Crisi Evergrande, Cina più debole

Evergrande è il secondo produttore e promotore immobiliare cinese dopo Country Garden. Per anni, questo gigante del mattone ha fatto viaggiare l’economia del Dragone a una velocità incredibile fino ad arrivare ad accumulare centinaia di miliardi di dollari in debiti e a trovarsi, nell’agosto del 2023, sull’orlo del fallimento. Negli ultimi 25 anni, corrispondenti alla fase di enorme crescita cinese anche dal punto di vista urbanistico, Evergrande ha saputo rispondere alla sempre crescente domanda di costruzione e urbanizzazione di massa consentendo così, a milioni di cinesi, di trasferirsi dalle campagne alle città, contribuendo alla spaventosa crescita del PIL del Paese. Nel 2009 arrivò a raccogliere più di 720 milioni di dollari con la quotazione sul listino di Hong Kong, arrivando a possedere nel 2023 più di 560 milioni di metri quadri di terreni dove costruire in 22 città. Il gigante cinese, con sede a Shenzhen nel Guangdong, il 17 agosto ha chiesto una procedura di “bancarotta protetta”, ossia una pratica volta a ristrutturare il debito accumulato. La richiesta è stata inviata tramite un’istanza presentata in un tribunale di Manhattan, New York City, per ottenere la protezione dai creditori. La “bancarotta protetta” (nota come “Chapter 15”), secondo la legge fallimentare e il codice della crisi delle aziende degli Stati Uniti, è una strategia efficace per far sì che i beni che Evergrande possiede negli Stati Uniti siano “intoccabili”, mentre l’azienda lavora alla ristrutturazione dei suoi debiti. “L’istanza è una normale procedura di ristrutturazione del debito offshore e non comporta istanza di fallimento”: così si legge in una comunicazione inviata da Evergrande alla Borsa di Hong Kong, dove i titoli erano sospesi dalle contrattazioni da marzo 2022Il colosso dell’immobiliare, già da mesi, stava lavorando a Hong Kong a un progetto di ristrutturazione del debito accumulato e in particolare alla possibilità di convertirlo in nuove obbligazioni e a una partecipazione in due controllate che comprendano anche il campo delle auto elettriche, nel quale Evergrande ha investito per ampliare i suoi asset strategici. Secondo gli esperti, le origini della crisi risalgono ad anni fa e la situazione attuale è il risultato di un processo iniziato almeno nel 2020, quando, a causa della Pandemia, in Cina si sono acuiti una serie di problemi legati alla disoccupazione, alla deflazione, al crollo dei consumi e dell’export e all’insoddisfazione dell’opinione pubblica. Una crisi ad ampio spettro che si è riflessa gradualmente anche sul settore immobiliare, che vale circa il 30% del PIL cinese e che per la prima volta da circa dieci anni è sotto il 5%. Dal 2021 ad oggi le aziende che rappresentano il 40% delle vendite di case in Cina sono andate in default. Basti pensare che cinque anni fa, quando il PIL cinese cresceva di oltre il 6,5%, Evergrande si trovava in una fase di crescita tale che divenne la società di sviluppo immobiliare più importante della Cina. È proprio a partire dal 2018, però, che il colosso ha iniziato ad accumulare debiti, fino ai 340 miliardi di dollari (per un quarto sul mercato estero) che oggi l’hanno portata sull’orlo della bancarotta. Tale crisi ha inevitabilmente avuto un’eco a livello mondiale e per giorni si è ipotizzato che Pechino intervenisse per salvare l’industria immobiliare nazionale. Il Presidente Xi Jinping non si è pronunciato, mentre le autorità locali hanno fatto sapere che era tutto sotto controllo. La Banca centrale cinese, tuttavia, ha deciso di fare ricorso a una serie di misure per sostenere la moneta nazionale (yuan) che, anche prima della crisi dell’edilizia e in generale dall’inizio del 2023, si è svalutata di oltre il 5% rispetto al dollaro. L’autorità di Borsa locale, inoltre, ha annunciato di aver studiato un pacchetto di misure finalizzate a rendere più attraenti gli investimenti sulle società della Cina

Crisi Evergrande, Cina più debole

Crisi Evergrande, economia cinese più debole – Le reazioni dell’Occidente e il rischio Lehman Brothers 

La crisi del settore edile ha scatenato una serie di timori a livello internazionale per un possibile effetto domino. Le conseguenze sulle borse sono state immediate, a partire proprio da quella di Hong Kong, crollata del 2,07%, e di quella di Shenzhen, giù del 1,75%, con perdite registrate anche a Shanghai (1%), Seul (0,61%) e Tokyo (0,43%). I listini sono crollati sia negli Stati Uniti sia in Europa, Milano compresaLa Banca d’Inghilterra ha subito mostrato una certa preoccupazione, affermando che la situazione del mercato immobiliare cinese “potrebbe avere un impatto sulla stabilità finanziaria del Regno Unito attraverso il commercio o le ricadute finanziarie”. Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha definito la Cina “una bomba a orologeria” e molti esperti, nonché il Wall Street Journal, hanno paventato il rischio di un “momento Lehman Brothers” per la Cina, riferendosi all’esperienza della banca d’affari statunitense che nel 2008, fallendo, scatenò una delle più grandi crisi a livello globale dell’ultimo secolo. “Ho ricalibrato le mie posizioni ottimistiche sulla Cina”, ha affermato Steven Rattner, ex dell’amministrazione Obama e oggi numero uno di Willett Advisors, sottolineando che uno dei problemi del Dragone consiste nel fatto che il Presidente Xi Jinping non è un esperto di economia e, dunque, le sue strategie per risolvere eventuali problemi economici e finanziari rischiano di avere effetti negativi. In attesa di capire se il tentativo di recupero andrà efficacemente in porto, c’è anche l’altro grande colosso del settore immobiliare che preoccupa notevolmente PechinoLa Country Garden, la più grande società immobiliare cinese, sommersa anch’essa da centinaia di miliardi di dollari debiti, lo scorso 6 agosto non è stata in grado di pagare cedole per 22,5 milioni di dollari e proprio in queste settimane è arrivata a perdere sulla borsa di Hong Kong quasi il 17,5% del suo valore. La questione cinese è stata inevitabilmente affrontata dai banchieri centrali che, dal 24 al 26 agosto, si sono riuniti a Jackson Hole (Usa), come ogni anno, per fare il punto sulla politica monetaria internazionale. Tra i temi trattati anche la crisi di Evergrande e le evidenti e accese preoccupazioni, non solo degli investitori, ma anche delle banche centrali e della Fed per un effetto contagio. La crescita cinese, per quest’anno, è già stata rivista al ribasso dalle maggiori banche: Barclays stima un +4,5% rispetto al precedente 4,9%, Nomura prevede un +4,6% mentre Morgan Stanley e JPMorgan stimano rispettivamente un +4,7% e un +4,8%. Mizuho è la più ottimista con un +5,0%. Secondo alcuni analisti, un rallentamento contenuto della crescita dell’economia cinese avrà un impatto limitato sugli Stati Uniti e sui calcoli della Fed. Nel caso in cui, invece, Pechino sperimentasse una spirale al ribasso si creerebbero di conseguenza una serie di condizioni finanziarie più stringenti che potrebbero indurre la Fed a intervenire e a tagliare i tassi prima del previsto. Lo scenario è in continua evoluzione. Dopo settimane particolarmente cariche di tensione, a partire dalle 9 di lunedì 28 agosto, Evergrande ha ripreso la negoziazione delle sue azioni a Hong Kong, dove mancava da marzo 2022. In una comunicazione alla Hong Kong Stock Exchange si legge che la società ha “soddisfatto in modo adeguato” le condizioni per la ripresa degli scambi, ma la ripresa delle contrattazioni a Hong Kong, dopo la sospensione di 17 mesi, è stata decisamente disastrosa: un crollo nelle prime battute del -87,88%Evergrande ha deciso, inoltre, di rinviare gli appuntamenti con i creditori in cui si sarebbe dovuta trovare una soluzione per la ristrutturazione del suo debito offshore, spiegando che la posticipazione ha lo scopo di dare ulteriore tempo agli interlocutori per “considerare, comprendere e valutare il piano”. Il piano proposto da Evergrande offre ai creditori la possibilità di scambiare il proprio debito con nuovi titoli emessi dalla società o con azioni di due controllate: Evergrande Property Services Group ed Evergrande New Energy Vehicle Group. L’appuntamento con i creditori è rimandato al 25 e 26 settembre. Se il colosso cinese riesca o meno a ristrutturare del tutto il suo debito è ancora da vedere. Sicuramente l’impresa è ardua, considerando che negli ultimi due anni Evergrande è diventata la società di sviluppo immobiliare più indebitata al mondo. Il tracollo di uno dei gruppi più solidi e fruttiferi della Nazione è senza dubbio l’ennesimo segnale di un importante indebolimento dell’economia cinese.  

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