Diritto alla città di Roma, tutti i temi

Sono trascorsi otto anni dall’approvazione dell’accordo internazionale per l’adozione della Risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del settembre 2015: Trasformare il nostro mondo – l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Si è proposto allora un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità quale grande sfida globale, nonché indispensabile, per l’affermazione dello sviluppo sostenibile. Nei 17 obiettivi si sancisce in modo inequivocabile il nesso tra condizioni di povertà e crisi ambientale del pianeta, tematizzando il rapporto attuale, sempre più stretto, tra i cambiamenti ambientali e le storture sociali, innovando il concetto stesso di sviluppo sostenibile. Allo stesso tempo la questione del “diritto alla città”, per richiamare il titolo di un famoso libro di Henri Lefebvre, domina l’epoca attuale in cui le megalopoli soffrono la difficoltà, per i progettisti e la classe politica, di governare la natura complessa e mobile della dimensione urbana contemporanea. I temi sollevati: la dispersione della città sul territorio, i meccanismi di esplosione della dimensione urbana verso un “fuori” e di implosione al suo interno. Riflettere sul diritto alla città oggi significa affrontare nodi cruciali come quelli del rapporto centro-periferia, della gentrificazione dei quartieri storici, delle diseguaglianze spaziali e sociali, dei conflitti, della mobilità difficile, dell’aumento del controllo sociale, del consumo di suolo e degli squilibri ambientali. Nel saggio Una città per tutti di Alessandra Criconia, docente alla facoltà di Architettura dell’Università de La Sapienza, vengono posti interrogativi cruciali sul destino dei grandi centri abitati: partecipazione democratica, cittadinanza attiva e nuove forme dell’abitare sono alcuni dei nuclei strategici intorno ai quali avanzare ipotesi per future politiche, per tendere a un’idea di città che sia inclusiva, per tutti e ciascuno. Solo dieci anni fa Milano era vista come una città produttiva, elegante ma grigia. Poi, con l’Expo 2015, assume l’immagine di una metropoli splendente e attrattiva. “Il passaggio però non è la conseguenza di una trasformazione oggettiva – scrive Lucia Tozzi, studiosa delle politiche urbane, nel suo L’invenzione di Milano. Culto della comunicazione e politiche urbane pubblicato da Cronopio nella collana Rasoi – ma all’opposto è la metamorfosi fisica a essere effetto di una campagna di marketing senza precedenti, il cui è successo è legato alle risorse materiali e intellettuali destinate alla produzione di cultura, ricerca e servizi di welfare. L’aspetto principale dell’intero processo è il ruolo giocato dalla finanza, impegnata in una doppia missione: concentrazione della ricchezza attraverso la privatizzazione della città pubblica, dei suoi spazi e delle sue istituzioni sociali e culturali; cattura o neutralizzazione delle forze che potrebbero produrre attrito nel sistema e lotta alle disuguaglianze”. In tutto questo Roma che ruolo sta giocando?

Diritto alla città di Roma – La capitale d’Italia e le soluzione per renderla (davvero) unica

Da sempre ammirata come città-modello, non per la sua chiarezza e semplicità ma perché stratificata e complessa, la Capitale è oggetto di dibattiti feroci e ciclici, a volte asfissianti altri cinici. Da una parte il passato imperiale, poi quello istituzionale assunto sul volgere del diciannovesimo secolo. C’è una questione che si ripete nella recente storia urbana: le strutture amministrative statali vengono costruite nel tessuto della città storica sostituendo il nuovo all’esistente senza reinterpretarlo. Si ricorre all’emergenza per realizzare fuori dalle regole, e in fretta, le trasformazioni necessarie a risolvere un problema tecnico. Questo alimenta un’evidente incapacità di imprimere una visione della città moderna. Il 3 febbraio 2023 ricorrevano 152 anni dalla Legge 33/1781, che sancì il ruolo di Roma Capitale d’Italia. In questo secolo e mezzo Roma si è profondamente trasformata, passando da circa 240.000, nel 1870, a quasi tre milioni di abitanti e da una superficie territoriale di circa 20 kmq a oltre 1200. Ma tale espansione è stata poco governata e la costruzione politica non è coincisa con la definizione di una geografia istituzionale capace di strutturarne anche la crescita. La Breccia di Porta Pia costringe lo Stato a risolvere in tempi rapidi il problema della collocazione dei ministeri lungo l’asse est-ovest della città – fra Vaticano, Quirinale, Nomentana – ma senza il respiro e la struttura di una capitale europea destinata a un rapido accrescimento. Scarso è l’interesse a decentrare le polarità su aree periferiche e questo desterà non poche polemiche nei decenni a venire, dando la sensazione di regalare il centro a nobiltà e clero, liberi di fare affari d’oro. Entusiasmo e trionfalismo muovono il motore del progresso urbano capitolino, alimentando soluzioni isolate e un sempre più forte sbilanciamento fra centro antico e periferia. La Roma fascista e quella repubblicana tentano di ricercare una struttura equilibrata: la discussione sull’alleggerimento delle aree centrali polarizza il dibattito dell’intero Novecento. Nel frattempo le criticità sovraccaricano il centro urbano, sul quale, oltre alle istituzioni statali, gravano parte dell’amministrazione pubblica, le aree archeologiche, il centro mondiale della cristianità, l’enorme flusso di turisti, lavoratori e impiegati. Ma veniamo all’attualità.

Diritto alla città di Roma, tutti i temi

Come scrivono Andrea Bruschi e Paola Veronica Dell’Aira nel loro libro Roma città delle istituzioni, pubblicato da QuodLibet nel 2021, “non si può più pensare la rigenerazione urbana solo attraverso la costruzione della città fisica: edifici, infrastrutture, reti. È giunto il momento di individuare altri strumenti e altre strategie attuative di altri obiettivi: una città più sana e salutare, meno inquinata, nella quale la qualità dello spazio urbano non derivi solo da quella degli edifici. Alla chiave architettonica va affiancata quella ambientale”. Sono temi affrontati, per esempio, dal progetto dell’Anello Verde, elaborato dall’Assessorato all’Urbanistica diretto da Luca Montuori tra il 2017 e il 2021. La prima e più intuibile risposta a sfide tanto articolate è la pedonalizzazione di aree prima destinate al traffico automobilistico. In vista del prossimo Giubileo, un primo, importantissimo passo è stato compiuto – ed è in corso – a Piazza Pia. I lavori sono partiti il 22 agosto, con l’introduzione di verde e di arredi urbani volti a eliminare il traffico con un nuovo sottovia che si ricongiungerà a quello già esistente, realizzato in occasione del Giubileo 2000. Si ricongiungono in questo modo le aree Castel Sant’Angelo e via della Conciliazione, storicamente in continuità tra loro, al fine di renderle in grado di accogliere il passaggio di milioni di pellegrini. “Con le opere previste per il Giubileo vogliamo cambiare il volto della città. –  dice il sindaco Roberto Gualtieri – Stiamo realizzando un lavoro di straordinaria importanza con cui libereremo un’area storica dal transito di 3mila auto l’ora, realizzando un meraviglioso spazio pedonale tra Castel Sant’Angelo e via della Conciliazione”. Negli investimenti previsti – riporta il sito del Comune – sono compresi 62 interventi totalmente finanziati dai fondi giubilari, 10 che integrano fondi preesistenti e 15 già finanziati, inseriti per accelerare le opere grazie alle procedure commissariali.

Diritto alla città di Roma – Tra Giubileo, Expo2030 e Olimpiadi 2024

Il programma è stato definito secondo le linee di indirizzo stabilite dalla Presidenza del Consiglio dei ministri in raccordo con la Santa Sede. Nell’ambito relativo alla riqualificazione dei luoghi giubilari sono ricompresi gli interventi di riqualificazione della piazza della basilica di San Giovanni, della stazione di San Pietro e piazzale, oltre agli interventi sui sagrati delle chiese di periferia e alla valorizzazione dei cammini dei pellegrini. Nell’ambito accessibilità e mobilità sono previsti 23 interventi sulla mobilità cittadina, potenziando le infrastrutture per la mobilità pubblica (18 interventi), la mobilità dolce (un intervento, il collegamento ciclabile Monte Ciocci-San Pietro) e la mobilità privata (4 interventi). Presenti anche 24 interventi rivolti all’ambiente, nello specifico alle vie d’acqua e i parchi, relativi alla creazione di parchi pubblici d’affaccio e oasi naturalistiche sul Tevere, interventi di riqualificazione e valorizzazione delle sponde del fiume e interventi sul verde di alcune ville storiche. Con un finanziamento di 15 milioni e 600mila euro – dice il sito della Regione Lazio – sono previsti: il ripristino della banchina destra tra ponte Milvio e ponte Flaminio; la realizzazione del manto di banchina pavimentata tra ponte Duca D’Aosta e ponte della Musica; il rifacimento della pavimentazione della banchina destra tra ponte Duca d’Aosta e ponte Risorgimento; la valorizzazione della banchina da ponte Fabricio a ponte Testaccio (lavori partiti un mese fa); il ripristino e la realizzazione di scivoli di alaggio di soccorso per la sicurezza della navigazione e della fruizione fluviale; il dragaggio della marrana di Prima Porta; l’ottimizzazione e la ristrutturazione degli impianti idrovori di Salaria, Flaminia, Corcolle, Pratolungo e Prima Porta; la manutenzione e rifunzionalizzazione del sistema di paratoie del tronco Magliana-Marconi e infine il consolidamento delle infrastrutture idrauliche a protezione dell’isola Tiberina. Scatta automatica la domanda: il prossimo Giubileo potrebbe scatenare su Roma gli stessi effetti ottenuti da Milano con l’Expo? Per ora di paragonabile c’è solo il bosco verticale romano (nome ufficiale Green Island), progettato dall’architetto Gennaro Farina, dalla forte impronta ecologica previsto presto all’Eur. A grandi linee sarebbe errato confrontare centri urbani tanto differenti in estensione e densità abitativa ma soprattutto due tipi di eventi dagli obiettivi strutturalmente complessi. C’è però la stessa voglia di cambiamento: dopo la candidatura alle Olimpiadi 2024, poi assegnate a Parigi, e il Giubileo in arrivo la Capitale si candida a ospitare l’Expo 2030. Un processo che potrebbe – o per meglio dire dovrebbe – delineare l’immagine della città futura, basata sul recupero di opere esistenti o cantieri abbandonati al fine di evitare un ulteriore sovraccarico di un tessuto cittadino già saturo. Quale eredità lasceranno, dunque, queste grandi occasioni di pianificazione e di investimento? Ai posteri l’ardua sentenza, con un’unica speranza: una gestione migliore del presente, in una città che ha già tutto ma che necessita di una gestione più illuminata.

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