziate”. A tale scopo nella Politica Agricola Comune Europea per il periodo 2023-2027 sono stati stanziati 2,1 miliardi; nel fondo complementare al Pnrr per i contratti di filiera oltre 300 milioni, per sostenere e promuovere il comparto, ridurre i costi di produzione e i prezzi al consumatore.

Due milioni di ettari bio, l'Italia comanda
Foto Beatrice Maroni – Azienda Agricola Jasci e Marchesani

Il successo dell’export

L’interesse per i prodotti biologici del nostro Paese non si limita ai confini della penisola. Nel 2022 la vendita di prodotti biologici italiani all’estero è infatti aumentata del 16% e con ogni probabilità alla fine dell’anno il fatturato supererà quota 2,9 miliardi di euro raggiunta nel 2021. Le eccellenze enogastronomiche sono tra i prodotti italiani più richiesti all’estero e quelle biologiche soddisfano anche la volontà, sempre più forte, di consumare prodotti che rispettino la natura. Secondo i dati dell’analisi di Ita.Bio (piattaforma online per l’internazionalizzazione del biologico made in Italy curata da Nomisma e promossa da Ice e FederBio, presentata a Bologna in occasione di Sana, Salone del Biologico e del naturale) l’agroalimentare va sul podio tra i tre settori il cui export è cresciuto di più dal 2019 al 2021. In particolare si registra un incremento notevole delle vendite extra confine di vino bio italiano (+18%). Quattro aziende vitivinicole su dieci prevedono, nei prossimi mesi, una crescita del fatturato in horeca (hotellerie-restaurant-café) mentre tre su dieci si attendono un incremento delle vendite nei canali della grande distribuzione. Le principali destinazioni del cibo italiano bio in Europa sono la Germania (63%), Francia (46%) e il Benelux (34%). Per il vino al primo posto il mercato tedesco (67%), seguito dai Paesi scandinavi (61%) e dal Benelux (59%). Un trend positivo destinato a migliorare ulteriormente, dal momento che la metà delle aziende food bio prevede di aumentare nel prossimo anno il fatturato legato all’export. Investimenti sicuramente proficui, seppure la presidente di FederBio Maria Grazia Mammuccini sottolinea che “non possiamo però puntare tutto il nostro impegno sull’export – dobbiamo stimolare un investimento strategico per rilanciare anche il mercato interno, affinché le nostre produzioni buone e sane non vengano consumate solo all’estero”. Ancor di più in questa delicata fase storica in cui la crisi energetica ha causato notevoli aumenti sui costi di produzione, il biologico si presenta come una grande opportunità in quanto consente di tagliare un terzo dei consumi energetici attraverso l’utilizzo di tecniche meno intensive e l’abolizione di concimi chimici, ottenuti dalla sintesi di prodotti con l’uso di gas. In media la filiera bio risparmia il 30% di energia rispetto all’agricoltura tradizionale e in alcuni casi, come per la coltivazione delle mele, si arriva addirittura al -45%. Fattori determinanti che, si spera, portino ad un ulteriore aumento dell’estensione delle superfici biologiche e a nuovi positivi record.

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