Nel Nord Europa soffia un vento più gelido del consueto clima invernale di queste settimane. L’Irlanda e i Paesi Bassi stanno assistendo, nell’ ultimo periodo, ad un cambiamento politico e sociale in atto. È il vento dell’estrema destra che sta prendendo spazio nei cieli nordici europei
Novembre è stato un mese di violente proteste anti-immigrazione nella città di Dublino, la capitale dell’Irlanda, a seguito dell’accoltellamento di quattro persone nel centro della città: due bambine di 5 e 6 anni, un altro bambino di 5 e una donna di circa 30 anni. Si ritiene che ad aver commesso il reato sia stato un uomo irlandese originario dell’Algeria. Immediate sono state le reazioni di odio e rabbia sui social network – molti dei quali con contenuti esplicitamente xenofobi e razzisti, come i messaggi apparsi in una chat denominata Kill All Immigrants – che hanno cominciato a parlare di un attentato terroristico commesso da una persona straniera. Per giorni, in Irlanda, attivisti e cittadini dichiaratamente di estrema destra hanno invaso le strade della capitale, aprendo – di fatto – un grosso dibattito all’interno della leadership politica irlandese sul sentimento anti-migranti che, fino ad ora, sembrava essersi affermato solo in altri grandi Paesi europei.
Intanto, nei Paesi Bassi, Geert Wilders, leader del Partito per la Libertà, si è imposto alle elezioni anticipate del 22 novembre con il 25% dei suffragi: ottenendo così 37 seggi su 159. Influenzato dalle idee del politico olandese di estrema destra Pim Fortuyn, assassinato da un esponente radicale di sinistra nel 2002, Wilders fonda la sua formazione con il sostegno di personalità provenienti da ambienti neoconservatori americani, come il Freedom party, esprimendo anche una linea pienamente anti-sistema, anti-europeista, anti-migranti, anti-Islam. Quello che fa riflettere di queste due vicende apparentemente distanti è il comune passato da Paesi dediti all’accoglienza e tolleranza, ora fortemente messo in discussione. Il mito del Nord Europa come modello di comunità aperta e inclusiva sembra essere oggi minacciato.
In Irlanda cresce il sentimento anti-migranti
In Irlanda i dati mostrano che, a fronte di 5,1 milioni di abitanti, nell’anno in corso, fino ad aprile 2023, il numero di immigrati è stato di oltre 140.000, cifra più alta degli ultimi sedici anni. L’immigrazione netta è stata di 77.600 persone, con un aumento del 50% rispetto all’anno precedente. Anno decisivo è stato indubbiamente il 2021 e la fine delle restrizioni della pandemia COVID-19; nel febbraio 2022, dopo l’inizio dell’invasione russa, quasi 100.000 ucraini sono arrivati in Irlanda.
Il censimento di quell’anno ha rivelato che il numero di persone che vivono in Irlanda, ma che sono originarie di altri Paesi, era pari al 20% della popolazione. Secondo un sondaggio di Ireland Thinks/Sunday Independent il 28% delle persone ha dichiarato che avrebbe preso in considerazione l’idea di sostenere un partito politico con “forti posizioni anti-immigrazione”, il doppio rispetto all’ultima volta che la domanda è stata posta (nel 2021).
Da Paese che accoglie a Paese ostile alle migrazioni
Eppure, la storia d’Irlanda racconta di una terra di partenze e arrivi. Milioni di persone, per tutta la prima metà del secolo Novecento, hanno lasciato l’isola per fuggire da miseria e povertà, cercando un futuro diverso all’estero. Poi, a partire dagli anni ’90, la marea ha cominciato a cambiare. Il boom economico irlandese ha portato una prosperità senza precedenti e, per la prima volta, l’Irlanda è stata una destinazione per i migranti. Stiamo assistendo, dunque, a un cambiamento totale in un luogo in cui l’identità nazionale moderna è sempre stata contaminata dalla migrazione. Negli ultimi tre decenni l’immigrazione non è stata il fulcro della politica irlandese, cosa che differenziava il Paese dal vicino Stato inglese. Gli scontri con la polizia avvenuti a novembre hanno fatto emergere quanto sia cresciuta la percezione, da parte di molti irlandesi, che gli stranieri siano responsabili di un aumento della criminalità e di altri problemi sociali.
La popolazione irlandese sembra non avere gli strumenti politici, al momento, per affrontare un potenziale cambio di rotta che allarma tutta quella parte dell’opinione pubblica ostile a ogni manifestazione di stampo di ultradestra. Lo stesso Primo ministro Leo Varadkar ha dichiarato alla stampa nazionale che la migrazione deve essere vista come una “cosa buona” per l’Irlanda. Varadkar ha avvertito i suoi colleghi politici che, oggi “più che mai”, c’è bisogno che comprendano gli effetti delle loro parole quando discutono della questione migratoria.
Paesi Bassi: la vittoria di Wilders fa felici i sovranisti europei
Il clima di estrema destra olandese, invece, stupisce perché già ben rappresentato da colui che guida il partito vincitore delle ultime legislative. Nato nel 1963, cresciuto nella cattolica Venlo, non lontano dal confine con la Germania, Wilders intende ora convincere i suoi avversari a formare un governo di coalizione.
La sua storia politica parla di un interesse maturato dopo aver trascorso due anni in un kibbutz in Israele, entra poi ufficialmente in politica nel 1998, nel Partito popolare per la Libertà e la Democrazia dell’ex premier Mark Rutte, uno schieramento considerato troppo moderato per la sua radicalità di ideali su temi centrali quali l’immigrazione e l’Islam. Wilders ha già conquistato il sostegno politico dei sovranisti e dell’ultradestra di tutta Europa – come il ministro italiano Matteo Salvini e la leader della destra radicale francese Marine Le Pen.
Il rischio di un governo contro l’Islam e contro i migranti
“Sarei molto felice di diventare Primo ministro olandese, naturalmente”, ha detto Wilders ai membri del partito, subito dopo aver saputo l’esito delle votazioni a suo favore, aggiungendo, poi, di essere disposto a negoziare: “Siamo ansiosi di farlo, perché questa grande vittoria alle elezioni olandesi ci dà molte responsabilità e vogliamo davvero esserne all’altezza”. Non è mancato il commento che tutti si aspettavano da un leader dell’estrema destra come lui: “La prima cosa da fare è una significativa restrizione delle politiche di asilo e dell’immigrazione”, ha detto Wilders. “Non lo facciamo per noi stessi, ma per tutti gli olandesi che hanno votato per noi”.
Nonostante si sia mostrato, una volta raggiunta la vittoria, in una veste più moderata, restano impresse le parole pronunciate in passato su immigrazione e richieste di asilo, riassunte in una politica netta mirata al controllo delle frontiere olandesi, alla detenzione e deportazione degli immigrati clandestini e alla reintroduzione dei permessi di lavoro per i lavoratori all’interno dell’UE.
“I Paesi Bassi non sono un Paese islamico. Niente scuole, Corano e moschee” è stato uno dei principali punti elencati nel programma elettorale, presentato già in occasione delle elezioni del 2017. Wilders, infatti, ha più volte definito l’Islam come “ideologia totalitaria”.