L’odio “silenziato”

L’indignazione solo quando conviene, quando è coerente per la narrazione della storia che si vuole raccontare

Morte agli arabi”. “Che il vostro villaggio bruci”. Forse non lo sapete, ma nella giornata di ieri migliaia di cittadini israeliani si sono uniti in una parata annuale chiamata “La marcia delle bandiere”, nella parte occupata di Gerusalemme, gridando questi slogan razzisti. Si tratta, fondamentalmente, di una specie di giornata della “provocazione autorizzata”, un evento che prende di mira specificamente le aree palestinesi della città occupata di Gerusalemme, quelle dove Israele non è riuscito a giudaizzare. Le forze di occupazione israeliane così costringono i negozi palestinesi a chiudere e consentono ai coloni israeliani di marciare, aggredendo palestinesi e giornalisti che seguono l’evento.

Sì, perché nel corso di questa manifestazione, i partecipanti hanno anche aggredito Nir Hasson di Haaretz, un giornalista palestinese che si stava occupando di riprendere quanto stesse accadendo, così come il fotoreporter Saif al-Qawasmi.

Anche Itamar Ben-Gvir, il ministro israeliano per la sicurezza nazionale (di estrema destra), ha partecipato alla marcia e ha invitato il primo ministro Benjamin Netanyahu a “essere forte“, in una sorta di critica neanche troppo velata alla proposta di un accordo di tregua per fermare la guerra a Gaza.

Saif al-Qawasmi, il giornalista palestinese aggredito in Israele
Saif al-Qawasmi aggredito a Gerusalemme (Screenshot Al Jazeera) – il Millimetro.it

Sono notizie che forse avete visto, letto o sentito. Qualche mezzo di informazione effettivamente ne ha parlato, ha riportato quanto accaduto. In pochi, però, hanno espresso la propria indignazione per quanto successo, per il fatto che migliaia di persone si augurino la morte di altre (oltre alle 36.500 che già hanno perso la vita). Ed è quantomeno particolare. Perché se la medesima situazione fosse avvenuta a parti invertite, con cittadini arabi inneggianti la morte degli israeliani, molto probabilmente non ci sarebbe stato lo stesso tipo di narrazione degli eventi, l’enfasi sarebbe stata un po’ differente, i comportamenti dei “cattivi terroristi palestinesi” sarebbero stati presi come esempio per giustificare quelli degli israeliani. Alla fine è sempre la stessa storia. O meglio, è sempre la stessa versione della storia che viene proposta a chi non decide di informarsi da solo.

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