Il terrorismo climatico è un autogol

Raramente un meteorologo esce dal personaggio stravolgendo il suo registro lessicale, specie se in diretta televisiva. Solitamente quelli del mestiere, Mario Giuliacci escluso (meme ante litteram col suo “buonasera” reso immortale da Striscia La Notizia anni fa), indicano uno schermo con la bacchetta e segnalano eventuali siccità o temporali in arrivo. Si limitano ai doveri del ruolo, col petto in fuori e la voce sicura: algidi e imperturbabili. Fortunatamente, qualcuno se ne frega e va oltre perché, diciamocelo, pure i meteorologi hanno un’anima e soprattutto un’opinione. Non parlo dell’eroe delle due lauree, il Colonnello Petrucci (recuperare il video), ma di Paolo Sottocorona, volto La7 definito anni fa da Filippo Facci un “prolisso rompicoglioni” e tornato alla ribalta delle cronache per aver definito pochi giorni fa “sciocchezze” le notizie che parlavano di “caldo infernale” in tutt’Italia. Etichettato come negazionista un po’ ovunque, ha poi ribadito la sua in un’intervista al Corriere della Sera: “È evidente che fa caldo. Ma se da settimane si dice che la temperatura raggiungerà i 47 gradi, senza dire dove e quando, allora è allarmismo. Non è vero che sarà così in tutta Italia, dove non ci sono mai stati 40 gradi in tutte le città e nemmeno 38. Certo, ci sono dei picchi in determinate località, ma dare un’informazione di questo tipo non solo è scorretto ma anche potenzialmente pericoloso. A danno delle fasce della popolazione più indifese e vulnerabili che vengono prese dalla paura e dall’angoscia”. Una riflessione sul mondo dei media, quindi, e non sul riscaldamento climatico. Quello stesso mondo che da molto tempo, nei giorni più caldi dell’anno – prevedibilmente tra luglio e agosto – rispolvera una serie di terminologie e toni capaci di creare un certo disagio ai telespettatori. Perfino sensi di colpa. Ma veniamo ai dati: l’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO) e il Copernicus Climate Change Service, il programma per l’osservazione della Terra dell’Unione Europea, hanno diffuso lo scorso mese un nuovo rapporto sulla situazione climatica dell’Europa, State of the Climate in Europe 2022, che mostra com’è cambiata la temperatura annuale media dal 1900 al 2022: dagli anni Ottanta l’Europa è diventata più calda di circa 0,5 °C ogni dieci anni, un aumento della temperatura media due volte più alto di quello mondiale.

Il terrorismo climatico è un autogol

Complessivamente, tra il 1997 e il 2022, lo spessore dei ghiacciai alpini si è ridotto in media di 34 metri. L’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO) ha diffuso una nuova stima su quando la temperatura media globale annuale sarà di più di 1,5 °C superiore all’epoca preindustriale, cioè a prima che le emissioni di gas serra come anidride carbonica (CO2) e metano dovute alle attività umane causassero il riscaldamento del pianeta e i cambiamenti climatici: ci sono due possibilità su tre che accada entro il 2027. Il limite di 1,5 °C era stato fissato come obiettivo più ottimista dall’Accordo sul clima di Parigi del 2015. È un limite dal forte valore simbolico: durante la COP21, la conferenza sul clima delle Nazioni Unite durante il quale l’Accordo venne ultimato, fu scelto sotto le pressioni dei Paesi più colpiti dalle conseguenze negative della crisi climatica. Insomma, il problema c’è ed è pure grave. Esiste chi crede a tutt’altre teorie, vedi una certa parte dell’opinione pubblica legata al mondo no-vax e pro-Putin ma anche esperti del settore. In un documento pubblicato lo scorso anno (tra le altre professioni anche da alcuni climatologi) e intitolato There is no emergency, si legge che l’aumento delle temperature registrato negli ultimi anni sulla Terra sarebbe del tutto normale, che gli studi sul riscaldamento globale sarebbero inaffidabili, che la CO2 non avrebbe alcun ruolo inquinante e che i disastri naturali non sarebbero collegabili ai cambiamenti climatici. Fazioni, appunto. Alcune credibili e altre meno, specie se come incipit della fonte riportano frasi come: “Questa notizia non la troverete nel mainstream perché essa è proibita dai padroni del medesimo”. Ma come ogni questione globale le fratture interne sono all’ordine del giorno, tanto vale approfondire entrambe le opinioni in ballo cercando in autonomia di comprendere dove c’è maggior ragione e logica. Il punto sottolineato da Sottocorona prende le distanze da questa divisione da stadio e critica fortemente i colleghi della stampa italiana. Responsabilità sì, colpevolezza no. Informazione sì, drammatizzazione no.

Il terrorismo climatico è un autogol – Il ruolo dei media

Perché i media calcano la mano? Per i click o per stuzzicare quel senso di colpa apparentemente in grado di portare a una riflessione? Ebbene, stando ingenuamente al secondo caso, sappiate che in termini di accortezza il cittadino può fare poco. A cambiare le carte in tavola sono i governi e le grandi aziende e pure qui, dati alla mano, l’Italia non sfigura: tra il 2008 e il 2021 è stata registrata una riduzione del 28,7% di emissioni di gas serra. Secondo i dati dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) tra il 1990 e il 2019 la riduzione di CO2 è stata del 19%, passando da 519 milioni di tonnellate a 418. Siamo anche campioni di riciclo della carta e del cartone, con una soglia che viaggia tra l’81 e l’85% in grado di raggiungere i target fissati dall’Unione Europea. Il problema, come spesso accade, sta nel carattere drastico del messaggio. C’è una piaga globale? Sì, ma vivere tutto come un countdown verso la morte risulta controproducente. C’è una questione politica aperta? Sì, ma spesso male affrontata (vedi la fretta sulle autovetture elettriche, ancora lontane dal sostituire quelle a gasolio). Infine, c’è una questione mediatica che più di tutte crea disagi e fraintendimenti. Il Times ha definito Roma, a inizio luglio, “Città infernale”.

Il terrorismo climatico è un autogol

La stessa metropoli dove un mese prima è piovuto un giorno sì e l’altro pure e dove si sono registrate temperature più basse del solito. Altro errore, già sottolineato da Sottocorona: le temperature di un comune sono quasi sempre diverse da quelle di un altro. Parlare di clima nazionale è spesso fuorviante. Inoltre, valutare le conseguenze del riscaldamento globale in base ai gradi percepiti dai cittadini di questo o quell’altro centro abitato – spesso alterati dall’umidità – è equivocabile. A proposito di umidità, ancora Sottocorona, cinque anni fa a La7: “La temperatura percepita non esiste. Chi ha inventato questo algoritmo credeva di avere a che fare con persone di buon senso ma in Italia non è così. C’è un disagio maggiore o minore se l’umidità è più elevata. Se l’aria è secca il sudore evapora e il corpo si raffredda”. Aprire un tavolo su questi punti potrebbe sensibilizzare davvero i più scettici senza sventolare bandiere o professare credi personali, utili solo a creare ulteriori distanze. Come ogni scienza anche il clima, per essere davvero compreso, chiede il suo tempo e impegno. Bene che i climatologi scendano in campo, con la fervida speranza di non vederli un domani in Parlamento come successo per i virologi.

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