La Colombia di Petro sogna la democrazia

Da oggi cominciamo a lavorare affinché “più cose impossibili siano possibili in Colombia”, è questa la promessa di Gustavo Petro, che l’8 agosto ha assunto la carica di presidente, il primo di sinistra nella storia del Paese che da anni vive una guerra interna tra il governo – prima conservatore – e i gruppi di guerriglia. Nella capitale Bogotà una folla riunita in Plaza de Bolivar ha accolto il nuovo leader, un senatore 62enne di lungo corso, in gioventù membro non combattente della guerriglia M19. Dal 2012 al 2014 sindaco della capitale, poi destituito dalla carica per abuso d’ufficio a seguito di presunte irregolarità nella gestione della raccolta dei rifiuti e reintegrato dopo un ricorso vinto. Di lì la sua ascesa politica. Nel 2018 è arrivato secondo nel primo turno delle elezioni presidenziali, perdendo poi il ballottaggio. Nel 2022 si è candidato nuovamente a capo della coalizione Pacto Historico. Dopo essere arrivato primo al primo turno, con il 40,34% dei voti, si presenta al secondo turno contro Rodolfo Hernandez da cui esce vincitore con il 50,44% dei voti. Ovunque per la città sono apparsi manifesti e murales che ritraggono il nuovo leader a fianco della sua nuova vicepresidentel’avvocatessa ambientalista e femminista Francia Marquez. Sin dal primo momento della sua campagna elettorale, Petro ha mostrato la sua convinzione di quanto la nazione abbia bisogno di una profonda rivoluzione politica, economica, culturale e sociale.

La Colombia di Petro sogna la democrazia

Le sfide del primo presidente di sinistra

Non appena insediatosi, il presidente ha promesso di combattere la disuguaglianza e portare la pace laddove per anni – con i governi di destra – il paese si è trovato alle prese con vere e proprie faide tra le istituzioni, i gruppi ribelli e i narcotrafficanti.  Si tratta – ha detto – di una “seconda possibilità” che la nazione ha ottenuto, per affrontare la povertà (che colpisce il 36% dei colombiani) e la violenza. Quest’ultima è una vera piaga, frutto dell’azione incrociata di ex paramilitari, narcos e guerriglie ex Farc (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia) e Eln (Esercito di Liberazione Nazionale) che ha causato per decenni un numero impressionante di vittime, oltre 450 mila persone negli ultimi 60 anni. Il nuovo Governo ha dichiarato la volontà di impegnarsi in possibili colloqui con i gruppi armati e nella sospensione dei bombardamenti contro l’Eln e le Farc. Lo scopo è quello di ridurre le morti tra i civili, di cui molti sono bambini reclutati in questi gruppi, soprattutto nelle aree dove c’è una minor presenza dello Stato. Un obiettivo piuttosto complicato da raggiungere, proprio in virtù dell’annosità della questione. Tra le trasformazioni auspicate e prefissate da Petro c’è anche quella del raggiungimento di un’eguaglianza sociale, un vero e proprio progetto democratico basato sulla giustizia sociale e il rispetto dei diritti della persona.

Non mancano le sfide anche a livello internazionale, tra tutte una maggiore integrazione latino-americana e un abbattimento delle barriere che l’amministrazione precedente aveva alzato nei confronti di alcuni paesi come Cuba e Venezuela. In particolare con quest’ultimo i rapporti sono stati molto tesi negli ultimi anni. I due Paesi condividono una frontiera di oltre 2100 chilometri. Le relazioni diplomatiche si interruppero nel febbraio del 2019 quando il presidente venezuelano Maduro decise di porre fine ai rapporti dopo che l’allora presidente della Colombia, Ivan Duque, aveva reso noto di appoggiare Juan Guaidò, leader dell’opposizione di Caracas. Ancor prima, sette anni fa, fu chiusa la frontiera. Un netto allontanamento diplomatico tra le due nazioni che ha avuto forti conseguenze soprattutto sull’aumento della criminalità e degli scontri tra gruppi armati. L’obiettivo della nuova squadra di ministri è quello di superare la situazione degli ultimi quattro anni in cui, sotto la presidenza del conservatore Ivan Duque, la Colombia è stato uno dei più acerrimi avversari del Venezuela. Oltre 1,4 milioni di cittadini venezuelani e numerosi disertori militari e oppositori radicali del governo chavista (Hugo Chavez è il predecessore di Maduro ndr) hanno trovato ospitalità nel territorio colombiano.

Primi interventi e risultati del nuovo governo

L’11 agosto il Venezuela e la Colombia hanno annunciato l’invio dei rispettivi ambasciatori nei due Stati. Petro ha detto che i due Paesi stanno lavorando a un “piano molto serio per l’apertura programmata e progressiva della frontiera comune. Andremo avanti a piccoli passi – ha aggiunto – avanzando nel ristabilimento e nella ricostruzione delle nostre relazioni politiche, diplomatiche, economiche e commerciali”.  Intanto il presidente venezuelano Maduro ha ordinato al suo ministro della difesa di avviare un contatto immediato con il suo omologo colombiano, per ristabilire le relazioni militari tra i due Paesi. A inizio mese l’atteso annuncio di Petro su Twitter: “Il 26 settembre verrà riaperto il confine tra Colombia e Venezuela e saranno ristabiliti i collegamenti aerei e il trasporto merci tra i due Paesi”. Ancor prima di quest’importante mossa di politica estera Petro, l’8 agosto,ha presentato la Riforma tributaria per l’uguaglianza e la giustizia sociale. “Le tasse non saranno confiscatorie ma saranno semplicemente giuste in un Paese che deve riconoscere come aberrazione l’enorme disuguaglianza sociale nella quale vive”, ha detto il neopresidente nel suo discorso inaugurale.

La Colombia di Petro sogna la democrazia

La riforma si muove in un’ottica riformatrice basata su una tassazione progressiva che vuole pesare maggiormente sui più ricchi, in particolare sui settori economici legati all’estrazione di idrocarburi e carbone – ma anche le bevande zuccherate e i prodotti che danneggiano l’ambiente – per favorire, tra le altre cose, lo sviluppo dei settori legati alla transizione ecologica, altro tassello cardine del suo programma politico. Lo scopo prefissato è quello di raccogliere 25 miliardi di pesos entro il 2023 (circa 273 milioni di dollari) e oltre 50 miliardi entro il 2026. Cifre da investire poi su nuove politiche sociali volte a diminuire il gap tra i ricchi e i poveri. Si tratta del primo passo verso un riassetto dell’economia del Paese che, come molti altri paesi del sud America, è reduce dal duro colpo causato dalla pandemia e già prima non versava in buone condizioni. Il precedente governo di Duque, nel 2021, provò a risollevare le casse dello Stato tassando la classe media che reagì con diverse proteste in piazza, costate la vita a 46 persone. Per quanto riguarda l’obiettivo “pace sociale” il ministro degli esteri, Alvaro Leyva, l’11 agosto è andato all’Avana per riallacciare i rapporti con i rappresentanti dell’Eln (Esercito di Liberazione Nazionale) che risiedono a Cuba. Petro ha anche rivolto un appello a un gruppo di paramilitari coinvolti nel narcotraffico, le Forze di autodifesa gaitanista (Aug), noto come “Clan del Golfo”. La riappacificazione è un elemento fondamentale del progetto del nuovo governo ma già una volta (il 3 settembre) è stata minacciata: in un attacco con esplosivo nel villaggio di San Luis (sud est del Paese) otto poliziotti sono stati assassinati. “Un fatto grave, un sabotaggio contro il progetto di pace totale” ha detto il presidente che, nonostante le difficoltà e gli ostacoli, continua a portare avanti la sua missione. Tra le ultime novità introdotte il ritiro dal Consenso di Ginevra, un gruppo di 36 Paesi i cui governi sono contrari all’interruzione della gravidanza.

La Colombia di Petro sogna la democrazia

Per il ministero degli Esteri colombiano, si legge sulle pagine del quotidiano El Espectador, “il fatto di rinunciare a questo accordo è dovuto all’impegno del nuovo governo di promuovere la salute e il benessere delle donne”. Diversi gli obiettivi prefissati anche sulle tematiche ambientali. Nelle pagine di El Espectador si legge che il 9 settembre Petro ha detto che stava valutando la possibilità di decretare lo stato d’emergenza economica per affrontare al meglio la crisi climatica che colpisce varie regioni della Colombia e potrebbe aggravarsi nei prossimi mesi a causa dell’aumento delle piogge torrenziali. Un’ipotesi che, se concretizzata, permetterebbe al presidente – per tre mesi – di far passare leggi e decreti più rapidamente senza dover ricorrere al dibattito parlamentare. A prescindere da questo recente rischio, sin dai primi giorni il nuovo gabinetto ha lavorato su nuovi progetti che investano sull’energia geotermica e a un nuovo piano contro la deforestazione. Il Paese ha perso oltre 3 milioni di ettari di foreste negli ultimi vent’anni. La regione più colpita è l’Amazzonia, dove sono stati devastati oltre 1,8 milioni di ettari. La ministra dell’Ambiente e dello Sviluppo Sostenibile, Susana Muhamad, ha annunciato che avrà la priorità l’arco amazzonico colombiano, il sud di Meta, Caquetá e Guaviare, luoghi in cui c’è il 66% della deforestazione della Colombia. Stando all’entusiasmo con il quale i colombiani hanno accolto l’insediamento di Petro sembra che abbiano la sua stessa voglia di vedere il Paese trasformarsi per tendere sempre più verso una democrazia. Il programma del nuovo Governo, che tocca molteplici temi, avrà bisogno di mesi, anni, per realizzarsi e troverà non pochi ostacoli. La determinazione del nuovo presidente, del suo vice e dei ministri è tuttavia emersa in tempi molto brevi e lascia ben sperare.

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