Tra problemi ancora da risolvere e incertezze varie, in alcune regioni la scuola e’ iniziata. In altre ripartirà a breve. I primi a tornare in classe, il 5 settembre, sono stati gli studenti della provincia di Bolzano. Poi via via toccherà agli altri. Abruzzo, Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Veneto e la provincia di Trento partiranno il 12 settembre. Il giorno dopo rientreranno in aula gli studenti campani. Il 14 apriranno le porte le scuole di Calabria, Liguria, Marche, Molise, Sardegna, Puglia e Umbria. Il 15 Emilia-Romagna, Lazio e Toscana. Ultimi i siciliani e i valdostani che torneranno il 19 settembre. Tutti con le solite difficoltà organizzative di ogni anno. Difficoltà aggravate, come denuncia la Flc Cgil, “da un’emergenza sanitaria solo formalmente alle spalle, da provvedimenti e indicazioni carenti del Ministero dell’Istruzione e dalla grave instabilità della fase politica”.
Mancano i professori
Il personale è poco e il malcontento tanto. Il problema più grande – evidenziano i sindacati – è l’assenza di insegnanti. Secondo i loro calcoli, nonostante l’espletamento, in questi mesi, di numerosi concorsi, le cattedre scoperte sarebbero oltre il 50% rispetto alle disponibilità di assunzioni arrivate dal Mef. Secondo un’indagine della rivista “Tuttoscuola” sarebbero ben il 56% le cattedre senza professori per via dei ritardi nelle procedure concorsuali. Tradotto: almeno 150-200mila i docenti precari che dovrebbero colmare l’assenza di professori titolari. Ma a mancare non sono solo i docenti, servono anche – lamentano ancora i sindacati – 15 mila amministrativi e collaboratori scolastici e 500 presidi. Nel Lazio, ad esempio, 100 scuole inizieranno l’anno scolastico senza dirigente. Per Francesco Sinopoli, segretario della Flc Cgil, “serviva l’organico covid ma non è stato rinnovato. Poi c’è la questione del rinnovo del contratto collettivo di lavoro: servono risorse aggiuntive”. Sulla stessa linea Giuseppe D’aprile, segretario Uil Scuola. “Il nuovo anno scolastico – dice – parte con il piede sbagliato. Nulla di diverso rispetto agli altri anni”, in più c’è che ” le graduatorie dei concorsi sono piene di errori”. In alcune regioni come Umbria e Molise, infatti, sono state prima pubblicate e poi ritirate. Insomma, un po’ tutte le scuole sono nel caos.
Problemi però smentiti dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi che assicura come alla riapertura delle scuole tutti i docenti saranno al loro posto. “In molte regioni – spiega – abbiamo fatto le supplenze, quest’anno non ci saranno le 40 mila supplenze legate al covid. Quindi non è che mancano ma non ci sono perché erano legate al covid”. Per Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi “avere numeri precisi è sempre difficile. Forse si sta parlando di cifre diverse”. Quando il ministro afferma che sono state coperte tutte le cattedre, secondo Giannelli, è probabile che faccia riferimento a quelle messe a concorso. Quando, invece, i sindacati dicono che ne mancano 200mila plausibile che facciano riferimento al fatto che non ci sono 200mila docenti di ruolo. Numeri a parte, il vero problema per Giannelli è il meccanismo di assunzione usato in Italia che “non è in grado di assicurare la copertura delle necessità”. Il meccanismo basato sui concorsi centralizzati “non funziona e non ha mai funzionato. L’unico valido, secondo il presidente dell’Anp è quello delle assunzioni dirette da parte delle scuole, “non a caso così si fa in quasi tutti i paesi europei”.
Scuola e covid, come gestire la pandemia?
Tra linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità, circolari del Miur e vademecum vari, nell’ultimo mese c’è stata non poca confusione su cosa dovessero fare con esattezza i singoli istituti per gestire la pandemia. Quasi tutte le regole in vigore in questi anni sono scomparse, inclusa quella che impediva ai docenti non vaccinati di insegnare. Ora possono tornare in classe a fare lezione. Lo stesso vale per collaboratori scolastici, quelli che un tempo chiamavamo bidelli, e amministrativi che potranno ripresentarsi al lavoro pur senza essersi sottoposti all’obbligo vaccinale. Niente più misurazione della febbre all’ingresso. Per accedere ai locali scolastici non è prevista dunque alcuna forma di controllo preventivo da parte delle istituzioni scolastiche. Equiparato il covid ad una normale influenza, ora chi risulterà positivo sarà semplicemente assente giustificato, ma non potrà più seguire le lezioni da casa. Da quest’anno infatti non è più prevista la didattica a distanza.
Per tornare in classe l’alunno dovrà aver fatto un tampone ed essere risultato negativo. A sparire non sarà solo la Dad, ma anche le mascherine. Non saranno più obbligatorie per tutti, dovranno indossarle solo i fragili e chi presenta sintomi respiratori di lieve entità, ma senza avere febbre. Insomma, se un alunno ha solo il raffreddore può andare a scuola, ma deve avere l’Ffp2 fino a che non spariranno i sintomi e igienizzare spesso le mani. Addio anche al distanziamento. Questo significa che i banchi torneranno ad essere attaccati. Per alcuni studenti un ritorno alla normalità, per altri una nuova scoperta: quella di seguire le lezioni al fianco di un compagno. Quest’anno dunque tutti in classe come prima dell’arrivo del covid. Restano raccomandati il ricambio frequente dell’aria e la sanificazione ordinaria e straordinaria periodica dei locali. Si parte con regole meno rigide, che però potranno essere modificate in caso di una risalita dei contagi.
Sulla scuola pesa anche il caro energia
Non solo virus, ma anche caro energia. Un altro problema che non fa dormire sonni tranquilli ai dirigenti. Il ministro dell’Istruzione Bianchi – dopo le chiusure dovute alla pandemia e le lezioni a distanza – non vuole sentire parlare nemmeno per ipotesi di studenti in Dad come misura per far fronte al caro energia, e nega che il governo abbia messo sul tappeto questa idea tra le opzioni per stringere sui consumi. Gli studenti sono gli ultimi a poter essere colpiti da provvedimenti di austerity, dice. L’ esecutivo “non ha mai parlato della possibilità di fare un giorno in Dad per via del caro energia” e “in ogni caso – ha proseguito il ministro – la mia posizione è chiarissima. Di fronte ai problemi che abbiamo e che tutti conosciamo, la scuola deve essere l’ultima a essere toccata”. Per risparmiare sul riscaldamento c’e’ chi propone la settimana corta, già adottata dal 50% degli istituti, dice l’Associazione Nazionale Presidi. Idea che però non convince tutti.
Diari e astucci sempre più cari
A pesare sulla ripartenza anche il rincaro del corredo scolastico. Lo afferma il Codacons, che segnala come l’avvicinarsi della riapertura delle scuole abbia fatto salire i prezzi del corredo, complice l’emergenza energia che aggrava i costi di produzione per le imprese del settore. Alla base dei rincari spiega l’associazione anche la crisi delle materie prime che ha fatto salire sensibilmente le quotazioni di alcuni prodotti come la carta o il tessile. Secondo il Codacons per quaderni, diari, astucci e tutto il materiale si registrano incrementi medi del 7%, con punte del +10% per i prodotti griffati. Aggiungendo alla spesa per il corredo quella per i libri di testo e per il materiale tecnico, come compassi e dizionari, si arriverà fino a 1300 euro a studente.