Il testo prevede anche la liberazione immediata di tutti gli ostaggi, e in teoria è vincolante. Ma difficilmente Netanyahu rispetterà la decisione
Forse c’è la svolta, entrerà comunque nei libri di storia: il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approvato ieri pomeriggio la sua prima risoluzione per chiedere un immediato cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. La risoluzione è stata approvata dopo mesi in cui i veti incrociati nel Consiglio, soprattutto di Stati Uniti, Russia e Cina, avevano bloccato qualsiasi decisione al riguardo. Non era mai accaduto prima.
Un colpo di scena inaspettato ma fortemente sperato: la sorpresa più rilevante è stata però l’astensione da parte degli Stati Uniti, una mossa che ha fatto infuriare Israele e Netanyahu (tanto da annullare, all’improvviso, il suo viaggio a Washington). Nelle scorse settimane l’appoggio costante degli americani si era indebolito, nelle ultime ore è arrivata la conferma diretta. E adesso cosa succede?
Scenari e prossimi passi
Tecnicamente la risoluzione prevede un cessate il fuoco per il periodo del Ramadan, la ricorrenza più importante per le comunità musulmane nel mondo, iniziato domenica 10 marzo e che si concluderà tra il 9 e il 10 aprile. È prevista anche la liberazione di tutti gli ostaggi tenuti da Hamas nella Striscia e si invita Israele a sbloccare tutti gli ingressi per gli aiuti umanitari sul territorio, dove ormai la situazione è fuori controllo da settimane e la fame è diventato il problema principale. Tale decisione in teoria è vincolante, Israele è obbligato a rispettarla, ma è complicato che ciò accada veramente. Se non dovesse farlo, ovviamente, scatterebbero delle sanzioni economiche.
Nella Striscia, dall’inizio del conflitto, sono stati uccisi 32mila palestinesi (quasi 16mila bambini). La carestia è dilagante, soprattutto nella zona Nord, dove le persone non mangiano da giorni e le mamme non possono più allattare. Secondo le Nazioni Unite, un edificio su tre è stato distrutto a causa della guerra; mentre sarebbero 1,5 milioni i cittadini di Gaza sfollati nella città di Rafah, nel Sud, zona che Israele vorrebbe invadere.
L’astensione degli Stati Uniti
Il colpo di scena riguarda chiaramente gli Stati Uniti, che nella giornata di ieri si sono astenuti creando una rottura (forse) insanabile con Israele.
La rappresentante Linda Thomas-Greenfield ha spiegato che la decisione presa è in linea con gli sforzi diplomatici portati avanti dalla Casa Bianca, che però, a suo dire, si è astenuta perché non in accordo con altre parti del testo: come, ad esempio, la non condanna di Hamas verso gli attacchi del 7 ottobre scorso. Si vedrà, ma adesso il rapporto tra Biden e Netanyahu è appeso a un filo.